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27 Luglio 2023


La Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione tra il Senato e la Procura di Firenze nel 'caso Renzi': i messaggi mail e whatsapp rientrano nella nozione di "corrispondenza" ex art. 68 Cost.

Corte cost., sent. 27 luglio 2023, n. 170, Pres. Sciarra, red. Modugno



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Segnaliamo ai lettori che, con la sentenza depositata in data odierna, la Corte si è pronunciata sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dal Senato nei confronti della Procura di Firenze, in relazione agli atti di indagine compiuti in un procedimento penale pendente nei confronti, tra gli altri, del sen. Matteo Renzi, affermando in particolare la necessità che l'acquisizione, anche presso terzi, di messaggi di conversazioni mail e whatsapp di cui è parte un parlamentare sia preceduta dall’autorizzazione della Camera di appartenenza, dovendo tali messaggi essere ricondotti alla nozione di “corrispondenza” per cui si impone il rispetto dell’art. 68, terzo comma, Cost.

 

Riportiamo di seguito il comunicato stampa ufficiale che ha accompagnato la pubblicazione della decisione.

«La Corte costituzionale ha accolto il conflitto di attribuzione proposto dal Senato nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, nella parte in cui era diretto a contestare la legittimità dell’acquisizione di corrispondenza del sen. Renzi in violazione dell'art. 68, terzo comma, Cost.

Con sentenza n.170 del 2023 (red. Franco Modugno), la Corte ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico dello stesso parlamentare e di terzi.

Tali messaggi sono stati ritenuti riconducibili alla nozione di «corrispondenza», costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce, come invece sostenuto dalla Procura, con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori.

Gli organi investigativi - ha precisato la Corte - sono abilitati a disporre il sequestro di "contenitori" di dati informatici appartenenti a terzi, quali smartphone, computer o tablet: ma quando riscontrino la presenza in essi di messaggi intercorsi con un parlamentare, debbono sospendere l'estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo e chiedere l'autorizzazione della Camera di appartenenza per poterli coinvolgere nel sequestro. Ciò a prescindere da ogni valutazione circa il carattere “occasionale” o “mirato” dell'acquisizione dei messaggi stessi.

La Corte non ha invece accolto il ricorso nella parte in cui veniva contestata l’acquisizione da parte della Procura, senza autorizzazione, dell'estratto del conto corrente personale del Senatore Renzi, in quanto non era stato spedito dalla banca al parlamentare, ma allegato a segnalazioni di operazioni bancarie provenienti da uffici della Banca d’Italia».

(F.L.)