Cass., Sez. VI, sent. 6 novembre 2024 (dep. 13 gennaio 2025), n. 1276, Pres. De Amicis, est. D’Arcangelo
Diamo notizia ai lettori di una rilevante sentenza della Sesta Sezione penale della Cassazione, la quale ha chiarito il rimedio attivabile avverso il provvedimento di archiviazione contenente apprezzamenti sulla colpevolezza dell’indagato.
La decisione si distingue per aver colto l’invito della pronuncia della Corte costituzionale n. 41 del 2024, che aveva rimesso alla giurisprudenza di legittimità «l’individuazione del rimedio appropriato in queste ipotesi». Il riferimento andava al rapporto tra l’indirizzo pretorio, che aveva ravvisato un caso di abnormità del decreto di archiviazione contenente una «ampia dimostrazione della ritenuta configurabilità del reato» a carico dell’indagato (Cass., Sez. I, 23 febbraio 1999, n. 1560), e il nuovo art. 115-bis c.p.p., inserito nel codice di rito per attuare gli artt. 4 e 10 della direttiva 2016/343/UE.
Ebbene, nel dichiarare non fondato il motivo di ricorso proposto avverso il decreto di archiviazione per sua asserita abnormità, la Suprema Corte ha stabilito che, a seguito dell’introduzione dell’art. 115-bis c.p.p., la persona sottoposta alle indagini «non può più denunciare in cassazione l’abnormità del decreto di archiviazione che lo indichi come colpevole di un reato, pur in assenza di un accertamento giudiziale dello stesso». La forma di tutela attualmente predisposta dal sistema a salvaguardia della presunzione di innocenza è quella contemplata dall’art. 115-bis c.p.p. L’abnormità dell’atto rappresenta invero un rimedio residuale, «non azionabile ove siano previsti dal legislatore rimedi tipici».
In allegato può leggersi il testo della sentenza.
(Elisa Grisonich)