Cass., Sez. un., sent. 19 dicembre 2019 (dep. 16 aprile 2020), n. 12348, Pres. Carcano, Est. Andronio, ric. Caruso
Segnaliamo ai lettori il deposito della sentenza delle Sezioni unite che risolve un contrasto di giurisprudenza sul campo di applicazione del reato di coltivazione di piante stupefacenti alla luce del principio di offensività.
La decisione era stata anticipata con informazione provvisoria diffusa all'esito della pubblica udienza del 19 dicembre 2019, di cui avevamo dato conto su questa Rivista, pubblicando anche l'ordinanza di rimessione.
Rinviando all'allegato per la lettura delle motivazioni, si riporta di seguito il principio di diritto formulato dalle Sezioni unite:
«Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, essendo sufficienti la conformità della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili all'ambito di applicazione della norma penale, le attività di coltivazione di minime dimensioni svolte in forma domestica che, per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell'ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all'uso personale del coltivatore».
Ospiteremo prossimamente contributi di sintesi e commento.
(Francesco Lazzeri)