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09 Giugno 2022


L’individuazione del datore di lavoro ai sensi del d.lgs. 81/2008: uno scostamento dalle Sezioni Unite

Cass., Sez. III, sent. 15 febbraio 2022 (dep. 17 marzo 2022), n. 9028, Pres. Marini, Rel. Socci



1. La recente pronuncia emessa dalla Corte di Cassazione (Cass. Pen., sez. III, sent. 15 febbraio 2022, dep. 17 marzo 2022, n. 9028) annulla con rinvio la sentenza di assoluzione pronunciata dal Giudice del merito (G.I.P. Savona, sent. 3 giugno 2021). Nell’ambito del procedimento, il G.I.P. era stato ‘sollecitato’ dalla Procura della Repubblica alla emissione di decreto penale di condanna nei confronti del soggetto che – nella prospettiva del Requirente – avrebbe dovuto essere identificato quale datore di lavoro (ai sensi dell’art. 2, lett. b, d. lgs 81/2008: ‘datore di lavoro’), in relazione agli illeciti contravvenzionali previsti dagli artt. 29, co. 1, e 55, co. 1, lett. a), nonché artt. 17, co. 1, e 55, co. 1, lett. b), d. lgs 81/2008, e si era determinato per l’emissione di sentenza ex art. 129 c.p.p. sul presupposto che il soggetto imputato non fosse, in realtà, portatore dell’invocata posizione di garanzia in ambito prevenzionistico (e, dunque, non risultasse destinatario degli obblighi presidiati dalle contestate fattispecie contravvenzionali).

Con la decisione segnalata, la Suprema Corte ha escluso che potesse essere qualificato quale datore di lavoro il soggetto identificato dal G.I.P. come tale, rilevando che il medesimo aveva “dichiarato (…) [di essere] titolare del rapporto di lavoro «in senso prevenzionale/sicuristico», ma «non anche in senso giuslavoristico»”. Nella lettura proposta dalla Suprema Corte, la definizione di Legge imporrebbe invero di qualificare come datore di lavoro il soggetto che esercita i poteri decisionali e di spesa “con riferimento a tutta l’operatività aziendale” e – ancora – “l’unicità del concetto di datore di lavoro” porterebbe ad “escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi”.

 

2. La Sentenza – pronunciata dalla III Sezione penale, cui non sono tipicamente affidati ricorsi in materia di responsabilità colposa – è senza dubbio meritevole di attenzione in quanto sembra porsi in controtendenza rispetto all’orientamento giurisprudenziale che valorizza la titolarità dei poteri funzionali all’effettiva gestione del rischio in materia prevenzionistica quale elemento essenziale ai fini della individuazione, all’interno dell’organizzazione aziendale, dei soggetti garanti ex d. lgs 81/2008. Si è al riguardo sottolineato che “la sussistenza della posizione di garante coincide, in linea generale, con quella di soggetto gestore del rischio” e va pertanto accertata “sulla scorta dell’effettivo e concreto governo del rischio e delle finalità protettive che lo sorreggono” (Cass. Pen., Sez. IV, 29.1.2021, n. 5802) e, ancora, che “ogni posizione di garanzia è costituita in relazione alle necessità di governo del rischio” giacché “la logica stessa della normativa prevenzionistica […] attribuisce obblighi securitari a colui che è titolare di poteri organizzativi e decisionali che trovano nei luoghi di lavoro l’ambito spaziale e funzionale di estrinsecazione” (Cass. Pen., Sez. IV, 9.9.2015, n. 40721).

È peraltro utile segnalare che l’orientamento dianzi richiamato: (i) fa tesoro del noto insegnamento delle Sezioni Unite nel fondamentale arresto ThyssenKrupp, secondo cuiruoli, competenze e poteri segnano le diverse sfere di responsabilità gestionale ed al contempo definiscono la concreta conformazione, la latitudine delle posizioni di garanzia, la sfera di rischio che deve essere governata”, sicché, “nell’ambito di organizzazioni complesse, d’impronta societaria, la veste datoriale non può essere attribuita solo sulla base di un criterio formale, magari indiscriminatamente estensivo, ma richiede di considerare l’organizzazione dell’istituzione, l’individuazione delle figure che gestiscono i poteri che danno corpo a tale figura” (Cass. Pen., SS.UU., 18.9.2014, n. 38343); (ii) esprime principi coerenti con la “funzione dell’imputazione per omissione, connessa all’esigenza di natura solidaristica di tutela di beni giuridici attraverso l’individuazione di un soggetto gravato del ruolo di garante della loro protezione”: individuazione che deve pertanto avvenire, “più che sulla base di criteri formali, alla stregua della posizione di fatto assunta, del ruolo svolto” (Cass. Pen., Sez. IV, 23.10.2015, n. 2536); (iii) in ossequio al canone costituzionale di personalità della responsabilità penale, consente di evitare l’attribuzione di responsabilità in capo a soggetti che, ove pure occupando posizioni apicali, risultino in concreto privi, per effetto dell’organizzazione aziendale, dei poteri funzionali (e necessari) al presidio del rischio prevenzionistico.

Come è stato efficacemente osservato, la ‘rinnovata’ fisionomia del concetto di posizione di garanzia – che si estende anche oltre il ‘tradizionale’ territorio dell’imputazione oggettiva nel reato omissivo improprio – nasce intorno all’idea che la “sfera di rischio da un lato limita la responsabilità, dall’altro la fonda nei confronti dell’agente che un contesto rischioso è chiamato a governare”: nella prospettiva di individuare i soggetti garanti, è dunque necessario fare riferimento alle “diverse sfere di competenza”, anche al fine di “separare le sfere di responsabilità in modo che il diritto penale possa realizzare la sua vocazione ad esprimere un ben ponderato giudizio sulla paternità dell’evento illecito[1].

 

3. Con specifico riguardo all’impresa organizzata in forma societaria, se è vero che, in prima approssimazione, il datore di lavoro tende ad essere identificato con l’organo di vertice, è altrettanto vero che – soprattutto laddove l’indagine investa imprese di grandi dimensioni – l’individuazione del garante dovrà tenere in considerazione l’effettiva dimensione organizzativa dell’ente e la concreta allocazione dei poteri gestori funzionali al presidio del rischio prevenzionistico. È in effetti evidente che, “all’integrità dei beni a lui affidati l’imprenditore può provvedere anche per mezzo dell’organizzazione aziendale; anzi lo deve, nelle imprese appena complesse, non strettamente artigianali, ogni volta che l’adempimento personale risulti impossibile o inadeguato. L’onnipresenza che si esige dalla garanzia, dato il rango degli interessi in gioco, postula una risposta articolata, che valorizzi un complesso di risorse umane”, atteso peraltro che un eventuale “monopolio della garanzia sarebbe non solo incompatibile con la personalità della responsabilità penale, ma anche operativamente impari alla necessità di tutela”[2].

D’altra parte, in materia prevenzionistica una “risposta articolata” in termini di architettura aziendale è (una volta di più) imposta in forza della inclusione delle pertinenti fattispecie di reato nel ‘catalogo 231’ e dal connesso dovere di auto-organizzazione dell’ente. Al riguardo, l’art. 30, co. 3, d. lgs 81/2008, prescrive in effetti, tra le altre cose, che il MOG debbaprevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio”.

Del tutto coerentemente, la giurisprudenza della Suprema Corte segnala che la posizione di datore di lavoro ex art. 2, lett. b, d. lgs 81/2008 non può essere ravvisata in capo all’organo di vertice aziendale “nel caso di esistenza di una delega[3] esplicita o implicita della posizione di garanzia […] a una figura prevenzionale specificamente preposta a garantire gli obblighi attinenti alla sicurezza” (Cass. Pen., sez. IV, 13/11/2013, n. 49402). Ai fini dell’individuazione del garante, è dunque sempre necessario condurre un “puntuale accertamento, in concreto, dell’effettiva situazione della gerarchia delle responsabilità all’interno dell’apparato strutturale, così da verificare la eventuale predisposizione di un adeguato organigramma dirigenziale ed esecutivo il cui corretto funzionamento esonera l’organo di vertice da responsabilità di livello intermedio e finale” (Cass. Pen., sez. IV, 10/12/2008, n. 4123; Cass. Pen., sez. IV, 24/4/2014, n. 13858): responsabilità che al contrario residua laddove l’organo di vertice si riveli inadempiente al proprio obbligo “di buona organizzazione dell’impresa”[4], ovvero al proprio “dovere di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega” (Cass. Pen., sez. IV, 10/06/2010, n. 38991).

 

4. In sintesi, è dunque l’effettiva ripartizione dei poteri all’interno dell’impresa a conformare – per così dire: a titolo originario – la posizione del garante-datore di lavoro, potendo l’imprenditore “delegare (in senso lato) altri (normalmente: dirigenti) facendo sì, in buona sostanza, che vengano a trovarsi in una situazione in cui normativamente spetta ai medesimi la qualifica datoriale”[5]. La conclusione, del resto:

  1. è l’unica compatibile con il tenore letterale dell’art. 2, lett. b, d. lgs 81/2008[6], che – come noto – identifica il datore di lavoro, dell’intera organizzazione, così come dell’unità produttiva, in chiave (non già formale, bensì) funzionale, sulla base del concreto esercizio dei “poteri decisionali e di spesa”. Al riguardo, non casualmente, è stato sottolineato che “con l’avverbio «comunque» il legislatore ha inteso dare netta prevalenza al criterio sostanziale”, sicché “il dato normativo consente di distinguere un datore di lavoro in senso giuslavoristico da uno o più datori di lavoro (sussistendo distinte unità produttive) in senso prevenzionale”, sul presupposto che al soggetto identificato dall’imprenditore quale primo garante siano “attribuiti poteri e disponibilità finanziarie adeguate ad effettuare gli adempimenti prescritti dalla legge” (Cass. Pen., sez. IV, 23/11/2010, n. 4106). In questa prospettiva, “il ruolo del datore di lavoro quale garante primario della sicurezza viene definitivamente sganciato dalla figura civilistica del «titolare del rapporto di lavoro»”[7];
  2. è coerente con la codificazione espressa del principio di effettività (art. 299, d. lgs. 81/2008), alla luce del quale le rilevanti posizioni di garanzia a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro incombono sul soggetto che “eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.

 

5. Alla luce delle richiamate coordinate interpretative, pare in effetti singolare pretendere che il datore di lavoro debba (necessariamente) esercitare i poteri decisionali e di spesa “con riferimento a tutta l’operatività aziendale”. In effetti, i poteri decisionali e di spesa il cui concreto esercizio fonda la posizione di garanzia non possono che essere quelli funzionali all’adempimento delle incombenze che la Legge identifica come qualificanti il ruolo del garante: il riferimento immediato è alle previsioni del d. lgs 81/2008, che – come noto – declinano in dettaglio gli obblighi che gravano sul datore di lavoro, indicando all’art. 17 i soli obblighi non delegabili (valutazione dei rischi ed elaborazione del documento di valutazione dei rischi e designazione del R.S.P.P.) e, all’art. 18, gli obblighi validamente delegabili ex art. 16.

Né, d’altra parte, risulta compatibile con il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità la notazione secondo cui “l’unicità del concetto di datore di lavoro” porterebbe ad “escludere che la relativa figura possa essere sotto-articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi”. E’ in effetti consolidato l’orientamento giurisprudenziale che, in coerenza con il disposto dell’art. 2, lett. b, d. lgs 81/2008, accredita il modello c.d. ‘multidatoriale’, nella consapevolezza della frammentazione dei centri decisionali che caratterizza la moderna organizzazione dell’attività d’impresa. È dunque pacificamente riconosciuta la possibile (co)esistenza di più datori di lavoro “allorché l’azienda sia stata preventivamente suddivisa in distinti settori, rami o servizi ed a ciascuno di questi siano stati in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, nonché dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la completa gestione degli affari inerenti a determinati servizi” (Cass. Pen., sez. IV, 28/9/2996, n. 2592). In virtù di tale ‘investitura’, tali soggetti diventano invero de jure destinatari “dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di funzioni”, e pertanto, in ragione della titolarità dei poteri decisionali e di spesa, assumono a titolo originario la posizione di garanzia datoriale “a tutela della incolumità e della salute dei lavoratori dipendenti” (Cass. Pen., sez. IV, 7/2/2012, n. 41981).  

 

6. È infine opportuno segnalare che, a sostegno della proposta interpretazione della nozione di datore di lavoro, la sentenza segnalata evoca in particolare due precedenti arresti della IV Sezione della Suprema Corte: che tuttavia non sembrano autorizzare alcuna reale deroga ai consolidati principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della individuazione dei soggetti portatori di posizioni di garanzia in materia prevenzionistica nell’ambito di organizzazioni complesse.

La sentenza 7 gennaio 2016, dep. 2 maggio 2016, n. 18200, stabilisce invero che “alla ricerca della posizione datoriale va identificato chi sia munito dei poteri qualificanti […] dovendosi guardare alla relazione tra poteri e plesso organizzativo, nel senso che va ricercato chi sia munito dei poteri di «governo» del plesso in questione”, e per tal via conferma la decisione del Giudice del merito, che aveva in concreto individuato il datore di lavoro nel direttore generale, al quale erano stati “riservati ampi poteri decisionali e di spesa in materia antinfortunistica, anche rispetto alla raffineria di (OMISSIS), e che anzi egli si fosse anche concretamente ingerito nell'organizzazione del sistema della sicurezza sul lavoro di tutta la società ivi compresa la sede di (OMISSIS)”.

La sentenza 8 gennaio 2021, dep. 6 settembre 2021, n. 32899, sottolinea anzitutto che l’individuazione della qualifica datoriale passa necessariamente per la verifica circa la concreta allocazione dei poteri funzionali alla gestione del rischio. In tale prospettiva, la Suprema Corte rileva che il datore di lavoro è il “destinatario di tutte le prescrizioni che si indirizzano alla figura datoriale; ma entro la e in funzione della gestione della sicurezza nell’ambito dell’unità organizzativa affidatagli”. E sotto altro (e contiguo profilo) la Suprema Corte, nel censurare la sentenza di merito laddove ometteva di verificare se gli eventi lesivi costituissero in effetti la concretizzazione del c.d. “rischio lavorativo”, non manca di ricordare che la Legge assegna al datore di lavoro “poteri dispositivi” non già indiscriminati (aventi cioè ad oggetto – come pretende la sentenza segnalata – “tutta l’operatività aziendale”), bensì funzionali all’autonoma gestione “del sistema di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali”. La pronuncia infine, nel delineare le sfere di responsabilità dei soggetti garanti, conferma che, all’interno di imprese complesse dotate di autonome unità organizzative, “si determina la contestuale presenza di un datore di lavoro al vertice dell’intera organizzazione che pertanto potrebbe dirsi «apicale» – e di uno o più datori di lavoro che potrebbero definirsi «sottordinati», a condizione che la relazione gerarchica tra le figure coinvolte non sia tale da intaccare “i poteri di decisione di spesa richiesti dalla autonoma gestione dell’unità produttiva”[8].

 

 

 

[1] Blaiotta, Garanzia e colpa nei gruppi societari, in Sistema Penale, 27 aprile 2022. Sul tema, diffusamente, Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, Torino, 2020, passim.

[2] Pedrazzi, Profili problematici del diritto penale d’impresa in RTDPE, 1988, 137.

[3] Il termine delega è, nel caso di specie, utilizzato in senso lato: non implica invero un riferimento all’istituto dell’art. 16, d. lgs 81/2008, ma segnala la necessità di porre attenzione – per così dire: dall’alto – alla dimensione organizzativa dell’impresa, sì da individuare il soggetto che, data la ripartizione dei poteri e delle competenze, risulti portatore della primaria posizione di garanzia in materia prevenzionistica.

[4] Sul punto, si veda Veneziani, Infortuni sul lavoro e responsabilità per omesso impedimento dell’evento: problemi attuali, in RTDPE, 1998, 515.

[5] Ancora Veneziani, Infortuni sul lavoro, 1998, 513-514.

[6] “«datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilita dell’organizzazione stessa o dell’unita produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. Sull’evoluzione del dato normativo in chiave funzionale, cfr Scaroina, La responsabilità penale del datore di lavoro nelle organizzazioni complesse, in Sistema Penale, 16.6.2021.

[7] Ancora, Scaroina, La responsabilità penale del datore di lavoro, 8.

[8] Sul tema della ripartizione della responsabilità tra garanti all’interno dei modelli c.d. ‘multidatoriali’, cfr Scaroina, La responsabilità penale del datore di lavoro, 12 ss.