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24 Aprile 2025


Solo uno o più consulenti e periti per la responsabilità sanitaria?

Cass. Sez. IV, sent. 9 gennaio 25 (dep. 7 marzo 25) n. 9455, Pres. Piccialli, est. Lauro



1. Una frequente domanda processuale. Nei procedimenti per responsabilità sanitaria ci si chiede spesso: è sufficiente che il pubblico ministero nomini un solo consulente? O che il giudice nomini un solo perito?

Verrebbe subito da rispondere: non è sufficiente, perché l’art. 15 della legge 24/2017 (c.d. legge Gelli) prevede la nomina collegiale. Questo, infatti, il testo: «Nei procedimenti civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, l'autorità giudiziaria affida l'espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento».

Succede quindi che si sollevi questione d’invalidità quando si nomina un solo consulente o un solo perito.

La questione è stata sollevata anche nel caso della sentenza in commento. Vediamo se è stata accolta. In breve. Un tecnico di radiologia esegue un esame posizionando la paziente su una barella, senza assicurare la sbarra di sicurezza. La paziente cade a terra e riporta lesioni encefaliche che si evolvono mortalmente. Il pubblico ministero nomina un solo consulente, che esegue l’esame autoptico e attribuisce la causa di morte all’evoluzione di un processo fisiopatologico avente come primum movens le lesioni encefaliche.

Il Tribunale condanna il tecnico di radiologia e la Corte d’appello conferma. Con il ricorso per Cassazione si lamenta la violazione dell’art. 15 cit. per l’omessa nomina di un collegio da parte del pubblico ministero.

La Cassazione ritiene inammissibile il ricorso. Prende anche atto che l’art. 15 è entrato in vigore successivamente alla nomina del consulente e che la corte d’appello ne ha escluso l’applicabilità ratione temporis.

Questo sarebbe stato sufficiente a escludere l’applicabilità dell’art. 15. Ma la Cassazione va oltre, motivando anche con il principio «Nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, la nomina di un solo perito, anziché di un collegio, in violazione dell'art. 15, comma 1, legge 8 marzo 2017, n. 24, non è causa di nullità dell'elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista, né incide sulla sua affidabilità, risultando esso comunque idoneo a offrire al giudice le conoscenze scientifiche necessarie per una compiuta valutazione dei fatti oggetto di giudizio».

Il principio è già stato sporadicamente affermato nel recente passato[1].

In sintesi, sono due le ragioni di esclusione della necessità di una nomina collegiale.

La prima è di forma:

  • la nomina di un solo esperto non è prevista come causa di nullità.

La seconda è di sostanza:

  • a seconda del caso, un solo esperto può offrire le conoscenze necessarie per decidere.

 

2. L’assenza di previsione d’invalidità. Appare irrefutabile l’affermazione che la nomina di un solo esperto non è prevista come causa di nullità. La legge tace sul punto, lasciando operare indisturbatamente il principio di tassatività delle nullità di cui art. 177 c.p.p.

La nullità non è però l’unica specie d’invalidità che viene in considerazione.

Bisogna fare i conti anche con l’inutilizzabilità, perché la consulenza e la perizia sono prove e l’art. 191 c.p.p. prevede appunto l’inutilizzabilità in ipotesi di acquisizione di prove in violazione dei divieti stabiliti dalla legge.

Con l’inutilizzabilità la sentenza in commento non si confronta, per usare un’espressione di moda nel linguaggio giurisprudenziale. Perché il mancato confronto? La valutazione, ex art. 191 c.p.p., non può di certo essere sfuggita ai giudici. Si è quindi di fronte a una motivazione c.d. implicita sull’utilizzabilità della consulenza.

Verifichiamo se ciò si possa affermare anche esplicitamente.

In altri precedenti, anche se non in materia di responsabilità sanitaria, la giurisprudenza di legittimità è stata chiara mediante il principio «In base all’art. 191 c.p.p., l’inutilizzabilità è la conseguenza processuale dell’assunzione di una prova in violazione di uno specifico divieto probatorio. Tale inutilizzabilità c.d. patologica consegue in linea generale alla violazione di una norma che concerne l’an dell’assunzione della prova. La violazione di norme che concernono il quomodo della prova e, cioè, le sue modalità di assunzione, determina l’inutilizzabilità solo se tale sanzione è prevista espressamente dalla legge come conseguenza della violazione di tali modalità di assunzione»[2].

Si distingue così fra inutilizzabilità patologica e fisiologica. La prima riguarda l’an della prova: il divieto di acquisizione, la seconda il quomodo: la modalità di acquisizione. Solo la violazione del divieto comporta l’inutilizzabilità della prova. In sostanza quindi ciò che va valutato è se c’è stata o no violazione di un divieto, proprio in linea con il tenore letterale dell’art. 191 c.p.p., che parla di prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Altra giurisprudenza si limita a questa valutazione, senza quindi distinzione fra invalidità patologica e fisiologica[3]. Questa distinzione tuttavia, pur non aggiungendo nulla al principio giurisprudenziale, regala una nitida fotografia:

  • an: invalidità patologica
  • quomodo: invalidità fisiologica.

Un esempio d’inutilizzabilità patologica, così come espressamente definita nella sentenza che l’afferma[4], riguarda intercettazioni telefoniche acquisite in violazione del divieto sancito dall'art. 270 cod. proc. pen., che prevede l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza.

Un esempio d’inutilizzabilità fisiologica è dato invece da un precedente nel quale si è affermato che «l'inutilizzabilità degli atti di indagine, tempestivamente effettuati ma trasmessi e depositati in data successiva alla notifica dell'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen. ed antecedente alla celebrazione dell'udienza preliminare ha natura "fisiologica", non determinando alcuna violazione del diritto di difesa»[5].

Nella valutazione fra invalidità patologica e fisiologica gioca un ruolo decisivo la violazione o no di principi fondamentali dell’ordinamento e di garanzie difensive. Si afferma infatti in giurisprudenza che «l’inutilizzabilità cosiddetta "patologica", a differenza di quella cosiddetta "fisiologica", costituisce un'ipotesi estrema e residuale, ravvisabile solo con riguardo a quegli atti la cui assunzione sia avvenuta in modo contrastante con i principi fondamentali dell'ordinamento o tale da pregiudicare in modo grave ed insuperabile il diritto di difesa dell'imputat»o[6].

In questa chiave va letto anche un recentissimo e noto precedente, secondo il quale «sono affetti da inutilizzabilità patologica i messaggi "whatsapp" acquisiti dalla polizia giudiziaria mediante "screenshots" eseguiti con il consenso dell'indagato, ma in mancanza degli avvisi delle facoltà difensive spettanti per l'apertura della corrispondenza, ivi compresa quella di rifiutare tale collaborazione, nonché del diritto di essere assistito da un difensore»[7].

Per quanto qui interessa, la domanda è: invalidità fisiologica o patologica in ipotesi di nomina di un solo consulente o perito nei casi di responsabilità sanitaria?

La nomina di un solo esperto, anziché di due, può essere vista sia come violazione di un divieto che di una modalità della prova. Appare però decisivo che la nomina singola non viola principi fondamentali dell’ordinamento. Né viola garanzie difensive, trattandosi di prova c.d. neutra.

Parrebbe quindi da escludersi che si tratti d’inutilizzabilità patologica.

Guardando al futuro, la questione in esame non parrebbe superata qualora si approvasse la proposta di riforma in materia di responsabilità sanitaria della Commissione D’Ippolito. La proposta prevede l’inserimento nelle norme di attuazione dell’art. 73-bis, con il seguente tenore: «Nomina dei periti e consulenti tecnici in ambito sanitario. In ambito di responsabilità per attività sanitaria, l'autorità giudiziaria, tenendo conto degli appositi albi professionali, affida l'espletamento della perizia e della consulenza tecnica obbligatoriamente ad un collegio composto da un medico legale nonché da uno o più esperti che abbiano specifica e pratica conoscenza dell’oggetto del procedimento». La disposizione riecheggia all’evidenza l’art. 15 della legge Gelli, con la novità dell’avverbio obbligatoriamente, ma senza prevedere invalidità in ipotesi di nomina singola. E nulla cambierebbe con riferimento a principi fondamentali dell’ordinamento e garanzie difensive, che sono invece, come già visto, decisivi per la questione.

 

3. Le conoscenze di un solo consulente. La sentenza in commento si muove anche su un piano di sostanza, affermando sufficiente la nomina singola, perché si ritiene che l’elaborato di un solo esperto ha offerto comunque le conoscenze necessarie per decidere. In effetti appare superflua la nomina di un tecnico di radiologia o di un radiologo in aggiunta al medico legale: si trattava semplicemente di accertare la conformità a buone pratiche del posizionamento di una paziente su una barella per un esame radiologico, senza avere assicurato la sbarra di sicurezza.

I casi di superfluità della nomina collegiale sono del resto alquanto frequenti. Pensiamo all’omessa copertura antibiotica nel periodo perioperatorio. O al frequente caso del dolore toracico sottovalutato in Pronto Soccorso.

La sentenza in definitiva riporta un ben noto e generale principio della vita quotidiana: basta anche uno, l’importante è che lo sappia fare.

Ci sono pronunce che però non appaiono immuni da critiche nel ritenere la sufficienza di un solo esperto. Come in un caso di nomina solo di un ginecologo, senza medico legale, per la morte endouterina del feto in una paziente che presentava perdite genitali e lamentava l’assenza di percezione di movimenti attivi del feto[8].

Va evidenziato che la scelta della nomina, se singola o collegiale, non può essere guidata dal solito jolly processuale del ruolo del giudice quale peritus peritorum. Questo ruolo, correttamente inteso, secondo giurisprudenza viene in considerazione dopo la nomina e il deposito dell’elaborato e si riferisce all’obbligo per il giudice di motivare perché ha opinato per la maggiore affidabilit di una determinata scuola di pensiero, rispetto ad un'altra[9], dando congrua ragione della scelta e dimostrando di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di non dover seguire[10].

Dovrebbe essere il medico che viene singolarmente nominato a dire se è in possesso delle specifiche competenze richieste. Invero, c’è l’obbligo posto dall’art. 62 del codice di deontologia medica: «L’attività medico-legale, qualunque sia la posizione di garanzia nella quale viene esercitata, deve evitare situazioni di conflitto di interesse ed è subordinata all’effettivo possesso delle specifiche competenze richieste dal caso».

 

4. Confronto con la giurisprudenza civile e costituzionale. L’obbligo della nomina collegiale, ex art. 15 cit., è rilevato dalla giurisprudenza civile, secondo la quale «l'incarico conferito al collegio (con ciò stabilendo l'obbligatorietà della perizia o consulenza collegiale nei giudizi di responsabilità sanitaria, alla quale il giudice non può derogare)»[11]. L’elaborato di un solo esperto risulta quindi inutilizzabile in sede civile.

La discrasia con la giurisprudenza penale è evidente. E anche stridente, se si considerano i diversi beni sui quali incidono le sanzioni civili e penali[12].

Finora tuttavia le pronunce civili hanno affermato ma non applicato il principio dell’obbligo della nomina collegiale, perchè l’applicazione dell’art. 15 è stata esclusa ratione temporis, trattandosi di nomine in date antecedenti a quella di entrata in vigore della legge Gelli. E non basta la teorica formulazione di un principio giurisprudenziale, ci vuole anche la sua pratica applicazione. Questo è il vero banco di prova. Solo così si misura quanto un principio è fermo. Altrimenti è solo un germoglio in attesa del primo gelo notturno.

Sulla questione che qui interessa ha opinato anche la Corte Costituzionale[13], con la sentenza con la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di un altro comma dell'art. 15, il quarto, nella parte in cui escludeva che per le nomine collegiali nei casi di responsabilità sanitaria si applicasse l'aumento del 40 per cento dei compensi previsto in generale dal D.P.R. n. 115 del 2002. L’obbligo della nomina collegiale è ritenuto dalla Consulta solo un ultimo argomento per motivare la dichiarazione d’illegittimità costituzionale della limitazione dei compensi agli esperti. Queste le parole della sentenza: «Né, d'altro canto, può ritenersi che la collegialità imposta dalla legge in materia di responsabilità sanitaria costituisca un onere meramente formale… Una conclusione siffatta mostrerebbe un'intrinseca contraddizione, poiché implicherebbe che il legislatore abbia inteso introdurre la regola della necessaria collegialità, pur nella consapevolezza della sufficienza dell'affidamento dell'incarico ad un unico consulente».

A prescindere dalle perplessità qui espresse, è però chiaro che Cassazione civile e Corte costituzionale condividono l’opinione della necessità del collegio[14].

 

5. Conclusioni. La nomina collegiale è un obbligo. L’art. 15 della legge Gelli prevede infatti chiaramente che l'autorità giudiziaria affida consulenza tecnica e perizia a un medico legale e a uno o più specialisti. La disposizione si presenta così per la responsabilità sanitaria come una specificazione legislativa dell’art. 221 co. 2 c.p.p., che impone la nomina collegiale quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline.

L’obbligo della nomina collegiale è stato ricordato anche dal C.S.M. nella Risoluzione in ordine ai criteri per la selezione dei consulenti nei procedimenti concernenti la responsabilità sanitaria (n. 209 del 25 ott. 2017)[15]: l'affiancamento nelle perizie del medico legale allo specialista sostanzia la garanzia di un collegamento tra sapere giuridico e sapere scientifico, necessario per consentire al giudice di espletare in modo ottimale la funzione di controllo logico razionale dell'accertamento peritale.

Inoltre la valutazione tecnica, anche se svolta esaurientemente dal solo medico legale, è spesso vissuta dall’imputato specialista come una mancanza di rispetto per la sua specifica esperienza, che è assente nel medico legale. Si sente talvolta l’espressione, anche con tono irritato, rivolta in udienza dal medico imputato al medico legale: «Ma come fai a dirlo se non l’hai mai fatto!».

Ora leggiamo anche il bianco del principio giurisprudenziale che ammette la nomina singola. Leggiamo anche quella parte del foglio che non è attinta dal getto d’inchiostro della stampante. Fra le righe si coglie evidente sensibilità per le esigenze pratiche dei naviganti nei processi di merito. Esigenze che sono date dalle difficoltà di reperire esperti da nominare.

Occorre prendere atto che la popolazione medica si è ridotta, che è difficile per i pazienti trovare medici per cure ordinarie. E pensiamo quindi a quanto sia in salita e tortuosa la strada giudiziaria di una nomina collegiale da farsi sempre e comunque. Questo vale soprattutto quando c’è poco tempo a disposizione[16], perché si deve eseguire l’esame autoptico. Senza parlare poi dei compensi, talvolta davvero inadeguati, che si è costretti a liquidare per lo svolgimento di incarichi complessi.

Di grande peso nella pratica è anche che l’obbligo della nomina collegiale si ripercuote inevitabilmente sulle parti private, che si trovano anch’esse di rimbalzo a dovere nominare più consulenti. E questo ovviamente allo scopo di dare adeguato peso alle opinioni che sosterranno. Con aggravio, anche per loro, degli sforzi di ricerca e d’impegno finanziario, che quando non affrontano è solo perché semplicemente non possono.

La quotidiana pratica giudiziaria è fatta in generale di limitatezza di mezzi, personali e finanziari. Occorre prenderne realisticamente atto.

In conclusione:

  • è irrefutabile che la nomina collegiale è un obbligo
  • è altrettanto irrefutabile che è un obbligo senza previsione d’invalidità.

 

 

 

 

 

[1] Sez. 5, 45719-22, Montuori, est. Cuoco, Rv. 283891-01; Sez.1, 13122-23, Carnovale, est. Fiordalisi, inedita

[2] Sez. 4, 34920-17, Blanchi, est. Tanga, inedita.

[3] Sez. 1, 34303-21, Gatnaoui, est. Magi, inedita. In termini identici: Sez. 1, 34539-22, Concas, est. Magi, inedita.

[4] Sez. 5, 42545-24, Musarò, est. Morosini, Rv. 287174-01.

[5] Sez. 2, 43927-19, Bonanno, est. Monaco, Rv. 277998-01

[6] Sez. 3, 882-18, Bellissimo e altro, est. Di Nicola, Rv. 272258-01

[7] Sez. 6, 1269-25, Lato, est. Amoroso, Rv. 287504-01 e in questa Rivista 30 gen. 25, con nota A. Malacarne, La Cassazione sull’acquisizione della messaggistica istantanea mediante screenshot: l’irrilevanza del consenso e la necessità di adeguate garanzie

[8] Sez. 5, 45719-22, Montuori, cit.

[9] Sez. 4, Sentenza n. 49884-18, P., est. Montagni, Rv. 274045-01

[10] Sez. 4, 15493-16, B., est. Montagni, Rv. 266787-01

[11] Cass. Civ. Sez. 3, 13060-24, est. Rubino, Rv. 671142-01; Id, 12593-21, est. Sestini, inedita; Id, 32143-19, est. Iannello, Rv. 656507-01

[12] V. sul punto L. Bigazzi, Colpa medica e validità della perizia non espletata nella prescritta forma collegiale, in Dir. Pen. e Proc., 2023, 7, 934

[13] Corte Cost. sent. 102-2021, est. San Giorgio, in www.cortecostituzionale.it

[14] Per la condivisione di questa opinione v. P. Macrì-M. Hazan, Responsabilità professionale. L’articolo 15 della legge Gelli sotto la lente di Consulta e Cassazione, in Quotidiano Sanità, 27 maggio 2021

[15] Per la lettura della Risoluzione clicca qui.

[16] In dottrina considera l’influenza dei tempi processuali sulla nomina T. Luzi, Investigazioni penali sull’indagine clinica, in Cass. Pen., 2021, fasc. 1, 384