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23 Marzo 2020


Irretroattività e libertà personale: l'art. 25, secondo comma, Cost., rompe gli argini dell'esecuzione penale

Nota a Corte cost., sent. 12 febbraio 2020, n. 32



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Abstract. Con una pronuncia tanto attesa quanto innovativa, la Corte costituzionale apre una breccia nel muro che per lungo tempo ha separato il diritto penale sostanziale e le norme dell’esecuzione penale con riguardo all’operatività del principio di irretroattività sancito dall’art. 25/2 Cost.. Seguendo un’argomentazione che oscilla tra la salvaguardia delle esigenze di “prevedibilità” della pena e l'affermazione delle ragioni dello Stato di diritto, infatti, a tale garanzia vengono subordinate le modifiche sfavorevoli degli istituti che determinano una trasformazione della natura (intra o extramuraria) della pena e che, quindi, incidono in maniera diretta e concreta sulla libertà personale del condannato. Di conseguenza, viene dichiarata costituzionalmente illegittima l’efficacia retroattiva dell’estensione dei limiti di accesso a varie misure alternative stabiliti dall’art. 4-bis ord. pen. (compreso l’effetto indiretto rappresentato dal divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione previsto dall’art. 656, comma 9, c.p.p.) con riguardo ai condannati per reati contro la pubblica amministrazione commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 3/2019. D’altra parte, rimane tuttora aperta, ma presto la Corte costituzionale potrebbe essere chiamata a riaffrontarla, la questione della legittimità tout court della dilatazione del catalogo dei reati “ostativi” al cospetto del principio di ragionevolezza e della finalità rieducativa della pena.

SOMMARIO: 1. La primavera silenziosa della Costituzione penale. – 2. L’estensione dell’art. 4-bis ord. pen. ai reati contro la P.A. e il regime del tempus regit actum. – 3. L’approccio sostanzialistico al problema dell’esecuzione penale e le indicazioni della giurisprudenza europea. – 4. Orientamenti giurisprudenziali contrastanti, tra letture tradizionali, interpretazione conforme e questioni di legittimità costituzionale. – 5. La svolta storica della sentenza n. 32 del 2020. – 5.1. L’accoglimento interpretativo e l’incostituzionalità del “diritto vivente”. – 5.2. La “rimeditazione” dell’art. 25/2 Cost. e l’insediamento ermeneutico delle sollecitazioni europee e comparatistiche. – 5.3. Gli argomenti di diritto comparato. – 5.4. La doppia anima del principio di irretroattività, tra istanze di protezione individuale e prééminence du droit. – 5.5. Il ravvisato contrasto anche con l’art. 24 Cost. – 6. Dentro la ratio decidendi: il distinguo tra istituti esecutivi, alla luce degli effetti di “trasformazione della natura della pena, e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato”. – 6.1. La tassonomia della Corte: affidamento in prova, liberazione condizionale, detenzione domiciliare e semilibertà. – 6.2. L’esclusione di permessi premio e lavoro all’esterno: profili problematici. – 6.3. L’irretroattività del divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione (art. 656, comma 9, c.p.p.) e il destino delle “norme processuali ad effetti sostanziali”. – 7. I perduranti dubbi di “ragionevolezza intrinseca” del catalogo del 4-bis. – 7.1. Presunzioni legali di pericolosità e bilanciamento con la finalità rieducativa della pena. – 7.2. L’assoluta inconsistenza del radicamento empirico della presunzione di pericolosità per i delitti contro la P.A. inclusi nel 4-bis. – 8. Profili di perdurante rilevanza, attuale, prossima e futura. – 9. L’ossessione custodiale e l’ostinata indifferenza della politica.

* In vista della pubblicazione su Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, il contributo, qui pubblicato in anteprima, è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.