Pubblichiamo in allegato un documento che raccoglie - preceduti dalla Introduzione della Prof.ssa V. Bonini (p. 2), gli interventi sul tema della giustizia riparativa nei casi di violenza di genere della Prof.ssa Elena Mattevi (Giustizia riparativa e violenza di genere. Brevi considerazioni su una relazione possibile, a certe condizioni, p. 5), dell'Avv. Elena Biaggioni (Giustizia riparativa e violenza di genere. Una relazione tossica e pericolosa, p. 23) e della Prof.ssa Anna Lorenzetti (Giustizia riparativa e violenza di genere. Spunti per un confronto non più eludibile, p. 35).
Rimandando alla lettura del documento allegato per ogni approfondimento, riportiamo di seguito il contenuto della Introduzione.
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Introduzione
di V. Bonini
I contributi di Elena Mattevi, Elena Biaggioni e Anna Lorenzetti costituiscono la trasposizione scritta del dialogo tessuto in occasione dell’incontro dal titolo “Giustizia riparativa e violenza di genere: una relazione pericolosa?”[1] che si è svolto presso l’Università di Pisa nella primavera del 2024, nell’ambito dell’offerta didattica interna al corso di Giustizia riparativa.
Abbiamo sentito come urgente un confronto tra voci e sguardi diversi su questo tema, alla luce delle primissime applicazioni della disciplina organica sulla giustizia riparativa introdotta con il d.lgs. n. 150/2022: infatti, laddove servizi riparativi di lunga esperienza hanno ricevuto alcuni invii da parte dell’autorità giudiziaria, si è riscontrato un numero non indifferente di casi nei quali si chiedeva di trattare con gli strumenti riparativi vicende riconducibili alla complessa e delicata area criminologica della violenza nelle relazioni strette e contro le donne, in alcune ipotesi attingenti anche livelli di elevatissima gravità[2].
Insomma, la lettura dei dati derivanti dalle primissime rilevazioni e delle relative ordinanze di invio adottate ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p., unitamente ad alcune considerazioni che attraversano il dibattito tra gli operatori del diritto, lasciano affiorare una sorta di inaspettato favor reparationis per le vicende di violenza relazionale connotata dal genere.
Si tratta di una posizione che non può non destare meraviglia in chi abbia qualche familiarità con l’acceso dibattito che –sorto tanto in seno esperienze straniere quanto nel contesto sovranazionale– è in corso da tempo in merito all’impiego della giustizia riparativa con riguardo a tale settore[3]. Peraltro, non può dirsi che i dubbi e le resistenze siano affiorati solo nel dibattito pubblico o nelle riflessioni dottrinali, poiché le criticità sono espresse anche in taluni documenti ufficiali di organismi del Consiglio d’Europa e delle Nazioni Unite: da una parte, affiorano preoccupazioni in alcune indicazioni contenute nella Convenzione di Istanbul e nei relativi report del G.R.E.V.I.O.[4], dall’altra parte si è sentito la necessità di suggerire il ricorso a cautele particolari nella trattazione offerta dall’Handbook on restorative justice programmes redatto dall’UNODC delle Nazioni Unite[5]. A ulteriore conferma del difficile rapporto tra giustizia riparativa e violenza nelle relazioni strette si possono richiamare anche le opzioni legislative coltivate da legislatori di paesi a noi non lontani che limitano ratione materiae il ricorso a soluzioni riparative proprio con riferimento alle tipologie criminose tipiche di tale settore criminologico[6].
Insomma, l’osservazione degli studi, delle esperienze maturate in vari paesi, dei documenti sovranazionali e delle legislazioni straniere conducono univocamente verso una direzione: la violenza domestica e nelle relazioni strette rappresenta il terreno più difficile e scivoloso per una giustizia riparativa che intenda rispettare e mettere al centro i bisogni delle persone e, in particolare, delle vittime di tali reati. Le ragioni della difficoltà di questo connubio sono ben evidenziate e trattate dalle autrici dei contributi qui raccolti, che, pur approcciando il tema da prospettive diverse, convergono nel sottolineare la problematicità della soluzione riparativa per la violenza relazionale caratterizzata dal genere.
D’altro canto, la c.d. riforma Cartabia, con l’introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa che fa proprio, tra l’altro, un principio di accesso generalizzato (art. 44 d.lgs. n. 150/2022), apre normativamente a percorsi di giustizia riparativa anche per vicende che hanno come scaturigine ipotesi di reato riconducibili all’area criminologica della violenza nelle relazioni strette, e, pertanto, il confronto sul tema si fa ineludibile. Si tratta di un confronto che non può che partire dalla conoscenza tanto delle specificità di questa forma di violenza quanto di quelle dell’esperienza riparativa, altrimenti rischiando di incorrere in pericolosi errori di valutazione. In questa prospettiva, ad esempio, una particolare attenzione dovrà essere prestata a rifuggire improprie identificazioni tra “conflitto” e “violenza” e ad evitare letture che costruiscano la coppia “conflitto-violenza” in chiave di “causa-effetto”, così ipotizzando che la gestione del conflitto nel contesto riparativo possa contribuire eziologicamente alla cessazione della violenza. Da una parte, è indubbio che la giustizia riparativa non ambisce a “gestire la violenza”, ma semmai presuppone il superamento dell’agito violento per intervenire sugli effetti dello stesso; dall’altra parte, deve essere chiaro come la violenza nelle relazioni strette non sia conseguenza di una conflittualità tra partner (risolvendo la quale, quindi, si pensi di sradicare la violenza), ma sia piuttosto il prodotto di una relazione fortemente sperequata tra un soggetto dominante e un soggetto dominato.
Non è possibile, nello spazio di queste prime note introduttive, dare conto dei tanti profili che debbono essere tenuti in doverosa considerazione nel rispondere all’interrogativo della praticabilità (astratta e concreta) degli itinerari riparativi in vicende di violenza relazionale. Nella consapevolezza di questi limiti, l’avvio di una più ampia e meditata riflessione sul tema rappresenta un doveroso punto di partenza e, al contempo, una precondizione per assicurare il rispetto del canone che vuole la giustizia riparativa come un “luogo sicuro” per tutti i partecipanti[7].
Senza voler aderire ad aprioristici divieti che collidono con le scelte normative o ad aperture generalizzate e standardizzate che non tengano conto delle specificità di queste forme di violenza, le riflessioni delle tre autrici rappresentano una preziosa tessitura di partenza di un dibattito che nel nostro paese è ancora troppo acerbo.
[1] Chiaro è il richiamo del noto contributo sul tema di B. Pali, K. Sten Madsen, Dangerous liasons? A feminist and restorative approach to sexual assault, in Temida, 2011, pp. 49 ss.
[2] V., per un primo bilancio del distretto di Corte d’Appello di Milano, https://www.camerapenalemilano.it/it/2095/news/schema-operativo-sulla-giustizia-riparativa---aggiornamento.html, ove risulta che, su trenta casi inviati ai servizi riparativi milanesi, undici riguardavano maltrattamenti in famiglia, quattro atti persecutori, due violenze sessuali (di cui una su minore). Molta risonanza ha poi ricevuto l’invio agli stessi servizi di una vicenda processuale relativa ad un omicidio di particolare efferatezza realizzato in un contesto relazionale, peraltro ipotizzando il coinvolgimento della c.d. vittima aspecifica (v. C. Assise Busto Arsizio, ord. 19 settembre 2023, con commento di P. Maggio, F. Parisi, Giustizia riparativa con vittima “surrogata” o “aspecifica”: il caso Maltesi-Fontana continua a far discutere, in questa Rivista 19 ottobre 2023).
[3] Ricchissima è già la letteratura che, fuori dai confini nazionali, restituisce tutta la complessità del rapporto tra restorative justice e violenza nelle relazioni strette. Senza alcuna pretesa di esaustività, si suggerisce T. Gavrielides, Is restorative justice appropriate for domestic violence cases?, In Revista de asistenta sociala 2015, pp. 105 ss.; A. Hayden, L. Gelsthorpe, V. Kingi, A. Morris (a cura di), A restorative approach to family violence. Changing tack, London, Routledge, 2014; M. Lamanuzzi, Restorative justice in cases of gender-based violence against women: perspectives on shame, symbolic interactionism and agency, in International journal of restorative justice 2024, pp. 226 ss.; B. Hudson, Restorative justice and gendered violence: diversion or effective justice?, in British Journal of Criminology 2000, pp. 616 ss.; raccolgono voci diverse H. Strang, J. Braithwaite (a cura di), Restorative justice and family violence, Cambridge, Cambridge University Press, 2002; J. Stubbs, Beyond apology? Domestic violence and critical questions for restorative justice, in Criminology & Criminal Justice 2007, pp. 169 ss; Ead., Relations of domination and subordination: challenges for restorative justice in responding to domestic violence, in UNSW Law Journal 2010, pp. 970 ss.; con riguardo alla violenza sessuale, E. Zinsstag, M. Keenan, Sexual violence and restorative justice: legal, social and therapeutical dimensions, London, Routledge, 2017.
[4] Organismo indipendente istituito con la Convenzione di Istanbul al fine di monitorarne l’applicazione tra i paesi aderenti, il G.R.E.V.I.O. ha già prodotto numerosi Report nazionali, nei quali, rispetto a quanto indicato nell’art. 48 della medesima Convenzione, ha esplicitato dubbi e richiesto cautele aggiuntive quando si percorrano soluzioni riparative nei casi di violenza domestica e violenza contro le donne trattati nello strumento convenzionale (si vedano, ad esempio, i rapporti di valutazione riguardanti Andorra, Belgio, Danimarca, Finlandia, Malta, Paesi bassi, Turchia): per una lettura dei risultati dei vari monitoraggi nazionali https://www.coe.int/en/web/istanbul-convention/country-monitoring-work.
[5] Cfr. UNODC, Handbook on Restorative Justice Programmes, 2° ed., Vienna, 2020, pp. 73 s., dove sono espresse le preoccupazioni per la sicurezza della vittima e lo sbilanciamento di potere che ricorre in casi di violenza nelle relazioni strette.
[6] Limiti normativi all’operatività di mediazione, diversion a connotati riparativi e percorsi di giustizia riparativa sono stati introdotti per ipotesi di reato riconducibili alla violenza domestica, violenza sessuale e/o violenza contro le donne con estensione diversificata in Spagna, Portogallo, Austria. Si vedano, in proposito, i contributi di Elena Mattevi ed Elena Biaggioni, infra.
[7] Cfr. § 10 Basic principles on the use of restorative justice programmes in criminal matters (Res. 2002/12 ECOSOC), dove si prevede che «[t]he safety of the parties shall be considered in referring any case to, and in conducting, a restorative process»; nonchè § 47 Raccomandazione 2018/8 del Consiglio d’Europa, ove si afferma che i servizi di giustizia riparativa hanno la responsabilità di fornire un ambiente sicuro e accogliente per il percorso di giustizia riparativa.