Cass., Sez. I, 21 novembre 2024 (dep. 28 febbraio 2025), n. 8400, Pres. De Marzo, est. Monaco
Sin dalle prime applicazioni della nuova disciplina organica sulla giustizia riparativa introdotta dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sono sorti disorientamenti interpretativi sul tema dell’impugnabilità della decisione che ha rigettato la richiesta di accesso ai relativi programmi (in merito, cfr. V. Bonini – P. Maggio, L’impugnazione dei provvedimenti a caratura riparativa: equilibri e squilibri tra sistemi, in questa Rivista, 5/2024, p. 5 ss.).
Un recente arresto della Prima sezione della Cassazione si inscrive in questo ampio dibattito e mostra di condividere l’orientamento che ha segnato una prima apertura in materia (Cass., Sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152, in CED. Cass., n. 286841). La pronuncia ammette l’impugnazione, ai sensi dell’art. 586, comma 1, c.p.p., dell’ordinanza con la quale viene respinta l’istanza ex art. 129-bis c.p.p. «emessa durante il compimento degli atti preliminari o nel corso del dibattimento (ovvero nel corso del giudizio di appello)». Questo, tuttavia, purché «la richiesta risulti avanzata dall’imputato e riguardi reati procedibili a querela suscettibile di remissione, trattandosi del solo caso in cui il suo eventuale accoglimento determina la sospensione del processo».
Di particolare interesse appare il rilievo svolto in relazione ai reati procedibili d’ufficio o a querela non soggetta a remissione. Si argomenta che, «posto che nulla impedisce all’interessato di attivarsi autonomamente per accedere al programma di giustizia riparativa, l’intervento del giudice […] non rappresenta né una condizione necessaria per l’acquisizione di diritti né sufficiente». La stessa circostanza attenuante di nuova fattura ex art. 62, n. 6, c.p., come modificato dal d.lgs. n. 150, «non è correlata alla decisione dell’invio di cui all’art. 129-bis cit., posto che: a) come detto, l’interessato non ha alcuna necessità dell’ordinanza del giudice per attivarsi al fine di accedere a programmi di giustizia riparativa; b) il mero invio non elide la discrezionalità dei mediatori nel ritenere non fattibile il programma».
La tesi espressa nella sentenza in esame si affianca ad almeno altri due indirizzi che si registrano nella giurisprudenza di legittimità.
Il primo, sviluppatosi sin da subito, ritiene inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di cui all’art. 129-bis c.p.p., considerato che lo stesso non avrebbe natura giurisdizionale (Cass., Sez. II, 7 novembre 2024, n. 46018; Cass., Sez. III, 4 giugno 2024, n. 24343; Cass., Sez. II, 12 dicembre 2023, n. 6595, in CED. Cass., n. 285930).
Il secondo si è delineato nell’ultimo scorcio temporale (Cass., Sez. V, 26 novembre 2024, n. 131, in CED. Cass., n. 287434) e risulta confermato da una recente notizia di decisione della Terza sezione penale (Cass., Sez. III, ud. 26 febbraio 2025, Pres. Aceto, Rel. Zunica (notizia di decisione n. 3/2025). Secondo quest’ultimo orientamento, è ricorribile per cassazione, unitamente alla sentenza che definisce il grado di giudizio ai sensi dell’art. 586 c.p.p., «l’ordinanza reiettiva della richiesta di accesso ai programmi di giustizia riparativa pronunciata dal giudice su istanza dell’imputato, senza alcuna distinzione tra reati procedibili a querela suscettibile di remissione e reati procedibili d’ufficio» (così, Cass., Sez. V, 26 novembre 2024, n. 131, cit.). Viene così superata la limitazione dell’impugnativa, portata avanti anche nella sentenza in commento, ai soli reati perseguibili a querela suscettibile di remissione. Nella richiamata notizia di decisione si precisa altresì che colui che impugna il provvedimento è tenuto a «dedurre contestualmente l’interesse alla attenuazione del trattamento sanzionatorio, come possibile conseguenza dell’esito del programma di giustizia riparativa» (Cass., Sez. III, ud. 26 febbraio 2025, Pres. Aceto, Rel. Zunica, cit.).
(Elisa Grisonich)