ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Documenti  
21 Marzo 2025


F. Di Vizio, G. Mazzotta (a cura di), Il nuovo diritto penale tributario. La prefazione del prof. F. Palazzo

F. Di Vizio, G. Mazzotta (a cura di), Il nuovo diritto penale tributario, Giuffrè Francis Lefebvre, 2025



Con il consenso dell'Editore, pubblichiamo di seguito il testo della Prefazione del prof. F. Palazzo al volume "Il nuovo diritto penale tributario" a cura di F. Di Vizio, G. Mazzotta, pubblicato da Giuffrè Francis Lefebvre nel 2025. 

***

Diciamo la verità: il diritto penale tributario e le manifestazioni criminose di evasione fiscale non suscitano la stessa attenzione emotiva e la medesima eco mediatica di altri fenomeni criminali come i reati di mafia, di criminalità organizzata o anche di corruzione, per non parlare dei reati di sangue, come in particolare i femminicidi e i maltrattamenti intrafamiliari, nonché dei reati di strada. Al di là della ricorrente e un po’ frusta evocazione dei “100 miliardi” di evasione e dei moniti – tanto opportuni quanto ricorrenti – del Presidente della Repubblica sull’“indecenza” dell’evasione fiscale, la legislazione penale tributaria è indubbiamente uno degli strumenti utilizzati con assiduità dalla politica nell’alternanza tra rigorismo (chi non ricorda le “manette agli evasori” o lo “spazza-evasori”?) e sostanziale acquiescenza ad un fenomeno che, se danneggia certo l’erario, non manca però di alimentare una florida economia del privilegio. Vero tutto ciò, è anche vero per contro che l’analisi giuridica del fenomeno rimane per lo più confinata – salvo le dovute eccezioni – o in espressioni generiche quasi tralaticie e talvolta un po’ retoriche oppure in trattazioni anche pregevoli ma per lo più tecnico-operative, destinate a venire incontro alle esigenze pratiche e professionali di chi è chiamato a maneggiare una normativa che raggiunge qualche primato di farraginosità e complessità, rendendola materia per iniziati.

Ebbene, il volume curato da Fabio Di Vizio e Gabriele Mazzotta si discosta certamente dalle consuete caratteristiche della letteratura giuridica in tema di diritto penale tributario. Prima di tutto, per un motivo solo apparentemente estrinseco, costituito dall’evidente carattere “trattatistico” che connota il volume: completezza, analiticità e vastità dell’opera le attribuiscono, infatti, una dimensione – non solo fisica – nella quale il lettore potrà trovare una risposta (anche se non “definitiva”, come è proprio della vitalità mutevole del diritto) ad ogni questione o aspetto problematico della disciplina penale dell’imposizione fiscale. In secondo luogo, quest’opera, che nasce dalla penna di tecnici del diritto ed è destinata prevalentemente a chi pure è professionalmente chiamato alla sua applicazione quotidiana, rivela però un sostrato e una fondazione culturali (evidenti specialmente in alcuni capitoli iniziali ma presenti in tutto il volume), che fanno percepire al lettore la lucida consapevolezza critica di due aspetti imprescindibili del moderno diritto penale: e cioè la funzione politico criminale delle soluzioni legislative ed interpretative e la necessità di un costante ancoraggio ai principi (in primis costituzionali) di ognuna di quelle soluzioni. Questo è il respiro culturale – diciamo così – che pervade l’intero volume, naturalmente con le diverse sfumature dovute alla differente sensibilità dei vari autori che vi hanno contribuito.

In terzo luogo, e soprattutto, quest’opera – anche per l’ampiezza con cui viene trattata questa branca del diritto penale speciale – rivela chiaramente un approccio ispirato ad un’accentuata autonomia sistemica del settore del diritto penale tributario. Il punto è centrale e si collega ad una questione antica ma pur sempre fondamentale e affascinante: quella, cioè, della legittimità dei cosiddetti sottosistemi, in deroga al quadro dei principi e dei caratteri del sistema generale, un tempo incarnato dal codice penale. E indubbiamente il diritto penale tributario è quello che maggiormente e da più tempo – ricordiamo la legge penale tributaria addirittura del 1929! – si pone quasi come prototipo dei sottosistemi penali. Chi scrive non è né un sostenitore entusiasta della frammentazione in sottosistemi né un vagheggiatore della perduta centralità del codice: sembra semmai necessario distinguere tra quei sottosistemi che rispondono ad una logica derogatoria per scopi essenzialmente di aggiramento delle garanzie e quei sistemi che, invece, legittimano la loro autonomia per ragioni obiettivamente funzionali collegate alla specificità della materia. E mentre i primi debbono essere guardati con sospetto, i secondi non dovrebbero scandalizzare ancorché sia opportuna una loro attenta sorveglianza onde evitare il rischio di una loro possibile degenerazione ed involuzione. Non c’è dubbio che il (sotto-)sistema del diritto penale tributario appartiene a questa seconda categoria e che l’opera qui prefata muove da questa chiara premessa e, anzi, è tutta orientata verso l’accentuazione della sua autonomia sistemica.

L’autonomia sistemica del diritto penale tributario si mostra sotto almeno tre profili principali, tutti ben evidenziati dai contributi raccolti in questo volume, i quali dunque – lungi dal costituire dei nuclei separati – sono legati da un comune fil rouge. Sotto il primo profilo, che potrebbe dirsi sostanziale-valoriale, sono davvero peculiari gli interessi tutelati dal diritto penale tributario, il quale – è bene sottolinearlo – mutua la sua legittimazione anche costituzionale dalla normativa tributaria sottostante. Senza potersi dilungare in proposito, va detto però che dietro la formula dell’interesse erariale dello Stato (e oggi anche dell’UE) si affolla una varietà di ulteriori interessi di tipo tanto economico (la leva fiscale come strumento di politica economica) e produttivo-imprenditoriale, quanto etico-sociale (la redistribuzione della ricchezza e la solidarietà sociale), senza contare poi il fatto che le norme (penali) tributarie svolgono una funzione strumentale e propedeutica, di avamposto per la repressione di altri fenomeni quali la corruzione e i reati di bancarotta. Questo nugolo di interessi coinvolti nella repressione tributaria spiega molte delle peculiarità del diritto penale fiscale e forse anche il suo incerto oscillare tra accentuazione repressiva (quando prevalgono i valori etico-sociali), indulgente comprensione (quando prevalgono le ragioni del liberismo), concreto pragmatismo (quando si impone una logica efficientistica di costi-benefici). E tutto ciò senza contare che la legislazione fiscale e la repressione penale tributaria costituiscono da sempre uno strumento di manovra del consenso elettorale. Dunque, per concludere sul punto, un sottosistema caratterizzato dalla molteplicità degli interessi-valori in gioco, sempre in un equilibrio precario. Di questo fondamentale carattere il volume ci rende opportunamente edotti attraverso i saggi introduttivi che descrivono diacronicamente questa congenita instabilità del “sottosistema” penal-tributario.

Sotto un secondo profilo, che potrebbe dirsi tecnico-giuridico, il volume non solo affronta ovviamente tutti quegli istituti in cui si manifestano le peculiari caratteristiche dell’attuale diritto penale tributario, ma si spinge a sottolinearne la “specialità” anche sotto profili generalmente inusitati. E così, si dedicano due corposi capitoli alle nozioni generali della materia (definizioni e soggetti) e ci si sofferma in altro apposito capitolo sulle cause di non punibilità ed attenuanti, che in effetti in questo settore assolvono oggi un decisivo ruolo di speciale caratterizzazione della materia in senso “riscossivo”, come si suole dire. Ma ci si spinge oltre sulla strada della “specialità” attingendo a temi raramente affrontati nella letteratura corrente. Di peculiare significato e di grande utilità sono i capitoli in cui la specialità del diritto penale tributario viene declinata sotto il profilo processuale, diffondendosi prima di tutto sulle peculiarità delle questioni probatorie e di accertamento degli illeciti e poi ponendosi addirittura “nella prospettiva del difensore” così da lumeggiare opportunamente come l’efficacia delle tecniche difensive sia condizionata da un inevitabile adattamento alla specificità dei reati tributari: un contributo conoscitivo, questo, davvero prezioso e raramente presente anche in opere a destinazione spiccatamente professionale.

Sotto un terzo profilo, infine, la consapevolezza della autonomia sistemica del settore viene spinta fino a diffondersi sugli aspetti organizzativi e formativi dell’apparato giudiziario chiamato a confrontarsi con la criminalità e il diritto penale tributari. Naturale in questa logica – e però quanto mai opportuna – l’analisi di struttura, funzionamento e competenze della Procura europea, inserita in un’intera vasta parte dedicata ex professo alla dimensione europea del diritto penale tributario: e in questa parte trovano anche posto alcune tematiche europee che opportunamente vengono ad avere nel volume una evidenza proporzionata alla loro crescente rilevanza teorica e pratica (così è a dire, ad esempio, per la responsabilità degli enti e per il principio del ne bis idem). Ma, oltre ciò, preme segnalare – quale caratteristica originale del volume – i capitoli (costitutivi addirittura di un’intera parte, la IV, del volume) dedicati alle peculiarità organizzative e formative della giurisdizione in materia di reati tributari. Qui davvero l’autonomia della materia diventa “sistemica” nel senso più pieno e ampio del termine in quanto si ripercuote sulla preparazione tecnica e culturale dei vari attori chiamati all’applicazione della legge penale tributaria: e a merito degli Autori va detto che le esigenze di specializzazione delle competenze personali e di organizzazione degli uffici sono sottolineate non solo in chiave di efficienza e ottimizzazione del funzionamento della macchina giudiziaria, ma anche e soprattutto in ragione della necessità di un’uniforme applicazione della legge e di ragionevole prevedibilità della decisione, in una materia che per il suo elevato e spesso intricato tecnicismo può essere facilmente esposta al rischio di un forte disordine applicativo. E in questo quadro uno dei nodi più intricati è naturalmente quello del ruolo della magistratura onoraria, a proposito della quale saggiamente si rileva che «la specializzazione può costituire la premessa per il [suo] coinvolgimento più oculato».

 

Molto sarebbe ancora da dire. Ma l’imperativo di una misura ragionevole impone di arrestare qui le nostre parole prefatorie. Tuttavia, prima di lasciare al lettore la consultazione di quest’opera oggettivamente monumentale, sia concessa una notazione finale su un profilo diciamo “soggettivo” di questo volume. Chi scrive beneficia della conoscenza personale di molti degli Autori che vi hanno contribuito, in larga prevalenza professionalmente attivi nei ranghi della magistratura e dell’avvocatura fiorentine e toscane. Circostanze, queste, che possono autorizzare lo scrivente a ravvisare in questo affiatato manipolo di giuristi gli eredi di una tradizione – o di uno “stile” – fiorentino in cui grandi figure di magistrati e avvocati hanno saputo coltivare un’affinità e intessere tra loro un dialogo oltre l’impegno quotidiano nei rispettivi ruoli professionali, accomunati da una encomiabile dedizione intellettuale e civile al diritto e alle sue ragioni. Una comunione d’intenti, se non addirittura una piccola comunità, capace di dare frutti di riflessione e di approfondimento come quest’opera ma soprattutto di coltivare quell’orientamento al pacato e costruttivo dialogo, che si pone oggi come presupposto tanto indispensabile quanto negletto per il salvataggio della nostra disastrata giustizia penale.