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1. Premessa. – Il decreto fiscale, ora convertito con modifiche in l. n. 157/2019, non è intervenuto solo sul diritto tributario “maggiore”, ovvero quello contenuto nel d.lgs. n. 74/2000, ma anche sul settore penal-tributario delle imposte di consumo, disciplinato dal d.lgs. n. 504/1995[1].
Le modifiche più rilevanti al settore penalistico del d.lgs. n. 504/1995, alcune delle quali già in vigore[2], sono due: la prima è l’inserimento di tre casi di presunzione di delitto tentato (infra, § 2) che, stanti le peculiarità di questo settore, equivalgono a una presunzione di consumazione del delitto; la seconda attiene invece all’introduzione, anche in questo settore, della confisca obbligatoria per equivalente (infra § 3).
2. Le nuove presunzioni di tentata evasione di imposte di consumo. – La modifica è contenuta nell’art. 7 del d.l. n. 124/2019, rubricato “Contrasto alle frodi nel settore degli idrocarburi e di altri prodotti” e insiste sul comma 3 dell’art. 40 del T.u.i.c.
L’art. 40 T.u.i.c. rappresenta la fattispecie principale in materia di evasione delle imposte sui consumi gravanti sugli oli minerali.
È importante mettere da subito in luce le finalità della riforma, per comprendere le quali è necessaria una rapida introduzione a questo peculiare contesto normativo.
L’art. 40 T.u.i.c. è una fattispecie onnicomprensiva, suscettibile di applicarsi dinnanzi alla maggior parte delle violazioni della disciplina amministrativa/tributaria prevista dal d.lgs. n. 504/1995, indipendentemente dal fatto che la violazione attenga all’accertamento o alla riscossione delle accise sui prodotti energetici.
Non solo, ma grazie al rinvio contenuto nell’art. 61, comma 4 T.u.i.c., l’art. 40 non si applica solo alle violazioni in materia di accise, ma anche alle violazioni dell’imposta di consumo sugli oli lubrificanti[3].
Tradotto in termini meno tecnici, ciò vuol dire che non sono punite solo le violazioni che concernono l’imposizione su derivati del petrolio consistenti in “prodotti energetici” (utilizzati per carburazione o riscaldamento), ovvero le accise, ma anche le violazioni dell’imposta che grava su derivati del petrolio utilizzati per la lubrificazione.
Le accise e l’imposta di consumo sugli oli lubrificanti operano diversamente, sotto molteplici profili che non possono qui essere ripresi nel dettaglio. Ciò che è importante sottolineare è che tali differenze – prime fra tutte quelle afferenti alla disciplina sul trasporto delle merci, meno stringente nell’imposta di consumo rispetto alle accise – si prestano, da sempre, a essere sfruttate da schemi evasivi da parte degli operatori del settore: non a caso, lo stesso T.u.i.c. prevede che, ove prodotti lubrificanti vengano utilizzati a fini di carburazione o riscaldamento, essi debbano sottostare al regime delle accise in quanto prodotti energetici[4].
La prova della destinazione del prodotto lubrificante a usi non consentiti, e la conseguente violazione del d.lgs. n. 504/1995, è però spesso difficile da dare, così il cd. “decreto fiscale” si propone di intervenire sulla disciplina dell’imposta sugli oli lubrificanti per rendere più serrato il controllo sul trasporto di questi prodotti.
La modifica introdotta dal cd. “decreto fiscale” alla fattispecie di cui all’art. 40 T.u.i.c. è infatti incentrata sulla violazione del nuovo art. 7 bis T.u.i.c., introdotto ad hoc dal medesimo art. 7, d.l. 124/2019, che introduce obblighi più stringenti per la circolazione dei prodotti lubrificanti.
Questo il testo inserito nell’art. 40 T.u.i.c.:
“Salvo che venga fornita prova contraria, si configura altresì come tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento, la circolazione dei prodotti di cui all’articolo 7 -bis che avvenga in assenza della preventiva emissione del Codice di riscontro amministrativo di cui al medesimo articolo 7 -bis; ugualmente si considera tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento, la predetta circolazione che avvenga sulla base dei dati di cui al comma 3 del medesimo articolo 7 -bis risultanti non veritieri ovvero che avvenga senza che sia stata eseguita, da parte dell’Ufficio delle dogane di uscita, la validazione del predetto codice a causa della mancata presentazione dei prodotti presso il medesimo Ufficio”.
Il nuovo art. 7 bis del d.lgs. n. 504/1995, la cui violazione integra la presunzione di tentata evasione di cui si discorre, incide proprio sulla disciplina degli oli lubrificanti, è rubricato Disposizioni particolari per la circolazione degli oli lubrificanti e di altri specifici prodotti e si applica solo alla circolazione di prodotti compresi nelle specifiche Sottovoci da 2710 19 81 a 2710 19 99 della nomenclatura combinata delle merci (NC), ovvero appunto agli oli lubrificanti sottoposti alla relativa imposta di consumo[5].
La disposizione prevede che tali prodotti, quando non devono essere assoggettati ad accisa, debbano circolare, nella fase precedente all’immissione in consumo, con la scorta di un Codice amministrativo di riscontro, uno per ogni trasferimento di tali prodotti, emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, annotato sulla documentazione di trasporto obbligatoria per tali prodotti.
Tale codice deve essere richiesto, secondo specifiche modalità[6], all’Agenzia delle dogane e monopoli e la richiesta deve contenere alcune informazioni, la cui indicazione non veritiera, così come la circolazione sprovvista di Codice, costituisce tentativo di evasione, in particolare: i dati identificativi del mittente e del destinatario dei prodotti, i quantitativi e i codici di nomenclatura combinata dei medesimi, il luogo in cui i prodotti saranno introdotti nel territorio nazionale, la targa del veicolo e degli eventuali rimorchi utilizzati per il loro trasferimento, l’itinerario che il veicolo seguirà nel territorio nazionale, nonché, per i prodotti provenienti dall’UE ma non destinati all’immissione in consumo in Italia, il luogo in cui i prodotti lasceranno il medesimo territorio e l’Ufficio delle dogane di uscita[7]. Terza e ultima ipotesi di tentativo di evasione presunto è la violazione di quanto previsto dal comma 5 dell’art. 7 bis, d.lgs. n. 504/1995, ovvero la mancata validazione del Codice da parte dell’Ufficio delle dogane in uscita[8].
Molteplici le criticità che appaiono a una prima lettura della disciplina in commento.
Critici in sé appaiono, per motivi che non è questa la sede per sviluppare, sia l’impiego di presunzioni in diritto penale, sia l’equiparazione del tentativo al delitto consumato: si tratta, però, di vizi risalenti del T.u.i.c.[9]
Per limitarci alle modifiche qui commentate, alcune criticità sicuramente sussistono con riferimento all’individuazione dell’oggetto materiale, non solo sul piano delle fonti, ma anche sul piano dei criteri utilizzati per tale definizione[10].
In generale, il ruolo del Ministero dell’economia e delle finanze sembra veramente troppo rilevante, considerato che oltre all’individuazione dell’oggetto materiale ha anche la possibilità di integrare le informazioni da indicare obbligatoriamente, pena l’attivazione della presunzione penalmente rilevante, nella richiesta di attribuzione del Codice[11].
Al Ministero spetta, infine, anche di determinare in concreto l’entrata in vigore della normativa, posto che le innovazioni portate dall’art. 7, “decreto fiscale” entrano in vigore dal primo giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto del Ministero di cui al comma 6, art. 7 bis, d.lgs. n. 504/1995 il quale, stando al tenore del comma 4 dell’art. 7, d.l. n. 124/2019, deve essere emanato a cura del Ministero entro 90 gg. dall’entrata in vigore del decreto fiscale stesso (data stabilita dall’art. 60, d.l. n. 124/2019).
3. L’introduzione della confisca per equivalente (art. 5, comma 4, d.l. n. 124/2019 e art. 44 T.u.i.c.). – Il Decreto fiscale interviene anche sulla disposizione del Testo unico che disciplina la confisca (art. 44, d.lgs. n. 504/1995), inserendo due nuovi commi, dal seguente tenore:
“1 bis - Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente Capo, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
1 ter - La confisca di cui al comma 1 -bis non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro. In caso di mancato versamento, previa diffida al contribuente inadempiente, la confisca è sempre disposta”
Queste modifiche sono state inserite dall’art. 5, comma 4, d. l. n.124/2019, già entrato in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del decreto in G.U (ovvero il 27/10/2019, ex art. 60, d.l. n. 124/2019).
Il testo inserito nell’art. 44 T.u.i.c. corrisponde quasi esattamente al testo dell’art. 12 bis del d.lgs. n. 74/2000, due le differenze: la prima riguarda lo spettro applicativo della confisca per equivalente, che nel sistema del d.lgs. n. 74/2000 si estende a tutti i delitti contenuti in quel decreto, mentre in questo caso si applica solo ai delitti contenuti nel “presente Capo”, ovvero solo ai delitti contenuti nel Capo IV (“Sanzioni”) del Titolo I (“Disciplina delle accise”), il che pone il problema dell’applicabilità di questa nuova ipotesi di confisca anche alle fattispecie penali che trovano la propria fonte al di fuori di quello specifico Capo del T.u.i.c., come ad esempio all’evasione dell’imposta di consumo sugli oli lubrificanti che, come visto, trova la propria fonte nell’art. 61, comma 4 T.u.i.c., che appartiene al Titolo III del Testo unico, sebbene sia strutturata su di un rinvio alle fattispecie penali in materia di accise. Stante la natura pacificamente punitiva della confisca per equivalente, a chi scrive pare doversi dare risposta necessariamente negativa alla prospettazione di una tale applicazione estensiva delle nuove disposizioni di cui all’art. 44 T.u.i.c.
La seconda differenza fra la nuova confisca per equivalente del T.u.i.c. e quella contenuta nel d.lgs. n. 74/2000, sta nell’inciso “previa diffida del contribuente inadempiente”, prima della disposizione della confisca, anche se non sono previste conseguenze in caso di inadempimento, così che l’inciso pare dover essere inteso come un adempimento ordinatorio in capo all’Autorità giudiziaria, un mero contributo per dare evidenza a quella “virtuosa e costante comunicazione tra amministrazione finanziaria ed autorità giudiziaria”, di cui la dottrina, l’indomani dell’entrata in vigore dell’art. 12 bis, d.lgs. n. 74/2000, auspicava la realizzazione[12].
Per il resto, è ragionevole aspettarsi che alla nuova disciplina si applichino i principi di diritto già enucleati dalla giurisprudenza in riferimento all’art. 12 bis, d.lgs. n. 74/2000, primo fra tutti quello che ritiene che l’“impegno”, necessario al contribuente per evitare la confisca dei beni, è limitato ai soli casi di obblighi assunti in maniera formale, tra i quali rientrano le ipotesi di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale, di transazione fiscale, di attivazione di procedure di rateizzazione automatica o a domanda[13].
In generale, si tratta di un tentativo, parziale e di corto respiro, di avvicinare questo settore a quello del diritto penale tributario cd. “maggiore”, ma solo sul versante degli strumenti “di contrasto”[14], continuando a relegare la disciplina sanzionatoria delle imposte di consumo in un luogo normativamente distantissimo dalla sistematica del d.lgs. n. 74/2000 per quanto attiene al piano delle garanzie: tuttora privo del favor restitutionis vigente in quel settore (se si eccettua la disposizione appena commentata), rimangono qui in vigore i problematicissimi, e già in parte ricordati, istituti dell’ equiparazione del delitto tentato al delitto consumato, del ricorso alle presunzioni di reato, del cumulo delle sanzioni amministrative a quelle penali, ecc…
[1] Le modifiche portate dal d.l n. 124/2019 al d.lgs. n. 504/1995 (“Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative”, d’ora innanzi T.u.i.c.) sono molte, concentreremo però qui l’attenzione esclusivamente sulle modifiche afferenti al comparto penalistico del T.u.i.c. Il cd. “decreto fiscale” contiene ben 8 articoli (dal 5 al 12) che toccano più o meno direttamente il d.lgs. n. 504/1995: le due disposizioni del decreto che lo toccano in modo più rilevante sono l’art. 5 (Contrasto alle frodi in materia di accisa) e l’art. 7 (Contrasto alle frodi nel settore degli idrocarburi e di altri prodotti), entrambi toccano anche la materia penale, nei termini di seguito evidenziati nel testo. La legge di conversione, in G.U. Serie Generale n. 301, 24-12-2019, non ha apportato modifiche significative alle parti del cd. “decreto fiscale” qui commentate. Per un inquadramento della disciplina delle accise e imposte di consumo cfr. Alessi, Fabbricazione (imposte di), in Noviss. Dig. it., Torino, 1957, 1104, (in part. 1109); Id., Olii minerali e derivati petroliferi (diritto tributario), in Noviss. Dig. it., XI, Torino, 1965, 819; Bagnoli, Imposte di fabbricazione, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, 166; Bernardino, Consumo (imposta di), in Noviss. Dig. it., IV, Torino, 1957, 361; De Cicco-Cultrera, Accise, in Digesto comm., Agg., III, Torino, 2007, 5; Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2009, 871; Fiorenza, Attorno al presupposto dell’imposta sulla fabbricazione degli spiriti e agli effetti della “perdita” o “distruzione” del prodotto denaturato, in Giur. it., I, 1978, 2361; Id., Fabbricazione (imposte di), in Digesto comm., V, Torino, 1990, 301; Giacobelli-Saponaro, Consumo (imposte di), in Enc. Dir., IX, Milano, 1961, 552; Piccinino, Olii minerali e derivati petroliferi, in Noviss. Dig. it., XI, Torino, 1965, 818; Id., In tema di concorso e di assorbimento tra reati petroliferi, in Giur. di Merito, 1981, 1327; Rinaldi, Consumo (imposte di), in Enc. Giur., VII, Roma, 1988; Schiavolin, Accise, in Enc. Dir., Agg., IV, Milano, 2000, 24; Scuffi, Diritto doganale e delle accise: gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, in Fisco, 2008, I, 3381; Svizzeretto, Fabbricazione (imposte di), in Enc. Giur., XII, Roma, 1989.
[2] L’entrata in vigore di alcune delle modifiche qui commentate ricade nella regola “generale” prevista dall’art. 60, d.l. n. 124/2019, secondo cui il decreto entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione in G.U. (v. infra § 3), salvo quanto specificamente previsto da singole disposizioni del decreto medesimo; v. infra § 2. Per quanto attiene, invece, agli effetti del cd. “decreto fiscale” sul d.lgs. n. 74/2000, essi sono in vigore dalla data di entrata in vigore della legge di conversione; cfr. art. 39, comma 3, d.l. n. 124/2019; cfr., in questa Rivista, S. Finocchiaro, Le novità in materia di reati tributari e di responsabilità degli enti contenute nel c.d. decreto fiscale (d.l. n. 124/2019), 18 Novembre 2019; Id., In vigore la “riforma fiscale”: osservazioni a prima lettura della legge 157/2019 in materia di reati tributari, confisca allargata e responsabilità degli enti, ibid., 7 Gennaio 2020; A. Perini, Brevi note sui profili penali tributari del d.l. n. 124/2019 (decreto fiscale), ibid., 3 Dicembre 2019.
[3] L’imposta indiretta sugli oli lubrificanti non destinati a combustione o carburazione (artt. 61 e 62 T.u.i.c.), non è definita come accisa dalla legge, ma le disposizioni penali previste dagli artt. 40, 44 e 49 T.u.i.c. operano anche in riferimento ad essa (nonostante la rubrica dell’art. 40 T.u.i.c.), grazie al citato rinvio operato dall’art. 61 T.u.i.c., 4° comma, che rinvia agli artt. 40, 44 e alle «penalità previste dagli articoli da 45 a 51 per le fattispecie di violazioni riferibili anche ai prodotti del presente titolo III» e prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa nel caso in cui la sottrazione all’imposta sugli oli lubrificanti sia inferiore ai 100 chili. L’imposta sul consumo degli oli lubrificanti ha avuto una storia travagliata, essendo stata soppressa e successivamente reintrodotta, per approfondimenti, volendo, Donelli, op. cit., sez. II, § 4; Sorrentino-Pasca, Le accise. Prodotti energetici ed elettricità, Milano, 2008, 9 ss.; Birigazzi, L’imposta di consumo sugli oli lubrificanti alla luce di una importante pronuncia della Corte di giustizia UE: profili di illegittimità e problematiche applicative, in Dir. e prat. trib., 2009, 809; v. il documento di ricerca elaborato dall’Università Bocconi nel 2011 per Federchimica-Aispec-Gail Gruppo aziende industriali della lubrificazione, reperibile online, v. in part. 33; in giurisprudenza; cfr. Cass. pen. 8.5.2014, n. 40199, inedita; Cass. pen. 15.12.2015, n. 6706, inedita; v. però l’obiter dictum di Cass. pen., sez. III, 5.11.2014, n. 2454, inedita; v. anche Cass. pen., sez. III, 19.1.2016, n. 7548, inedita.; Cass., sez. III, 26.9.2018, n. 2842, inedita.
[4] La definizione di “prodotto energetico” si ritrova nell’art. 21 T.u.i.c., il quale reca un elenco di prodotti identificati secondo codici alfanumerici che, secondo quanto disposto dal 7° comma dell’art. 67 T.u.i.c., devono essere decifrati tramite il rinvio al Reg. n. 2031/2001 della Commissione Europea. I confini fra le accise in senso stretto e le altre imposte sui consumi sono, in alcuni casi, labili: v. ad es. i commi 2, 3, 5 dell’art. 21 T.u.i.c. prevedono norme di chiusura, che sottopongono ad accisa anche prodotti normalmente fuori campo laddove destinati a specifici usi (carburante per motori o additivo, come additivo per aumento del volume del carburante, combustibile per riscaldamento o produzione di energia elettrica).
[5] In particolare: 27101981 - Oli per motore, per compressori o per turbine; NC 27101983 - Oli idraulici; 27101985 - Oli bianchi; paraffina liquida 27101987 - Oli per cambi; 27101991 - Oli destinati alla lavorazione dei metalli; oli destinati alla protezione anticorrosiva; 27101993 - Oli per isolamenti elettrici; 27101999 - Altri oli lubrificanti ed altri. Il comma 7 dell’art. 7 bis prevede che l’articolo si applichi anche ai prodotti rientranti nel codice NC 3403 (che ricomprende altre preparazioni lubrificanti), qualora le stesse siano trasportate sfuse o in contenitori di capacità superiore a 20 litri. Infine, il comma 3 dell’art. 7, d.l.n. 124/2019 estende ulteriormente l’ambito applicativo dell’art. 7 bis anche a “prodotti, da individuare con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che, in relazione alle loro caratteristiche, possono essere destinati all’impiego come carburanti per motori, combustibili per riscaldamento ovvero come lubrificanti”.
[6] Il comma 2 del nuovo art. 7 bis stabilisce in capo a chi grava l’obbligo di richiedere tale documentazione e le modalità con le quali tale codice viene richiesto all’Agenzia (non prima delle 48 ore e comunque almeno 12 ore prima l’introduzione dei prodotti nel territorio nazionale). Per i prodotti provenienti da un altro Stato membro dell’Unione europea e destinati ad essere immessi in consumo nel territorio nazionale, la richiesta deve essere fatta dal soggetto che ne effettua la prima immissione in consumo; per i prodotti provenienti da un altro Stato membro dell’Unione europea e che non siano destinati ad essere immessi in consumo nel territorio nazionale, essa deve invece essere presentata dal mittente dei prodotti stessi.
[7] Il comma 4 dell’art. 7 bis d.lgs. n. 504/1995 disciplina l’obbligo di annotazione del codice sulla documentazione (prima dell’inizio della circolazione dei prodotti sul territorio nazionale) e il comma 6 delega a un decreto del Ministero l’individuazione delle modalità di attuazione delle disposizioni dell’art. 7 bis e anche di ulteriori elementi da riportare nella richiesta di cui al comma 2. Il comma 2 dell’art. 7, d.l. n. 124/2019 disciplina l’accessibilità dei dati relativi alla circolazione degli oli lubrificanti e degli altri prodotti disciplinati nell’art. 7 bis, da parte della Guardia di finanza al fine dello svolgimento dei controlli di competenza (delega il decreto del ministero appena visto all’art. 7 bis, comma 6). Il comma 4 dell’art. 7, d.l. n. 124/2019 prevede che il citato decreto del Ministero sia emanato entro novanta giorni dall’entrata in vigore del “decreto fiscale”.
[8] Recita il comma 5: “La circolazione nel territorio nazionale dei prodotti di cui al presente articolo si intende regolarmente conclusa con la comunicazione telematica all’Agenzia dogane e monopoli, dell’avvenuta presa in carico dei prodotti, che il soggetto di cui al comma 2, lettera a) invia entro le 24 ore successive alla medesima presa in carico presso il proprio deposito; per la fattispecie di cui al comma 2, lettera b) , la circolazione nel territorio nazionale dei prodotti di cui al presente articolo si intende regolarmente conclusa con la validazione del codice di cui al comma 1 da parte dell’Ufficio delle dogane di uscita, di cui al comma 3”.
[9] Cfr. Carrara, Lineamenti di pratica legislativa penale, Bologna, 2007, 341 (“Mai presunzioni di reità”) e 361 (“Mai presunzioni juris et de jure in penale”); v. anche Bricola, Dolus in re ipsa, Milano, 1960, in part. 180 ss.; v. anche Vogel, Los límites constitucionales a las presunciones del derecho penal económico alemán, in Arroyo Zapatero-Tiedemann (a cura di), Estudios de derecho penal económico, Cuenca, 1994, 43 ss. Il T.u.i.c. non è estraneo al ricorso alla tecnica della presunzione di reato, lo fa in alcuni casi addirittura esplicitamente, per approfondimenti, Nuvolone, Problemi di diritto materiale e processuale in tema di contrabbando, in Riv. it. dir. pen., 1939, 429; Id., Presunzioni legali e prova del contrabbando, in Riv. it. dir. pen., 1940, 85; Mangione, Per una nozione unitaria di “frode fiscale”, in Giur. it., 1974, 1551; Id., L’atto di accertamento tributario nel diritto penale, Padova, 1970, 266; Dalmasso di Garzegna, Presunzioni tributarie e reati fiscali, Roma-Milano, 1993; Adornato, Sugli atti idonei nel tentativo di contrabbando, in Riv. it. dir. pen., 1952, 360-361; Vinciguerra, I delitti doganali, Milano, 1963, 216 e 217; infine, volendo, Donelli, op. cit., sez. I, § 2 e sez. II, § 4; in giurisprudenza Cass. pen., sez. III, 14.6.2006, n. 31404, in CED, rv. 235749; V. Cass. pen., sez. IV, 15.11.2011, n. 46968, inedita; Cass. pen., sez. III, 14.1.2016, n. 6117.
[10] L’oggetto materiale è infatti individuato sia dal comma 1 dell’art. 7 bis T.u.i.c., che dal comma 7 del medesimo articolo, ma anche dall’art. 7, comma 3, del d.l. n. 124/2019, che delega al Ministero l’individuazione di altri prodotti cui estendere gli obblighi amministrativi di cui all’art. 7 bis, e dunque anche le sanzioni penali ad esse collegate, non solo, però, fra i prodotti destinati all’utilizzo come lubrificanti, ma anche a prodotti destinati all’impiego come carburanti per motori o combustibili per riscaldamento. La disposizione rischia qui di intersecarsi con il già citato art. 21 t.u.a., che, come detto, in presenza di tali destinazioni, sottopone ad accisa prodotti che sarebbero fuori campo.
[11] Con riferimento al piano delle falsità rilevanti per il nuovo art. 7 bis T.u.i.c., profili di difficoltà di coordinamento si possono immaginare sia con riferimento alle fattispecie codicistiche a tutela della fede pubblica, sia con riferimento all’art. 49 T.u.i.c. (che pure rientra nel rinvio di cui all’art. 61, comma 4, T.u.i.c., potendosi dunque applicare alle violazioni in materia di imposta di consumo) e che punisce, sebbene con la medesima forbice edittale di cui all’art. 40 T.u.i.c., le “irregolarità nella circolazione”.
[12] Cfr. S. Delsignore, Confisca, in C. Nocerino-S. Putinati (a cura di), La riforma dei reati tributari, Torino, 2015, p. 320.
[13] Cfr., ex multis, Cass. pen., sez. III, 13 luglio 2016, n. 42470; per un inquadramento delle problematiche connesse a questa disposizione, cfr. in R. Bricchetti-P. Veneziani, La confisca, in Idd. (a cura di), in F. Palazzo - C.E. Paliero (diretto da), Trattato teorico-pratico di diritto penale, Torino, 2017, p. 463 e ss.; S. Delsignore, op. ult. cit..; G. Varraso, La confisca (e il sequestro) e i nuovi reati tributari, in A. Giarda-A. Perini-G. Varraso (a cura di), Milano, 2016, p. 395 e ss.
[14] È appena il caso di segnalare che il diritto penale tributario “maggiore” è stato però spinto, dalla medesima riforma qui in commento, ancora più in là sul versante degli strumenti di contrasto di natura ablatoria, introducendo la cd. “confisca allargata” al nuovo art. 12 ter, d.lgs. n. 74/2000, su cui si rinvia ai contributi citati supra, alla nota 2.