Pubblichiamo in allegato gli atti del seminario "Tax compliance, responsabilità degli enti e reati tributari. Una riflessione alla luce della legge 157/2019", organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Luiss di Roma e dalla Luiss School of Law in data 15 maggio 2020.
Riportiamo di seguito l'elenco dei contributi, pubblicati nel fascicolo 7/2020 di questa Rivista, e una presentazione a cura del Prof. Antonio Gullo.
P. Severino, L’inserimento dei reati tributari nel d.lgs. 231/2001 tra osservazioni de iure condito e prospettive de iure condendo
L. Salvini, I reati tributari nel decreto 231/2001: una sfida per le imprese di ogni dimensione
M. Bellacosa, L’inserimento dei reati tributari nel “sistema 231”: dal rischio di bis in idem alla implementazione del modello organizzativo
R. Bartoli, Ancora sulle incongruenze della recente riforma in tema di reati tributari e responsabilità dell’ente
M. Ferrari, Nuova 231 e reati tributari: quale approccio per l’impresa?
C. Gaeta, Etica e responsabilità d’impresa in materia fiscale
N. de Renzis Sonnino, Prime brevi riflessioni sull’adeguamento dei modelli organizzativi conseguente all’inserimento dei reati tributari nel novero delle fattispecie di responsabilità ex d.lgs. n. 231/2001
F. D’Arcangelo, La responsabilità da reato degli enti per i delitti tributari: sintonie e distonie di sistema.
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L’introduzione dei reati tributari nel novero dei predicate crime della responsabilità dell’ente era ormai attesa da tempo e, ancora una volta, è stata l’Europa a indirizzare il nostro ordinamento verso questa strada. L’emanazione della Direttiva PIF ha infatti rappresentato la ragione per estendere il perimetro ‘231’ a una tipologia di reati – quali quelli qui in rilievo – indubbiamente espressivi della criminalità d’impresa[1].
Non che mancassero in precedenza segnali circa l’importanza di volgere l’attenzione al settore qui in esame nell’ambito della strategia di coinvolgimento della persona giuridica nel contrasto all’accumulazione di ricchezza illecita.
Valgano per tutti gli indirizzi applicativi maturati in tema di confisca diretta à la Gubert, chiaramente motivati dall’esigenza di attingere il profitto dei reati tributari presso l’ente[2], nonché quelli registratisi in materia di associazione per delinquere, come reato presupposto della responsabilità dell’ente, che hanno condotto – attraverso la problematica configurazione di un profitto autonomo derivante dall’associazione – ad attribuire nella sostanza rilevanza ai fini dell’applicazione dello strumentario sanzionatorio del decreto 231 anche ai reati tributari[3], allorché questi non figuravano ancora nel rispettivo catalogo chiuso di cui agli art. 24 ss. Infine, una anticipazione in qualche misura del rilievo delle fattispecie criminose qui in considerazione si era avuta con l’inserimento dell’autoriciclaggio nel corpo dell’art. 25-octies[4] che, in virtù della lettura estensiva della nozione di provento fatta propria dalla giurisprudenza e tale da includere al suo interno pure il mero risparmio d’imposta[5], ha finito con il rappresentare la prima porta d’ingresso dei reati tributari nel sistema 231.
Allo stesso modo, ben prima della recente riforma normativa, il settore tributario si era conquistato uno spazio sul terreno della compliance a carattere preventivo, grazie alla diffusione di meccanismi di collaborazione tra enti e Agenzia delle Entrate nel quadro del c.d. Tax Control Framework[6].
Insomma, vi erano tutte le premesse per il salto oggi compiuto dal legislatore e l’ingresso delle ipotesi in esame nella c.d. Parte speciale del decreto 231.
Che tuttavia si tratti di un trapianto indolore non sembra potersi affermare. Numerose sono difatti le questioni che il nuovo scenario normativo spalanca agli occhi dell’interprete[7].
Mi limito a qualche rapido cenno.
Un primo aspetto concerne, per così a dire monte, le scelte, in punto di fattispecie di reato, compiute dal legislatore: la selezione operata si mostrava problematica e lacunosa, e comunque non in linea con il dettato della Direttiva PIF[8]. Il risultato è pertanto quello di un cantiere aperto, tanto che, nell’ambito del decreto di attuazione della Direttiva medesima, approvato il 6 luglio 2020, è stato già previsto un ampliamento del catalogo dei reati tributari presupposto, ricomprendendovi i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, se commessi nel contesto di frodi internazionali.
Un secondo aspetto riguarda la coesistenza di multipli binari sanzionatori, acuita dall’inserimento delle figure in questione, con il rischio di replicare su questo fronte gli esiti problematici avutisi in materia di abusi di mercato[9].
Un terzo aspetto investe un tema a più ampio spettro e che oggi si rivela centrale nelle dinamiche di possibile riforma della disciplina di settore, ovverosia quello della premialità dell’ente. A fronte infatti di un ampio ventaglio di istituti a carattere deflattivo pensati per la persona fisica, non si ravvisano altrettanti strumenti sul versante dell’ente[10]. Tutto ciò accentuato dalla interpretazione offerta dalla giurisprudenza del principio di autonomia della responsabilità dell’ente di cui all’art. 8, che determina una generale incomunicabilità delle cause di non punibilità tra persona fisica ed ente.
Un ultimo aspetto riguarda infine il coordinamento tra gli strumenti prima evocati – integranti il c.d. Tax Control Framework – e i modelli di organizzazione, gestione e controllo della cui adozione adesso gli enti sono onerati.
Questi brevi schizzi introduttivi mi sembrano ben evidenziare la rilevanza dell’odierna riforma e al contempo l’opportunità di un confronto tra i diversi attori del sistema per iniziare a sciogliere i nodi sopra menzionati.
L’obiettivo del convegno di cui si raccolgono gli atti è per l’appunto quello di avviare una riflessione sulle dense implicazioni che la l. 157/2019 comporta.
L’idea è quella di realizzare uno scambio di saperi e di esperienze tra accademici, professionisti e magistrati al fine di interrogarsi sui profili problematici della riforma nonché, soprattutto, di individuare linee guida per le imprese chiamate ad aggiornare i modelli organizzativi con presidi idonei alla prevenzione delle fattispecie di cui all’art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231/2001.
Sotto quest’ultimo profilo, quello cioè di definire best practice che guidino le imprese nell’adeguamento dei compliance program al mutato assetto normativo, si conferma essenziale quel modello di cooperazione tra pubblico e privato, da tempo inaugurato nel settore del contrasto alla corruzione e che ha iniziato ad affermarsi anche in campo tributario. Ne è un chiaro esempio il più volte citato Tax Control Framework, espressivo proprio di quel rapporto tra l’Amministrazione Finanziaria e il contribuente “virtuoso” fondato sul binomio collaborazione/premialità. Alla sua base posso rinvenirsi linee guida per la costruzione, in base alle specificità della singola realtà aziendale, di un sistema per la gestione e il controllo del rischio fiscale, potendo pertanto esso rappresentare il punto di partenza per orientare i modelli organizzativi verso una efficace minimizzazione del rischio di commissione delle ipotesi di cui tratta.
Sembra dunque che la riforma di cui alla l. 157/2019 approdi su un terreno fertile nel quale risulta essere presente la cultura della compliance insieme alla consapevolezza dell’importanza e della fruttuosità della partnership pubblico-privato; peraltro, bisogna constatare come il legislatore tenda oramai con costanza a promuovere l’approccio proattivo delle imprese nella gestione dei diversi rischi con cui sono chiamate a confrontarsi, come dimostra, tra le altre, la recente riforma di cui al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza con l’introduzione dell’obbligo per l’imprenditore e per le società di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, così sancendo in maniera generalizzata la centralità del risk management.
I contributi qui pubblicati approfondiscono, con taglio e cadenze diverse, gli aspetti che qui ho potuto solo accennare, promuovendo altresì il dialogo tra esperti di diritto penale, di diritto tributario e di organizzazione d’impresa. Si tratta di un primo e importante momento di riflessione su quella che è stata definita una “rinnovata tax compliance”.
[1] Sul punto, anche per una compiuta analisi critica della riforma, v. R. Bartoli, Responsabilità degli enti e reati tributari: una riforma affètta da sistematica irragionevolezza, in Sist. pen., 3/2020, p. 225.
[2] Per una ricostruzione critica del percorso argomentativo della pronuncia, v. C.E. Paliero – F. Mucciarelli, Le Sezioni Unite e il profitto confiscabile: forzature semantiche e distorsioni ermeneutiche, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 4/2015, pp. 246 ss.
[3] Da ultimo, v. Cass. pen., Sez. III, 29 novembre 2019, n. 8785.
[4] Per un esame dell’orientamento giurisprudenziale che ammette la responsabilità dell’ente per autoriciclaggio anche in relazione a reati non inclusi nel catalogo 231, sia consentito rinviare a A. Gullo, La responsabilità dell’ente e il sistema dei delitti di riciclaggio, in A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, M. Papa (diretto da), Diritto penale dell’economia, t. II, Torino, 2019, pp. 3503 ss.
[5] Per una riflessione critica sulla ricostruzione sul punto sia consentito rinviare al nostro Autoriciclaggio e reati tributari, in Dir. pen. cont., 13 marzo 2018, p. 1 ss.
[6] In argomento, v. G.L. Gatta, I profili di responsabilità penale nell’esercizio della Corporate Tax Governance, in G. Marino (a cura di), Corporate Tax Governance. Il rischio fiscale nei modelli di gestione dell’impresa, Milano, 2018, pp. 113 ss.; G. Melis, Tax Compliance e sanzioni tributarie, in Rass. trib., 2017, pp. 751 ss.
[7] Per un’analisi di queste problematiche si veda anche E. Scaroina, Responsabilità degli enti e reati tributari, in Compliance 231, antimafia, anticorruzione e trasparenza, in Atti del Seminario Consorzio Integra, 25 maggio 2020, Bologna, 2020, pp. 57 ss.
[8] S. Finocchiaro, In vigore la “riforma fiscale”: osservazioni a prima lettura della legge 157/2019 in materia di reati tributari, confisca allargata e responsabilità degli enti, in Sist. pen., 7 gennaio 2020.
[9] Affronta le implicazioni del principio del ne bis in idem tanto nel settore degli abusi di mercato quanto in quello dei reati tributari A. Tripodi, Corte europea dei diritti dell’uomo e sistemi sanzionatori in materia di abusi di mercato e di violazioni tributarie: la quiete dopo la tempesta?, in Le Soc., 2018, pp. 80 ss.
[10] Ampiamente sull’opportunità di estendere all’ente alcuni istituti premiali previsti a favore della persona fisica, v. E. Scaroina, Prospettive di razionalizzazione della disciplina dell'oblazione nel sistema della responsabilità da reato degli enti tra premialità e non punibilità, in Sist. pen., 3 giugno 2020.