Cass. pen., sez. IV, 17 giugno 2024 (dep. 18 settembre 2024), n. 35016, pres. Piccialli, rel. Bruno e D’Andrea
1. La vicenda dei fatti di piazza San Carlo a Torino volge (quasi)[1] al termine. Con la presente decisione, la Corte di cassazione si è pronunciata sulla responsabilità penale ascritta agli organizzatori e ai gestori dello svolgimento[2] dell’evento tenutosi in città il 3 giugno 2017. Come noto, in occasione della proiezione della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid – che aveva portato circa 30.000 persone in piazza San Carlo – a seguito della condotta di taluni soggetti, utilizzo di spray urticante al fine di impossessarsi di beni altrui, si verificavano, a breve distanza di tempo, due tumulti tra la folla, che determinavano lo spostamento repentino di un significativo numero di persone. Da ciò derivava la morte di tre persone e il ferimento di molte altre.
Dopo la condanna definitiva[3] degli autori materiali delle condotte che avevano ingenerato il panico tra la gente e, dunque, la morte e le lesioni delle persone, si chiude altresì il secondo filone processuale riguardante gli addebiti concernenti le fasi di preparazione e gestione dell’evento.
Le contestazioni elevate nei confronti degli imputati sono numerosi e particolarmente articolate. Per la finalità di questo commento, si illustreranno i passaggi più interessanti dell’iter motivazionale in punto di ricostruzione degli elementi costitutivi della colpa, che ha portato il Collegio ad assumere un esito decisorio differenziato per le varie posizioni[4]. Gli argomenti tagliano in maniera trasversale i ricorsi presentati nell’interesse degli imputati. Non potendo descrivere in dettaglio le doglianze avanzate dalla difese, né tantomeno dare conto in maniera esaustiva di tutti i punti della sentenza, conviene ripercorrere l’impostazione generale della decisione alla luce della sequenza accertativa da adottare in caso di reati colposi a carattere omissivo: (i) presenza di una posizione di garanzia (infra, 3.); (ii) violazione di una regola cautelare e ascrizione del fatto verificatosi all’area di rischio che la regola mirava a prevenire[5]; (iii) prevedibilità (infra, 4.); ed (iv) evitabilità dell’evento, ossia nesso causale della colpa (infra, 5.). Non prima, però, di aver considerato le osservazioni della Corte in tema di cooperazione colposa ex art. 113 c.p.[6] (infra, 2.).
2. Muovendo dalle sollecitazioni difensive per cui non si sarebbe potuto imputare un addebito di cooperazione colposa per via dell’assenza di un “intreccio operativo” tra le condotte poste in essere nelle diverse fasi di preparazione della manifestazione (ideazione, organizzazione e gestione), la Suprema Corte ricorda anzitutto quale sia il discrimen tra concorso di cause indipendenti e cooperazione colposa. Se nella prima ipotesi «l’evento consegue al mero dipanarsi di azioni od omissioni indipendenti, non collegate da alcun vincolo soggettivo», nella cooperazione colposa viene invece in rilievo la «convergenza di una pluralità di volontà ed il soggetto agente ha la consapevolezza di contribuire con la propria condotta alla realizzazione di un evento che non è voluto»[7]. In particolare, qualora le condotte oggetto del concorso colposo vengano poste in essere in momenti temporalmente differenti, si parla di cooperazione c.d. diacronica, diversa da quella c.d. sincronica che si caratterizza invece per la contestualità dei comportamenti illeciti[8].
L’incedere argomentativo della sentenza muove poi in una duplice direzione. Da un lato, con specifico riferimento alle posizioni della sindaca e del capo gabinetto, i giudici di legittimità, valorizzando gli elementi fattuali della vicenda, escludono che nel caso di specie ricorra un’ipotesi di cooperazione diacronica. Ciò perché le condotte addebitate ai due imputati non erano circoscritte alla sola fase ideativa dell’evento, bensì anche a quella di organizzazione della manifestazione[9]. Dall’altro lato – e il passaggio risulta di maggiore interesse strettamente giuridico – la Corte si confronta con il più volte invocato principio di affidamento, in ragione del quale un soggetto può confidare che ciascuno agisca correttamente nel rispetto dei propri compiti. Principio, quest’ultimo, che non è tuttavia applicabile – si osserva nelle motivazioni – «allorché [come nel caso di specie] l’altrui condotta imprudente e negligente, non rispettosa delle regole precauzionali imposte, si innesti sull’inosservanza di una regola precauzionale proprio da parte di chi invoca il principio. In altri termini – proseguono i giudici – non può invocarsi legittimamente l’affidamento nel comportamento altrui quando colui che si affida si trovi in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri […] elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione»[10]. L’eventuale operare colposo del garante successivo non elide infatti la rilevanza penale del comportamento di quello precedente, a meno che non si dimostri l’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta.
3. Il fulcro della contestazione mossa agli imputati si radica nella colposa ponderazione dei rischi connessi alla manifestazione (tanto nella fase ideativa e organizzativa, quanto in quella gestionale) e, dunque, nel mancato impedimento dell’evento che si aveva l’obbligo giuridico di evitare (c.d. clausola di equivalenza ai sensi dell’art. 40, cpv. c.p.).
In questo senso, l’addebito di responsabilità si fonda, in primo luogo, sulla individuazione di una posizione di garanzia in capo agli imputati. Nella consapevolezza, ad ogni modo, che «la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell’evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso […]»[11].
In particolare, i giudici di legittimità rinvengono la posizione di garanzia sia in fonti di legge (così, ad esempio, per la sindaca, ai sensi degli artt. 50 e 54 del TUEL)[12], sia nell’esercizio di mere funzioni di fatto (è il caso della posizione del capo gabinetto)[13]. Con riguardo a quest’ultimo punto, la Corte osserva come «in base ad un generale principio valevole in tema di reati omissivi impropri, l’assunzione della posizione di garanzia non necessariamente deve discendere da una investitura formale, ma può anche derivare, come nel caso in esame, dall’esercizio di fatto di funzioni tipiche del garante con assunzione della gestione del rischio specifico da cui dipende l’evento dannoso e presa in carico del bene protetto»[14]. Ma non solo: i giudici specificano altresì che la nascita di una posizione di garanzia, rilevante ai sensi della clausola di equivalenza, potrebbe altresì derivare da «una precedente attività realizzata dal soggetto agente da cui sia scaturito un rischio per l’incolumità di una o più persone» (id est da una precedente attività pericolosa)[15]. Così argomentando, la Suprema Corte rileva come il capo gabinetto, «pur non essendo formalmente titolare di poteri decisionali, di fatto ha inciso sull’organizzazione della proiezione [rectius dell’evento]»[16], risultando pertanto evidente «un’assunzione di fatto della gestione del rischio inerente allo svolgimento della manifestazione»[17].
Tale constatazione costituisce allora la base argomentativa, invero non pacifica nella dottrina[18], per confermare la responsabilità colposa del capo gabinetto. E rappresenta, al contrario, lo spunto per annullare la sentenza in relazione alla posizione dell’allora presidente di Turismo Torino e Provincia (TTP)[19], la cui qualità di garante era stata ricavata dalla Corte di merito dal solo dato fattuale dell’accettazione dell’incarico di organizzare l’evento, in assenza di qualsivoglia altra circostanza idonea a dimostrare un effettivo coinvolgimento dell’imputato nella gestione dei preparativi della manifestazione[20]. In proposito, è solo il caso di notare come, diversamente dalle condotte addebitate alla sindaca e al capo gabinetto, la ricostruzione in forma omissiva del fatto contestato al presidente di TTP, e dunque il ricorso al concetto della posizione di garanzia, non sembra pienamente centrata rispetto al comportamento attivo cristallizzato nell’imputazione[21]. È la stessa Corte di legittimità, del resto, ad evidenziare che si tratti «evidentemente di una colpa generica di tipo commissivo connotata da imprudenza»[22], nei termini di «avere accettato un incarico che avrebbe dovuto declinare, essendo consapevole della impossibilità, per la brevità del tempo a disposizione e della scarsità dei mezzi finanziari, di garantire una organizzazione efficiente dell’evento»[23].
4. Definito il perimetro delle posizioni di garanzia, si può ora analizzare la sequenza accertativa dell’elemento soggettivo della colpa (in specie i parametri della prevedibilità ed evitabilità dell’evento).
Una volta richiamata la condivisibile impostazione per cui il giudice è mero fruitore di regole cautelari predeterminate e non produttore ex post delle stesse[24], il Collegio riscontra che, nel caso di specie, «la prevedibilità dell'evento debba essere rapportata non alla causa primigenia dello spostamento della folla – nella specie, diffusione dello spray urticante – ma alla conseguenza generatasi in seguito all'azione dolosa dei rapinatori (panico collettivo)»[25]. Per sostenere l’assunto, la Corte si serve degli argomenti enunciati da autorevoli precedenti in materia, laddove era stato affermato che «sotto il profilo causale la pur necessaria prevedibilità dell'evento non può riguardare la configurazione dello specifico fatto in tutte le sue più minute articolazioni, ma la classe di eventi in cui quello oggetto del processo si colloca (così, in motivazione, Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn)»[26]. In altre parole, il parametro dell’evitabilità non guarda alla manifestazione del fatto nel suo massimo dettaglio, ma deve preservare un «certo grado di categorialità»[27]. A voler sostenere la tesi che tende a riconoscere nel focus dell’evitabilità un elevato grado di dettaglio fattuale, osservano i giudici, qualsiasi evento potrebbe essere considerato imprevedibile.
Alla luce di tali principi – che riempiono il cono visuale della prevedibilità con la situazione di panico ingeneratasi nella folla, anziché con le condotte degli autori dei reati dolosi (la diffusione dello spray urticante) – l’organo giudicante, stanti le peculiarità dell’evento e del luogo prescelto per il suo svolgimento, ritiene che gli imputati potessero (rectius dovessero) prevedere il verificarsi di situazioni di pericolo durante lo svolgimento della manifestazione e che, in assenza delle necessarie precauzioni, da queste sarebbero potuti derivare gli eventi poi effettivamente concretizzatisi (plurime lesioni personali e morte di tre persone).
Inconferente poi la considerazione difensiva per cui nel procedimento penale che vedeva imputati gli autori delle condotte dolose, l’accertamento giudiziale aveva avuto ad oggetto l’utilizzo dello spray urticante e non, invece, il conseguente panico venutosi a creare nel pubblico[28]. Il procedimento riguardava fatti di reato differenti (in particolare omicidio preterintenzionale), addebitati a coloro i quali avevano spruzzato lo spray urticante per distogliere l’attenzione delle persone e appropriarsi, in questo modo, dei beni altrui; pertanto, «non possono sovrapporsi le ragioni dell’uno e dell’altro giudizio e neppure mutuarsi dalla prima sentenza elementi di valutazione»[29] utili a supportare, nel diverso caso della responsabilità degli organizzatori e gestori della manifestazione, la tesi dell’imprevedibilità dell’evento.
5. L’ultimo parametro al metro del quale deve essere valutata la sussistenza di un profilo colposo di responsabilità attiene all’evitabilità dell’evento, nel senso di verificare cosa sarebbe accaduto qualora il soggetto avesse posto in essere il comportamento conforme alla regola cautelare. Se l’evento si sarebbe verificato ugualmente, pur in presenza del comportamento alternativo lecito, allora la condotta dell’agente non potrà dirsi colposa. Un’indagine sull’evitabilità o meno dell’evento chiama evidentemente in causa la perimetrazione delle regole cautelari violate, nonché l’identificazione della condotta che avrebbe dovuto essere conforme alle prescrizioni. Per le finalità di questo commento, conviene attenzionare soltanto taluni fatti contestati, declinati dall’argomentare della Suprema Corte alla luce dell’elemento dell’evitabilità.
Con riferimento alle posizioni della sindaca e del capo gabinetto, suscitano interesse la scelta di organizzare l’evento in piazza San Carlo – rectius la ponderazione superficiale delle criticità per la sicurezza connesse alle caratteristiche architettoniche del luogo – e la mancata adozione della c.d. ordinanza antivetro, che avrebbe impedito (o comunque ridotto) l’accumulo di vetro al suolo, uno dei fattori principali, quest’ultimo, delle lesioni riportate da un elevato numero di persone. Relativamente alla posizione del vice comandante della polizia municipale, la violazione della regola cautelare è stata individuata nell’inefficace controllo sulla vendita abusiva di bevande in vetro, che avrebbe pertanto contribuito ad aumentare il pericolo per l’incolumità pubblica dovuto a una grande quantità di vetro al suolo.
Più nello specifico, il Collegio, concordemente alle osservazioni delle Corti di merito, ritiene – con riguardo alla scelta del luogo, nonché alla decisione di collocare soltanto un maxischermo anziché due – che «se lo spray fosse stato spruzzato in un luogo aperto, ad esempio un grande prato, o anche solo più aperto rispetto al cd. "Salotto di Torino", come in una delle piazze cittadine dotate di numerose vie di accesso distribuite lungo tutti i lati e facilmente raggiungibili da qualunque punto, l'evento non si sarebbe verificato o avrebbe avuto un impatto molto più contenuto. Ciò sia in quanto il cerchio formatosi a seguito dello spruzzo dello spray, pur causando un allontanamento a raggiera delle persone vicine, non avrebbe prodotto quell'effetto di compressione e la sensazione di angoscia che hanno contribuito non poco a scatenare il panico, sia in quanto una manifestazione organizzata in una piazza con numerose vie d'uscita avrebbe consentito alle persone in fuga di defluire dalle strade laterali anziché ammassarsi verso i portici alla vana ricerca di scampo»[30]. In termini logicamente analoghi, poi, l’adozione dell’ordinanza antivetro[31] (qui il comportamento alternativo lecito) «avrebbe potuto, se non scongiurare in toto l’evento, quanto meno attuenuarne le conseguenze verificatesi»[32].
Ricade infine nella sfera soggettiva colposa, declinata secondo il binomio prevedibilità-evitabilità, anche la condotta del vice comandante della polizia municipale, che si è inadeguatamente adoperato per gestire la vendita ambulante di bevande in vetro. Qualora l’imputato avesse tenuto il comportamento alternativo lecito – individuato dalla Corte nella migliore allocazione del personale per la gestione del compito (il soggetto avrebbe dovuto esigere l’intervento di più vigili urbani), nonché nell’adozione di provvedimenti maggiormente efficaci (finalizzati all’effettiva interruzione delle attività ambulanti e non alla mera applicazione di sanzioni amministrative) – si sarebbe accumulato meno vetro all’interno della piazza e, dunque, l’evento non si sarebbe verificato o comunque avrebbe avuto una portata lesiva ridotta. Il ragionamento è condivisibile in relazione al reato di lesioni personali, dato che, come pure rilevato dal Collegio, «rientra nelle massime di comune esperienza che il vetro, una volta frantumatosi, può facilmente cagionare lesioni alle persone in fuga»[33]. Sembra perdere di solidità argomentativa, invece, se rapportato ai decessi verificatisi[34]. Questi ultimi, infatti, paiono essere ragionevolmente collegati alla violazione delle cautele concernenti l’organizzazione in senso stretto dell’evento (la scelta del luogo e le modalità di allestimento della piazza), esulando invece dall’unica regola cautelare riferibile al vice comandante, ossia quella di non aver adempiuto correttamente al proprio dovere di inibire la vendita abusiva di bevande in vetro.
[1] La Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione assunta in relazione alla responsabilità del presidente di Turismo Torino e Provincia (ente organizzatore dell’evento) ed ha altresì annullato con rinvio, limitatamente ai motivi sulla quantificazione della pena, la pronuncia in merito alle posizioni dell’allora sindaca di Torino e del capo gabinetto.
[2] Nel procedimento penale risultavano imputati sia gli ideatori e organizzatori dell’evento (sindaca, capo gabinetto ed ente organizzatore), sia le persone deputate al controllo della sicurezza (Polizia di Stato, nella persona del primo dirigente Alberto Bonzano, e Polizia Municipale, nella persona del vice comandante Marco Sgarbi).
[3] Cass., sez. V, 21 gennaio 2022 (dep. 20 aprile 2022), n. 15269. Gli imputati vennero tutti condannati per i reati loro ascritti (furto con strappo e rapina, lesioni personali aggravate e omicidio preterintenzionale). Per un commento sulla citata sentenza, cfr. M. Nicolini, La Cassazione riafferma e sviluppa l’orientamento consolidato in tema di imputazione soggettiva dell’omicidio preterintenzionale, in questa Rivista, 4 maggio 2023; M.L. Mattheudakis, Ancora un’aberrazione applicativa dell’omicidio preterintenzionale, in Giur. it., 2022, 2226 ss. Sulla vicenda, a commento della sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione in sede cautelare (Cass., sez. V, 11 dicembre 2018 (dep. 26 marzo 2019), n. 13192), v. inoltre S. Zirulia, Morte per ‘effetto domino’ innescato dall’utilizzo di spray urticante: configurabile l’omicidio preterintenzionale c.d. aberrante? La Cassazione sui fatti di piazza San Carlo a Torino, in Dir. pen. cont., 15 aprile 2019.
[4] È stata annullata senza rinvio la decisione di condanna del primo dirigente della Polizia di Stato. È stata annullata con rinvio la decisione riguardante la responsabilità del presidente di Turismo Torino e Provincia. Sono stati invece rigettati i ricorsi, con conseguente conferma della responsabilità, del vice comandante della Polizia municipale, dell’allora sindaca di Torino e del capo gabinetto. Con riferimento a questi ultimi due imputati, la sentenza è stata nondimeno annullata con rinvio per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
[5] Per esigenze di trattazione sintetica della sentenza, il punto (ii) sarà affrontato congiuntamente agli altri punti individuati.
[6] In argomento, F. Consulich, Il concorso di persone nel reato colposo, Torino, 2023.
[7] Considerato in diritto, § 4.
[8] Per alcune notazioni sul concorso tra garanti in posizione diacronica, v. F. Consulich, Il concorso di persone, op. cit., 296 ss.
[9] Considerato in diritto, § 4. (con riferimento alla posizione della sindaca); § 10 relativamente alla posizione del capo gabinetto.
[10] Considerato in diritto, § 21.1., nonché § 4.1.
[11] Considerato in diritto, §§ 3. e 17. V. inoltre, in aggiunta alla sentenza richiamata nelle motivazioni Cass., sez. IV, 5 maggio 2021 (dep. 3 giugno 2021), n. 21554, Cass., sez. IV, 6 novembre 2009 (dep. 17 novembre 2009), n. 43966; Cass., sez. IV, 6 maggio 2015 (dep. 8 giugno 2015), n. 24462, con nota di M.C. Amoroso, La nozione di rischio nei reati colposi, in Cass. pen., 2016, 915 ss.; Cass., sez. IV, 20 giugno 2018 (dep. 13 luglio 2018), n. 32216.
[12] Considerato in diritto, § 3.1. Ai sensi dell’art. 54, co. 1 TUEL (Testo unico degli enti locali), il sindaco sovrintende «a) all'emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica; b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone preventivamente il prefetto».
[13] Considerato in diritto, § 9. Cass., sez. IV, 25 maggio 2022 (dep. 7 giugno 2022), n. 21869; Cass., sez. IV, 5 giugno 2019 (dep. 6 settembre 2019), n. 37224, cui adde, sempre in merito all’assunzione de facto di una posizione di garanzia, Cass., sez. I, 7 febbraio 2020 (dep. 6 marzo 2020), n. 9049, con nota di B. Fragasso, La Cassazione sul caso Vannini: i rapporti tra omicidio mediante omissione e omissione di soccorso aggravata dall’evento morte in un noto caso di cronaca, in questa Rivista, 13 Aprile 2020. In argomento, v. inoltre C. Piergallini, Il “caso Ciontoli/Vannini”: un enigma ermeneutico multichoice, in disCrimen, 25 giugno 2020, 11, nonché, in una prospettiva di riflessione più ampia, S. Prandi, Alla ricerca del fondamento: posizioni di garanzia fattuali tra vecchie e nuove perplessità, in Dir. pen. proc., 2021, 654 ss.
[14] Considerato in diritto, § 9.
[15] Considerato in diritto, § 3.
[16] Considerato in diritto, § 9.
[17] Ibidem.
[18] Si evidenziano le criticità in punto di rispetto del principio di legalità. Nella manualistica, G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2024, 294. M. Pelissero, Reati omissivi, in Manuale di diritto penale. Parte generale, a cura di C.F. Grosso, M. Pelissero, D. Petrini, P. Pisa, Milano, 2023, 249.
[19] Ente organizzatore dell’evento.
[20] Considerato in diritto, § 14.1.
[21] Ad esempio, relativamente alla condotta asseritamente di colposa di aver scelto piazza San Carlo per la proiezione della partita, i giudici scrivono che «il punto focale delle argomentazioni poste a fondamento dell'affermazione di responsabilità della Sindaca e del Capo di Gabinetto riguarda non tanto la scelta di Piazza San Carlo quale sede destinata allo svolgimento della manifestazione, quanto la mancata ponderazione dei rischi collegati ad una simile opzione in relazione alle caratteristiche strutturali della piazza (luogo confinato, perimetrato da lunghi porticati con scarse vie di fuga) e la mancata adozione, rispetto a tale scelta, di cautele in grado di garantire la sicura e agevole evacuazione di migliaia di spettatori in caso di necessità» (Considerato in diritto, § 9.2.).
[22] Considerato in diritto, § 13.
[23] Ibidem.
[24] Cass., sez. IV, 23 maggio 2013 (dep. 5 settembre 2013), n. 36400, richiamata nelle motivazioni, cui adde Cass., S.U., 24 aprile 2014 (dep. 18 settembre 2014), n. 38343, resa, come noto, nella vicenda ThyssenKrupp. In dottrina, D. Micheletti, La responsabilità penale del medico tra colpa generica e specifica, in disCrimen, 8 maggio 2019, 14 ss.; C. Piergallini, voce Colpa (diritto penale), in Enc. dir., Milano, 2017, 237.
[25] Considerato in diritto, § 3.1.
[26] Considerato in diritto, § 3.2.
[27] Ibidem.
[28] Ibidem.
[29] Ibidem.
[30] Considerato in diritto, § 5.1., nonché § 9.2.
[31] La mancata adozione del provvedimento è stata contestata alla sindaca nelle forme della colpa specifica, per violazione delle prescrizioni dettate dall’art. 54, co. 4 TUEL, mentre in termini di colpa generica al capo gabinetto, per non aver sollecitato la sindaca ad adottare l’ordinanza.
[32] Considerato in diritto, § 6.
[33] Considerato in diritto, § 17.
[34] Considerato in diritto, § 20.2., laddove la Suprema Corte afferma: «Allo stesso modo, gli avvenuti decessi, conseguenti ai massivi spostamenti di folla derivati dall'avvenuta diffusione dello spray urticante, non possono essere considerati eventi del tutto autonomi e indipendenti dall'eccessiva presenza di vetri sui luoghi, avendo lo scoppio delle bottiglie e l'impossibilità di raggiungere in modo semplice una via di fuga, senza ferirsi sui vetri rotti, rappresentato fattori concausali rilevanti e decisivi ai fini della diffusione del panico tra la gente, con la conseguente morte delle due vittime, riconducibile allo spostamento in massa della folla».