Pubblichiamo di seguito la prefazione alla II edizione di G. Canzio, L. Lupária Donati (a cura di), Prova scientifica e processo penale, II ed., 2022
1. – Non si può certo affermare che il rapporto tra sapere scientifico e giustizia penale non sia stato largamente esplorato nel corso degli ultimi decenni. Troppo evidente è apparso il fenomeno di contaminazione (e talora di squadernamento) delle classiche categorie dogmatiche perché la letteratura italiana potesse esimersi dall’indagarne i profili sul crinale del diritto sostantivo e processuale. Al contempo, in un’ottica più operativa, non sono mancati contributi volti ad esaminare le singole discipline tecniche che gradualmente si sono affacciate alla soglia dei nostri Tribunali proponendosi quale nuovo dispositivo di accertamento giudiziale.
Eppure, nonostante la presenza di un composito quadro di osservazioni empiriche e di studi speculativi, è sembrato fruttuoso, con il presente Trattato, giunto alla sua seconda edizione, tentare un’opera ricostruttiva ad ampio spettro capace di abbracciare, sotto la lente focale del processo criminale, la gran parte delle problematiche che l’impiego della prova scientifica è in grado di sollevare nell’amministrazione della giustizia penale. Un inedito approccio globale, multidisciplinare e comparativo che mira, almeno nelle intenzioni dei due curatori, tanto a saggiare l’impatto della scientific evidence lungo le differenti fasi processuali, quanto ad esaminare le trasformazioni che vanno manifestandosi sul terreno dei principi generali e dei pilastri teorici che tradizionalmente sorreggono il rito penale.
2. – In una prospettiva metodologica, il Volume prende avvio da un approfondimento sul tema forse più spinoso (e spesso oggetto di perniciosa sottovalutazione) fra quelli che sottendono la relazione intercorrente tra evidenza scientifica e decisione giudiziale. Il riferimento va al ruolo della logica probabilistica nello statuto epistemico del processo penale e nel concreto agire valutativo di chi viene chiamato all’apprezzamento della scienza forense nelle aule di giustizia. È sembrato in sostanza imprescindibile porre alle fondamenta del lavoro una compiuta riflessione sui paradigmi cognitivi e sui modelli inferenziali – anche bayesiani – alla luce del nostro diritto delle prove penali, della regola dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» e della complessiva tavola dei valori del sistema costituzionale e processuale.
Sempre seguendo il piano inclinato delle premesse maggiori indispensabili per una corretta analisi della tematica, la prima parte dell’Opera concentra l’attenzione sulle implicazioni penalistiche di natura sostanziale sottese all’impiego della prova scientifica, a partire dagli innegabili punti di contatto tra diritto e processo intercorrenti, ad esempio, nella dimostrazione del nesso causale. L’ultima, ma non meno importante, coordinata messa a fuoco si ricollega alla dimensione sovranazionale. La triade scienza, tecnologia e processo risulta spesso al centro della riflessione delle Corti europee e dell’attività normativa della Unione: tenere a mente gli approdi raggiunti a Strasburgo e le sfide attuali della giustizia continentale – tra circolazione probatoria e pubblico ministero europeo – appare il presupposto necessario per un serio e concreto ragionamento sulla prova scientifica nel nostro ordine giuridico.
3. – La seconda parte del libro costituisce invero il cuore del Trattato, rivolta com’è a scandagliare le differenti fasi del procedimento probatorio e i diversi stadi del giudizio penale. Vengono allora prima affrontati i criteri di ammissione delle evidenze tecnico-scientifiche, sotto il duplice angolo visuale degli statuti interni e degli standard anglo-americani che tanta influenza continuano ad imprimere nella risoluzione dei nodi ermeneutici nostrani. Si passa poi al momento della assunzione probatoria, approfondito per il tramite dello studio sia degli istituti della consulenza e della perizia, sia del perimetro operativo affidato alla difesa (del prevenuto o della vittima) dalle norme codicistiche, sia, infine, del metodo del controesame applicato alla escussione dell’expert witness.
Alla valutazione della prova scientifica si è inteso poi assegnare uno spazio privilegiato, in considerazione della centralità che il principio del libero convincimento e la regola del ragionevole dubbio ricoprono nell’odierno sistema di giustizia penale: qui la visuale storica si mescola con le più recenti linee evolutive, alla ricerca di un equilibrio tra i naturalia del processo e le nuove frontiere che sembrano dischiudersi, secondo una cifra stilistica che si ritrova spesso nelle pagine del volume. E accanto al contesto valutativo, si è ritenuto opportuno dedicare un distinto capitolo alle regole di esclusione della prova scientifica, così da sciogliere i principali dubbi interpretativi sui profili di invalidità e sulla sottile linea di confine che separa i canoni che guidano l’apprezzamento e le barriere che conducono alla inutilizzabilità del dato conoscitivo.
I limiti e le potenzialità della prova scientifica vengono, al termine della seconda sezione dell’Opera, rapportati alla gradazione dinamica del rito. In questa porzione del testo, infatti, il sapere empirico si misura con un processo d’appello in piena trasformazione (sotto le spinte delle riforme legislative e delle istanze giurisprudenziali in materia di rinnovazione istruttoria) e con un giudizio di legittimità chiamato a un sindacato che investe – in un intreccio alquanto articolato – metodo scientifico, logicità della argomentazione e ragionevole dubbio. Non poteva infine mancare un approfondimento sul binomio prova scientifica ed errore giudiziario, condotto, in chiave interna, attraverso la rilettura della revisione del giudicato alla luce del riformato concetto di novità della prova o del metodo e, in angolatura comparata, per il tramite di una panoramica su alcuni lineamenti della esperienza nord-americana in tema di wrongful conviction e scientific evidence.
4. – La terza parte del Trattato offre invece una rassegna di singole prove scientifiche su cui testare gli esiti ricostruttivi dei capitoli che precedono e, ove possibile, verificare gli esiti dei più recenti orientamenti giurisprudenziali. Si è imposta in questo caso una scelta orientata a restringere il campo: impraticabile (e poco serio) sarebbe stato proporre un catalogo asseritamente esaustivo, in considerazione dell’ampia gamma fenomenica e di una parabola evolutiva in costante movimento.
L’opzione da prescegliere è sembrata quella di un approccio per così dire “a campione” che si riassume nella presentazione di alcune prove
di risalente utilizzo (balistica e patologia forense), di qualche metodologia di recente e assai discusso ingresso nella dimensione processuale (neuroscienze, esame del comportamento non verbale, analisi delle tracce ematiche), di due approcci probatori multifattoriali (in materia di disastri naturali e, per altro verso, di capacità processuale dell’imputato)
e, soprattutto, delle evidenze scientifiche probabilmente di maggior ricorsività e interesse nelle attuali dinamiche giudiziali (prova genetica e digital evidence).
Appare quasi superfluo rimarcare come proprio nel settore del Dna e della prova informatica si stiano sviluppando indirizzi interpretativi di estremo rilievo, idonei a rappresentare una sorta di “nocciolo duro” dei principi in materia di prova scientifica, astrattamente estensibili ad altri ambiti, a partire dagli effetti della c.d. “interruzione” della catena di custodia sino ad arrivare alle conseguenze del mancato impiego delle best practices internazionali, passando per la rilettura del concetto di irripetibilità e – in un ancor più vasto respiro – della distinzione teorica tra indizio e prova. Dalla applicazione concreta, insomma, finiscono col riemergere i grandi temi della logica probatoria e gli interrogativi da sempre sullo sfondo del paradigma processuale.
L’ultima parte di questa rinnovata edizione dell’Opera viene dedicata all’ingresso dell’intelligenza artificiale nelle aule di giustizia. È sembrato quanto mai opportuno porre al centro del dibattito una trasformazione in atto (e dai profili ancora futuribili) che chiama interpreti e pratici a un ripensamento profondo dell’insieme degli equilibri che tradizionalmente reggono l’archetipo giudiziario criminale.
5. – Un ringraziamento meritano infine tutti coloro che hanno preso parte al progetto. Docenti universitari, giudici di legittimità, magistrati, pubblici ministeri, avvocati e studiosi stranieri che con entusiasmo hanno abbracciato l’iniziativa concepita dal Presidente Canzio e dallo scrivente. Tra questi, un cenno particolare va ad Armando Macrillò che ha contribuito fattivamente alla realizzazione del piano di lavoro.
In conclusione, vale forse la pena di ricordare, con un vecchio adagio, che ognuno e ogni cosa possiede i difetti dei propri pregi. Siamo quindi consapevoli che l’ampiezza di orizzonte che ha costituito l’idea fondante di questo progetto editoriale racchiude in sé il suo stesso limite. Al lettore spetta il giudizio finale su questo nostro tentativo di comporre un mosaico teorico a partire da tasselli multiformi e in continua rimodulazione, senza temere la inevitabile provvisorietà di molti degli approdi raggiunti.