Trib. Cassino, ord. 14 luglio 2025, giud. Gioia
Segnaliamo ai lettori l’ordinanza del 14 luglio 2025 con la quale il Tribunale monocratico di Cassino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis, comma 3, n. 3), c.p., «nella parte in cui prevede che l’offesa non possa essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per il delitto, consumato o tentato, previsto dall’art. 629 co. 1 c.p. e non limita, al pari di quanto avviene per il delitto di cui all’art. 628, co. 3, c.p., l’esclusione all’ipotesi aggravata di cui all’art. 629, co. 2, c.p.».
Il rimettente si trovava a giudicare una vicenda di estorsione tentata realizzata mediante la minaccia di un male ingiusto consistente nell’esercizio di un’azione legale per ottenere compensi non spettanti e nella presentazione di una denuncia per fatti non veritieri; pur ritenendo il fatto caratterizzato da «un’offesa che può essere valutata come particolarmente tenue rispetto ai beni giuridici tutelati» e da «modalità di aggressione portatrice di un altrettanto tenue disvalore di azione», il giudice rileva come l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. risulti impedita dalla previsione di cui al terzo comma, n. 3), della disposizione, la quale esclude l’operare della causa di non punibilità per il delitto, consumato o tentato di estorsione.
Il Tribunale evidenzia in particolare la diversità di trattamento rispetto al contiguo delitto di rapina, per il quale l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p. è invece esclusa soltanto in relazione alle ipotesi aggravate di cui all’art. 628, comma 3, c.p.; una disparità che risulterebbe in primis irragionevole alla luce della «analoga struttura e disciplina delle fattispecie di rapina ed estorsione non aggravate e [del]la loro eguale attitudine a ricomprendere fatti espressivi di un disvalore d’evento e d’azione particolarmente tenue», secondo quanto già messo in luce dalle recenti pronunce costituzionali n. 120 del 2023 e n. 86 del 2024, ampiamente richiamate dal giudice a quo.
La norma censurata, secondo il Tribunale, sarebbe in contrasto anche con i principi della personalità della responsabilità penale e del finalismo rieducativo di cui all’art. 27, commi 1 e 3, Cost., posto che – da un lato – la preclusione prevista per il delitto di estorsione «si traduce in un automatismo sanzionatorio privo di fondamento sia sotto il profilo razionale sia sotto il profilo empirico-fattuale», e – dall’altro – «l’applicazione di una pena per un fatto dotato di scarsissima offensività e di altrettanto tenue disvalore d’azione non può che risultare contrastante con la finalità rieducativa della pena».
(Emmanuele Penco)