C. cost. 21 giugno 2023 (dep. 11 luglio 2023), n. 141, Pres. Sciarra, Red. Viganò
*Contributo pubblicato nel fascicolo 1/2024.
1. Con la sent. n. 141/2023, la Corte costituzionale si è nuovamente pronunciata nel senso dell’illegittimità del meccanismo c.d. di “blindatura” delle circostanze aggravanti privilegiate previsto dall’art. 69, c. 4 c.p., per contrasto con i principi di eguaglianza e di proporzionalità tra reato e pena espressi, rispettivamente, dagli artt. 3 e 27, c. 3 Cost. Ad avviso della Consulta, il richiamato congegno normativo – impedendo al giudice di dichiarare la prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 62, c. 1, n. 4 c.p. sulla recidiva ex art. 99, c. 4 – non gli consente di ridurre la misura della pena al di sotto del minimo edittale (generalmente elevato) previsto per i reati contro il patrimonio, così costringendolo a infliggere una pena sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità del reato commesso.
2. I fatti oggetto del procedimento a quo riguardano A.U., il quale aveva costretto – mediante minacce consistite nelle frasi «se non mi date dieci euro torno con la pistola» e «ti spacco la testa» – due dipendenti di un supermercato a consegnargli la somma di 10 euro. A carico di A.U., rinviato a giudizio per il delitto di rapina previsto dall’art. 628, c. 1 c.p., il G.U.P. giudicava corretto applicare tanto l’aggravante della recidiva reiterata e infraquinquennale di cui all’art. 99, c. 4 c.p., quanto l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità ex art. 62, c. 1, n. 4 c.p., che il rimettente riteneva applicabile – «per costante giurisprudenza di legittimità»[1] – anche ai delitti plurioffensivi come la rapina, purché comunque lesivi del patrimonio. Il giudice procedente riteneva corretto dichiarare la prevalenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, in modo da applicare un trattamento sanzionatorio inferiore al minimo edittale previsto per la rapina (5 anni) che, nel caso concreto, avrebbe rappresentato una pena sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità della condotta realizzata. Il giudice a quo puntualizzava di non poter conseguire il medesimo risultato – “abbattimento” della pena al di sotto del minimo edittale – escludendo l’applicazione della recidiva, i cui presupposti risultavano, invece, sussistenti, date le plurime condanne per reati gravi riportate dall’imputato, che il giudice riteneva sintomatiche di pericolosità sociale: seguire un procedimento di quel tipo avrebbe rappresentato, infatti, un’elusione del disposto dell’art. 69, u.c. c.p. Tale ultima disposizione precludeva al giudice la dichiarazione di prevalenza dell’attenuante ritenuta sussistente sulla recidiva e quindi impediva la diminuzione della pena al di sotto della soglia dei 5 anni prevista come minimo edittale; il giudice la riteneva perciò illegittima per contrasto col principio di proporzionalità tra reato e pena ricavabile dall’art. 27, c. 3 Cost. e con quello di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nella parte in cui non consentiva una dichiarazione di prevalenza dell’attenuante di cui all’art. 62, c. 1, n. 4 sulla recidiva di cui all’art. 99, c. 4, in quanto comportava l’inflizione di una sanzione sproporzionata per eccesso rispetto a un comportamento che – pur integrando il delitto previsto dall’art. 628 c.p., fattispecie ad ampio spettro il cui perimetro applicativo è suscettibile di includere «situazioni concrete anche molto dissimili in termini di offensività» – in concreto aveva avuto uno scarsissimo impatto lesivo.
3. Espressamente richiamando la recente sentenza n. 94 del 2023[2], la Corte ricorda, innanzitutto, come le dichiarazioni di illegittimità costituzionale che hanno avuto ad oggetto l’u.c. dell’art. 69 si siano mosse lungo una «triplice direttrice», riconducibile a un principio comune: quello di proporzionalità tra gravità del reato e afflittività della sanzione, che impedisce di attribuire alle componenti soggettive un peso soverchiante la gravità obiettiva delle condotte in concreto tenute.
4. Il medesimo principio entra in gioco anche nel caso concreto portato all’esame della Corte e conduce all’accoglimento della questione. La Consulta, infatti, osserva che i reati contro il patrimonio – tra i quali rientrano la rapina e l’estorsione – si caratterizzano per una cornice edittale estremamente severa, anche se confrontata con quella prevista per i reati contro la persona; d’altro canto, tali fattispecie sono suscettibili di essere integrate da condotte anche molto diverse tra loro: per le meno gravi tra queste, il minimo di pena previsto appare, spesso, sproporzionato per eccesso. Emblematica in questo senso la stessa fattispecie di rapina integrata nel caso oggetto del procedimento a quo: il minimo di pena previsto per quel reato (5 anni) appare manifestamente sovrabbondante rispetto a comportamenti che, come quello tenuto da A.U., si connotano per l’esiguità del danno cagionato al patrimonio della vittima (10 euro) nonché per lo scarso disvalore della condotta serbata (nel caso di specie, consistita in semplici minacce verbali). Le attenuanti – e, in particolare, l’attenuante di cui all’art. 62, c. 1, n. 4 c.p., sintomatica di un ridotto disvalore del reato offensivo del patrimonio – svolgono, così, una funzione «calmierante», consentendo al giudice di adeguare la pena alla gravità del comportamento serbato. Tale funzione è impedita dal meccanismo previsto dall’art. 69, c. 4, il quale vieta al giudice di ridurre la pena per effetto delle suddette attenuanti ogniqualvolta ritenga sussistente l’aggravante della recidiva reiterata. La disposizione che tale meccanismo prevede – l’art. 69, c. 4 c.p. – deve dunque essere dichiarata incostituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 27, c. 3 Cost., nella parte in cui non consente al giudice di ritenere l’attenuante di cui all’art. 62, c. 1, n. 4 c.p., prevalente sulla recidiva ex 99, c. 4 c.p., in quanto impone al giudice l’inflizione di una sanzione manifestamente sproporzionata per eccesso rispetto alla gravità del fatto di reato commesso.
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5. La sentenza della Corte costituzionale qui ripercorsa si pone in linea di continuità con la di poco precedente sentenza n. 94/2023, al cui commento rinviamo[3]. Ci sembra però di poter cogliere l’occasione per notare come il numero elevato di pronunce – anche recentissime – di accoglimento di questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto il meccanismo di “blindatura” della recidiva reiterata descritto dall’u.c. dell’art. 69 c.p., con le quali lo spazio applicativo della citata disposizione è stato progressivamente eroso, indizi sempre di più di incostituzionalità il complessivo funzionamento di tale meccanismo. Sempre più frequente è, infatti, il riconoscimento, da parte della Corte costituzionale – sebbene in relazione a specifiche circostanze attenuanti – della frizione con i principi costituzionali di tale disposizione che, limitando la discrezionalità giudiziale e quindi irrigidendo il processo di individualizzazione della sanzione, è suscettibile di condurre – a quanto pare, in un elevato numero di casi – all’inflizione di pene inadeguate al caso concreto in quanto sproporzionate per eccesso per effetto della «abnorme enfatizzazione»[4] delle componenti personologiche sugli elementi attinenti alla gravità della condotta e dell’evento nonché alla personalità del suo autore. Sono forse maturi i tempi per una rivalutazione in chiave critica del meccanismo c.d. di “blindatura” descritto dall’art. 69, c. 4 c.p. in sé considerato, e non solo del suo concreto funzionamento in relazione a specifiche ipotesi di reato o a specifiche circostanze attenuanti concorrenti con la recidiva.
[1] L’applicabilità dell’attenuante della “speciale tenuità” a fatti che non offendono (solo) il patrimonio è stata, in effetti, sancita da Cass., Sez. un., sent. 30 gennaio 2020 (dep. 2 settembre 2020), n. 24990, Pres. Carcano, Est. Mogini, imp. Dabo, con nota di P. Bernardoni, Per le Sezioni Unite il lucro “di speciale tenuità” è compatibile con lo spaccio di stupefacenti “di lieve entità”, in questa Rivista, 24 settembre 2020.
[2] Corte cost., 18 aprile 2023 (dep. 12 maggio 2023), n. 94, Pres. Sciarra, Red. Amoroso, con nota di C. Pagella, La Corte costituzionale sull’art. 69, c. 4 c.p.: illegittimo il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva reiterata nel caso di delitti per i quali è previsto l’ergastolo, in questa Rivista, 19 dicembre 2023.
[3] Corte cost., 18 aprile 2023 (dep. 12 maggio 2023), n. 94, Pres. Sciarra, Red. Amoroso, con nota di C. Pagella, La Corte costituzionale sull’art. 69, c. 4 c.p., cit., alla quale si rinvia per alcune osservazioni e per la bibliografia.
[4] Così Corte cost., 5 novembre 2012 (dep. 15 novembre 2012), n. 251.