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08 Ottobre 2021


La decretazione d’urgenza del Governo in materia di tabulati telefonici: breve commento a prima lettura del d.l. 30 settembre 2021, n. 132


Per leggere il testo del decreto-legge, clicca qui.

 

1. La sentenza della Corte di giustizia del 2 marzo 2021. – La tematica relativa alla conservazione ed acquisizione dei cd. dati esteriori delle comunicazioni è tornata al centro di un vivace dibattito – sul versante penal-processuale – a seguito del noto, recente arresto della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, con la sentenza H.K. del 2 marzo 2021[1], si è espressa a seguito di un rinvio pregiudiziale della Corte Suprema estone in merito alla compatibilità eurounitaria della normativa nazionale in materia di data retention.

Con tale ultima pronuncia, in particolare, i giudici di Lussemburgo hanno avuto modo di chiarire come una corretta interpretazione dell’art. 15, par. 1, della direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali, consenta agli Stati membri: a) di predisporre una disciplina nazionale volta ad acquisire i metadati di traffico telefonico per finalità di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento solo delle «forme gravi di criminalità»; b) di attribuire il potere di acquisizione di tali informazioni esclusivamente in capo ad un «giudice ovvero un’autorità amministrativa indipendente» che non può mai essere identificata nell’organo d’accusa, qualora quest’ultimo sia titolare del potere di dirigere le indagini istruttorie ed esercitare, eventualmente, l’azione penale nel procedimento successivamente instauratosi.

La pronuncia, com’è evidente, costituisce solo l’ultimo tassello di un complesso percorso ermeneutico fatto proprio dalla Corte europea e che ha visto quale momento fondamentale la dichiarazione d’invalidità della direttiva 2006/24/CE (cd. direttiva Frattini) ad opera della sentenza Digital Rights Ireland[2]. In quella sede, come si ricorderà, le ragioni dell’illegittimità della normativa comunitaria sono state individuate, essenzialmente, nella violazione del principio di proporzionalità e stretta necessità, preso atto proprio dell’assenza di una previsione che indicasse criteri oggettivi idonei a limitare l’ingerenza nel diritto alla riservatezza dei singoli cittadini.

Nel solco tracciato da quest’ultima sentenza, peraltro, si è inserito l’altrettanto noto arresto del 2016 (caso Tele2[3]), nel quale i giudici sovranazionali hanno precisato come l’elevata capacità intrusiva del mezzo di ricerca della prova in esame (cd. tabulato telefonico) possa consentire una limitazione dei diritti tutelati agli artt. 7, 8 e 11 della direttiva 2002/58/CE, nonché dell’art. 52, par. 1 della Carta di Nizza, solo qualora risulti circoscritta al contrasto contro le «forme gravi di criminalità», previo controllo da parte di un «giudice ovvero un’autorità amministrativa indipendente».

 

2. L’inevitabile contrasto nella giurisprudenza di merito italiana. – Pur se riferite ad uno Stato membro nel quale l’organo d’accusa è «soggetto alla sfera di competenza del Ministero della Giustizia»[4], le dirompenti affermazioni contenute nell’ultimo arresto dei giudici europei hanno fatto breccia anche nell’ordinamento italiano nonostante la giurisprudenza di legittimità, sino a tale momento, fosse granitica nell’escludere qualsiasi profilo di frizione con la normativa eurounitaria[5].

Invero, la dottrina più accorta, sin dalle prime pronunce sovranazionali, aveva messo in luce il contrasto tra l’interpretazione adottata dai giudici di Lussemburgo e la normativa italiana in materia di data retention[6]. L’art. 132, cod. priv., infatti, attribuiva al pubblico ministero, con decreto motivato, il potere di acquisire direttamente i tabulati telefonici presso i fornitori di servizi di comunicazione per la repressione di una qualunque fattispecie di reato astrattamente ipotizzata, senza limitare l’accesso a tali informazioni alle sole «forme gravi di criminalità».

Da questo angolo di visuale, pertanto, si potrebbe essere portati e ritenere che le affermazioni contenute nella sentenza H.K. abbiano sostanzialmente contribuito ad acutizzare quelle evidenti difformità delle quali i commentatori avevano già dato conto.

Sennonché, una simile lettura, a ben considerare, parrebbe eccessivamente riduttiva.

Con riguardo al profilo statico della normativa, in particolare, è certamente condividibile l’assunto di quell’autorevole dottrina che ha messo in risalto come l’assetto delineato dal pronunciamento del 2 marzo 2021 non possa essere declinato «in termini di una impostazione inedita» poiché, come detto,  gli stessi giudici europei avevano più volte «richiesto che le intrusioni significative nella sfera privata [fossero] regolate da norme di legge, di modo che l'acquisizione [dei dati personali] per fini di prevenzione o di accertamento processuale [fosse] circoscritta al ricorrere di reati sufficientemente gravi»[7].

Per quanto attiene al versante dinamico, viceversa, non può non apparire evidente come l’esegesi offerta circa l’espressione «giudice ovvero autorità amministrativa indipendente» abbia prodotto un quadro di generale instabilità interpretativa nell’ordinamento italiano.

Al riguardo, si è già avuto modo di dare conto in questa Rivista[8] di alcuni provvedimenti adottati dai giudici di merito che, pur con argomentazioni differenti, sono stati chiamati a confrontarsi con l’innovativa esegesi proposta dalla Corte di giustizia.

Il dibattito che ne è scaturito ha riguardato, in sintesi, due questioni strettamente interconnesse tra loro.

Anzitutto, ci si è interrogati circa la diretta applicabilità nell’ordinamento nostrano dei principi enucleati dalla sentenza H.K.

Stando ad una prima impostazione[9]  – sostenuta anche dai giudici di legittimità[10]l’assenza di parametri e criteri idonei a delimitare con sufficiente precisione i casi nei quali deve ritenersi consentita l’apprensione dei dati esterni alle comunicazioni sarebbe di ostacolo ad un’efficacia immediata della pronuncia europea.

Per converso, un’altra parte della giurisprudenza di merito ha disatteso tale esegesi[11] sostenendo che la genericità delle espressioni fatte proprie dalla Corte di Lussemburgo non avrebbe alcuna rilevanza ai fini della determinazione degli effetti della sentenza comunitaria, posto che l’espressione «forme gravi di criminalità», enucleata dai giudici sovranazionali, potrebbe essere agevolmente concretizzata attraverso il richiamo integrale alle ipotesi di cui all’art. 266 c.p.p.

In secondo luogo, il contrasto ha avuto ad oggetto, altresì, la rilevanza della pronuncia del 2 marzo 2021 alla luce del ruolo ricoperto dal pubblico ministero, rispettivamente, nell’ordinamento estone ed in quello italiano.

Andando all’essenziale, alcuni giudici di merito[12] – fra i quali anche il tribunale di Rieti in sede di rinvio ex art. 267 TFUE[13] – hanno fermamente negato ogni possibile assimilazione tra le due figure nella convinzione che le garanzie predisposte dalla Carta costituzionale (quali, ad esempio, gli artt. 101, 104 e 106 Cost.) e l’assoluta indipendenza dal potere politico dell’organo d’accusa italiano, non consentirebbero alcuna equiparazione tra le due autorità inquirenti.

In una prospettiva antitetica, invece, si sono collocate quelle pronunce[14] che hanno valorizzato il richiamo fatto proprio dalla Corte di Lussemburgo al requisito – definito icasticamente come «inedito ed incisivo»[15] – della “terzietà e neutralità” del titolare del potere autorizzatorio. In base a tale lettura, pertanto, il nuovo parametro enucleato dai giudici comunitari dovrebbe essere inquadrato alla stregua di un quid pluris rispetto alla mera indipendenza ed imparzialità dell’organo stesso.

 

3. La riforma dell’art. 132 Codice privacy. – Le notevoli incertezze interpretative di cui si è dato brevemente conto non potevano non indurre il legislatore ad una radicale modifica della disciplina interna contenuta nel d.lgs. n. 196/2003.

Con il d.l. 30 settembre 2021, n. 132[16], infatti, il Governo è intervenuto con la specifica finalità – della quale è stato dato conto nel preambolo del provvedimento – di garantire, al contempo, la possibilità di acquisire i dati esterni alle comunicazioni – quale legittimo strumento di indagine – e il rispetto dei principi sanciti dalla sentenza comunitaria del 2 marzo 2021.

Per un verso, ci si è posti nell’ottica di delimitare l’ingerenza nei diritti del singolo cittadino esclusivamente nei casi di repressione delle «forme gravi di criminalità», così come più volte sottolineato nelle pronunce europee in argomento. Per altro verso, il legislatore ha espressamente affermato di voler predisporre un sistema di controllo imperniato sulla necessaria autorizzazione proveniente da «un’autorità giurisdizionale[17]».

 

a) L’ambito di applicazione oggettiva: i reati presupposto. – Sotto il primo profilo, il Governo ha recepito quelle istanze dottrinali[18] che, da tempo, auspicavano una catalogazione delle fattispecie di reato legittimanti l’accesso alle informazioni di traffico. In questo senso, in particolare, sono stati tipizzati i cd. reati presupposto facendo leva su un criterio quantitativo e qualitativo: «reati per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, determinata a norma dell’articolo 4 del codice di procedura penale, e di reati di minaccia e di molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, quando la minaccia, la molestia e il disturbo sono gravi».

A tale riguardo, è appena il caso di notare come non siano state accolte quelle proposte[19] volte ad estendere al mezzo de quo le ipotesi legittimanti l’intrusione nella sfera privata degli utenti previste in materia di intercettazioni telefoniche ai sensi dell’art. 266 c.p.p.[20], nell’evidente convinzione della sussistenza di una differenza ontologica tra i due strumenti in oggetto[21].

 

b) I requisiti per l’acquisizione del cd. traffico dati. – Una volta delimitato l’ambito di applicazione oggettiva dell’istituto, il Governo ha proceduto, altresì, alla cristallizzazione dei presupposti che – similmente a quanto accade nell’ambito delle intercettazioni – dovrebbero guidare l’organo titolare del potere di controllo nella valutazione di legittimità della richiesta: a) «sufficienti indizi di reato» e b) «rilevanza ai fini della prosecuzione delle indagini». Si tratta di requisiti indubbiamente meno stingenti rispetto a quanto previsto per le captazioni telefoniche e che, a ben vedere, si pongono in linea con l’idea – avallata dal Governo – di una necessaria differenziazione di disciplina fra intercettazioni di conversazioni e tabulati telefonici.

Con riferimento al requisito sub a), in particolare, pare condivisibile l’utilizzo dell’espressione «indizi di reato» da intendersi verosimilmente quale nesso tra l’utenza oggetto di controllo e l’ipotesi criminosa astrattamente ipotizzata e qualificabile in termini di mera «probabilità di reato»[22], senza la necessità di una preventiva individuazione soggettiva dell’autore dello stesso.

Parimenti lodevole, in questo senso, la scelta di connotare tali «indizi» alla luce del requisito di “sufficienza” anziché di “gravità” a conferma, ancora una volta, della diversità di approccio mostrata dal legislatore relativamente alla materia dei dati di traffico telefonico rispetto a quella delle intercettazioni.

Formula infelice – stando ai primi commentatori[23] – quella utilizzata, invece, per delimitare il nesso funzionale tra le informazioni acquisite e l’accertamento del reato. Sembrerebbe peccare di eccessiva specificità, in effetti, l’espressione «ai fini della prosecuzione delle indagini», così per come riferita al parametro della «rilevanza». Sotto tale profilo, è stato già sottolineato il rischio di un’interpretazione – invero priva di ogni ragionevole fondamento – volta a delimitare la facoltà di acquisizione dei metadati di traffico solo con riguardo alle attività svolte nel corso delle indagini preliminari e finalizzate all’apprensione di informazioni dirette a sostenere esclusivamente l’ipotesi accusatoria.

Probabilmente, al fine di sgomberare il campo da tali possibili equivoci, il Parlamento, in sede di conversione, ben potrebbe fare propria quella tesi già offerta da una parte della dottrina[24] che aveva osservato, in una prospettiva de jure condendo, come il requisito in esame potesse essere cristallizzato parametrando la necessità/rilevanza dell’acquisizione ad una più generica finalità «di accertamento dei fatti»; formula indubbiamente neutra che non sembrerebbe porre dubbi circa la possibilità di acquisire dati anche a favore dell’indagato e nelle fasi successive all’esercizio dell’azione penale.

 

c) L’organo titolare del potere autorizzatorio. – Con riferimento alla fase dinamica della disciplina, il Governo ha recepito l’impostazione di coloro che, già da tempo, ipotizzavano l’attribuzione in capo al giudice (organo indipendente, terzo e imparziale) del potere di apprensione delle informazioni di traffico telefonico e telematico[25].

In effetti, non è stata accolta, com’è evidente, l’interpretazione sostenuta da molti tribunali di merito e da taluni autori[26] che, a seguito della sentenza del 2 marzo 2021, negavano una qualunque assimilazione tra le due figure inquirenti dell’ordinamento estone e di quello italiano, in ragione del differente grado di (in)dipendenza delle stesse rispetto al potere esecutivo.

La scelta del Governo, com’era prevedibile, è stata censurata da alcuni attenti commentatori sostenendo che il criterio dell’alterità soggettiva (quale requisito individuato nella sentenza H.K. al par. 54) tra l’autorità che richiede l’accesso ai dati sul traffico e quella che ne dispone l’acquisizione, sarebbe senza dubbio rispettato nell’ordinamento italiano manifestandosi, in particolare, nel binomio polizia giudiziaria-pubblico ministero[27].

La considerazione, per certi aspetti condivisibile, non sembra tuttavia cogliere nel segno.

Al di là della separazione individuale tra i due organi, occorre chiedersi, al fine di valutare la bontà della riforma in commento, se il titolare del potere autorizzatorio cui faceva riferimento l’art. 132, comma 3, cod. priv. (rectius, il pubblico ministero italiano) potesse essere qualificato, oltre che quale “parte imparziale”, anche alla stregua di una “parte terza e neutrale”.

A prescindere della risposta che si intenda fornire al quesito, risulta evidente, da quest’angolo di visuale, come il Governo abbia assunto – seppur implicitamente – una posizione negativa rispetto a siffatto interrogativo, novellando l’articolato normativo nel senso di predisporre un’attribuzione unilaterale del potere acquisitivo in capo all’autorità giurisdizionale.

Ad ogni modo, il dibattito recentemente sviluppatosi sul punto richiama alla mente le numerose ordinanze di rimessione di alcuni giudici di merito[28] che, all’indomani dell’entrata in vigore del d.l. 24 dicembre 2003, n. 354 (convertito in l. 26 febbraio 2004, n. 45), avevano criticato proprio quella previsione normativa che obbligava il pubblico ministero ad ottenere un preventivo provvedimento giudiziale di autorizzazione all’acquisizione dei dati esteriori. La Corte costituzionale, com’è noto, restituì gli atti ai giudici a quibus in ragione della sopravvenienza del d.l. 27 luglio 2005, n. 144 che modificò il previgente regime, attribuendo nuovamente un ruolo centrale in capo all’organo d’accusa nel corso dell’intera fase acquisitiva[29].

A ben guardare, tuttavia, il rischio di una riproposizione di censure così strutturate appare alquanto remoto. In quelle sedi, infatti, l’irragionevolezza costituzionale dell’allora disciplina era stata sostenuta, per quel che rileva in questa sede, in base alla circostanza per cui il principio di ragionevole durata dei processi sarebbe stato ingiustificatamente leso dal momento che la valutazione del giudice era effettivamente sprovvista di parametri normativamente predeterminati; una situazione, come ben si comprende, del tutto diversa rispetto a quanto previsto dal novellato art. 132, comma 3, cod. priv.

 

d) I “legittimati attivi”. – Per quanto concerne l’individuazione dei soggetti titolari della facoltà di richiedere l’apprensione dei tabulati telefonici, si fa apprezzare la nuova formulazione del terzo comma dell’art. 132, cod. priv. allorquando attribuisce siffatto potere, oltre che al pubblico ministero, anche al «difensore dell’imputato, della persona sottoposta a indagini, della persona offesa e delle altre parti private».

Il Governo, tuttavia, parrebbe aver implicitamente escluso la possibilità, in precedenza espressamente riconosciuta all’avvocato di parte – con le modalità di cui all’art. 391-quater c.p.p.di richiedere direttamente al fornitore i dati relativi alle utenze intestate al proprio assistito. Dalla disposizione di nuovo conio, infatti, è stata espunta proprio la prerogativa del difensore di acquisire le informazioni esterne alle conversazioni telefoniche e telematiche effettuate e ricevute dall’indagato.

Questa scelta, a ben considerare, è stata forse dovuta alla necessità di evitare il riproporsi del dibattito sorto sul punto nelle more della già richiamata disciplina introdotta con il d.l. 354/2003.

La predetta normativa, infatti, attribuiva al difensore, oltre alla possibilità – al pari del pubblico ministero – di rivolgersi al giudice al fine di ottenere l’emissione del decreto autorizzatorio, anche il potere di richiedere i tabulati direttamente all’ente gestore del servizio.

Questa scelta, com’è noto, aveva indotto una parte della dottrina a dubitare della compatibilità costituzionale della novella del 2004 in ragione di un’asserita violazione del principio di parità delle armi[30]: appare irragionevole – si diceva – consentire all’avvocato lo svolgimento di un’attività investigativa che, viceversa, è espressamente negata al titolare dell’esercizio dell’azione penale.

Sennonché, in una diversa (e maggiormente condivisibile) prospettiva si era messo in luce come la ritenuta menomazione del canone di cui all’art. 111 Cost. fosse il frutto di un equivoco interpretativo: la facoltà di “accesso diretto” al tabulato esercitata dall’avvocato nient’altro sarebbe se non l’esercizio (delegato) della legittima facoltà di ciascun utente di conoscere i dati esteriori delle proprie comunicazioni. Com’era già stato autorevolmente osservato, infatti, in tali circostanze «l’abbonato – e, per estensione, il suo difensore – non [potrebbe] violare la segretezza delle comunicazioni di cui sia [stato] parte»[31].

Evidente l’approdo del discorso. Qualora si ritenga di aderire a tale impostazione, si dovrebbe conseguentemente auspicare una modifica in sede di conversione volta a ripristinare l’esercizio, in capo all’avvocato, del potere acquisitivo (unilaterale) in sede di investigazioni difensive.

 

e) La cd. procedura d’urgenza. – Al pari di quanto previsto all’art. 267, comma 2, c.p.p., il Governo ha reintrodotto[32], altresì, una procedura di apprensione “immediata” che, ai sensi del nuovo comma 3-bis dell’art. 132, cod. priv., consente al pubblico ministero, qualora sussistano ragioni di urgenza (che, com’è intuibile, dovranno essere debitamente motivate), di disporre direttamente l’acquisizione dei tabulati telefonici presso l’ente gestore del servizio salva, sempre comunque, la necessità di una convalida ex post ad opera dell’organo giurisdizionale.

La previsione risulta certamente condivisibile poiché consente di garantire comunque al pubblico ministero la facoltà di ottenere le informazioni sul traffico dati soprattutto qualora i termini di conservazione previsti dalla legge stiano per spirare[33].

Peraltro, pare solo il caso di osservare come tale nuova previsione sembri porsi in linea con quanto affermato proprio nell’ultimo arresto della Corte di Lussemburgo. I giudici europei, infatti, hanno espressamente ammesso la possibilità di un controllo successivo da parte di un giudice ovvero un’autorità amministrativa indipendente in presenza di «situazioni di urgenza debitamente motivate», purché tale controllo postumo avvenga «entro termini brevi»[34].

 

f) L’ambito di applicazione soggettiva della data retention. – Un breve cenno merita, inoltre, la delicata questione relativa all’individuazione dei soggetti nei confronti dei quali l’organo giudicante potrebbe autorizzare l’apprensione dei dati di traffico.

Sul punto, il principio affermato dalla sentenza H.K. – e, invero, già sancito nella pronuncia Tele2[35] – appare alquanto generico e, per certi aspetti, potrebbe dare adito ad interpretazioni eccessivamente improntate ad una tutela indiscriminata ed assoluta dei diritti individuali a discapito del legittimo interesse della collettività alla repressione dei reati.

In questo senso, infatti, i giudici europei hanno specificato che la possibilità di accedere ai metadati di traffico dovrebbe essere circoscritta esclusivamente con riguardo a quei soggetti «sospettati di progettare, di commettere o di aver commesso un illecito grave o anche di essere implicati in una maniera o in un’altra in un illecito del genere»[36].

Anzitutto, si può osservare come la pronuncia riferisca questa (generica) limitazione alle sole ipotesi di reati connotati da una certa «gravità»[37], dando adito, così, a possibili interpretazioni volte a ritenere che in quei casi in cui l’ingerenza non appaia tale da menomare i diritti del singolo cittadino (come, ad esempio, nel caso oggetto della pronuncia Ministero Fiscal[38]), l’accesso ai predetti possa essere consentito con riferimento a chiunque.

Sotto tale profilo, il Governo ha deciso di rimanere silente.

Tale scelta, a ben considerare, non può essere completamente censurata.

Appare evidente, in effetti, come la limitazione soggettiva individuata dalla Corte di Lussemburgo risulti generica ed indeterminata[39] ma, nonostante ciò, si può ragionevolmente ritenere che in tale circostanza l’assenza di una predeterminazione legislativa dei soggetti nei confronti dei quali poter disporre l’acquisizione delle informazioni di traffico risulti condivisibile.

È già stato osservato, infatti, che l’esigenza di non limitare l’alveo dei destinatari dell’apprensione dei dati esteriori esclusivamente a coloro che risultano indagati o imputati si giustifichi nell’ottica di consentire l’acquisizione degli stessi anche nei procedimenti contro ignoti nonché – e questo è il punto centrale – di garantire al pubblico ministero di poter accedere alle informazioni di tutti quei soggetti che, seppur indirettamente[40], abbiano facilitato l’iter criminis (ad esempio prestando inconsapevolmente il proprio smartphone allo stesso indagato[41]) ovvero siano coinvolti, anche in veste di persona offesa o possibile testimone, nei fatti oggetto di accertamento.

Proprio muovendo da quest’ultimo assunto, perciò, ben si comprende come un’eventuale operazione di tipizzazione (numerus clausus) dei soggetti passivi risulterebbe alquanto impervia e destinata, quasi certamente, a prestare il fianco a censure dirette ad evidenziarne l’inadeguatezza rispetto alle molteplici situazioni che si potrebbero concretamente manifestare nella prassi.

Nella prospettiva appena evidenziata, dunque, ciò che, al più, potrebbe essere teoricamente criticato è un omesso intervento, da parte del Governo, in un’ottica tuttavia di mero recepimento dell’espressione (condivisibilmente generica) fatta propria dai giudici europei[42].

 

g) L’assenza di una disciplina transitoria. – Nei primi commenti alla normativa è stato dato conto di una difformità intercorrente tra la bozza del decreto-legge e la versione definitiva, con particolare riferimento alla predisposizione, nel testo originario, di una specifica disciplina transitoria.

A quanto è dato sapere, infatti, l’art. 2 del testo-bozza prevedeva che i tabuati telefonici già acquisiti dal pubblico ministero nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa potessero essere utilizzati esclusivamente nel rispetto dei nuovi limiti oggettivi di pena previsti dal decreto-legge. A tal fine, nella prima udienza utile, il giudice, sentite le parti, avrebbe potuto convalidare il provvedimento di acquisizione dell’autorità giudiziaria.

Ebbene, il dietrofrónt legislativo, com’era prevedibile, è stato accolto con favore da parte della magistratura inquirente e, viceversa, criticato da un’autorevole dottrina che, a questo proposito, ha fatto riferimento, senza riserve, ad una «gravissima mutilazione alla riservatezza della vita privata dei cittadini»[43].

La tesi accolta dal legislatore, a ben vedere, sembra fondarsi su due considerazioni di carattere pratico.

Da un lato, il rischio di una declaratoria postuma di inutilizzabilità dei dati raccolti avrebbe menomato eccessivamente la legittima aspettativa dell’intera collettività di esigere una repressione effettiva delle attività criminose sul territorio nazionale, potendo provocare, in concreto, un’ingente perdita di informazioni sulle quali i pubblici ministeri avevano fondato e, talvolta, strutturato, le loro indagini. Dall’altro, i giudicanti, già di per sé gravati dalla necessità di predisporre le autorizzazioni ad hoc ai fini dell’acquisizione dei dati esteriori, avrebbero certamente risentito di un tale carico ulteriore di lavoro[44].

Se ciò è vero, occorre domandarsi se tali (legittime) considerazioni siano sufficienti per limitare i diritti individuali dei singoli cittadini che, come chiarito dalla Corte di giustizia, sono stati lesi, sino ad oggi, da un’ingerenza indiscriminata alle informazioni personali riguardanti la vita privata degli stessi.

Uno spunto per tentare di rispondere al (non facile) quesito potrebbe pervenire proprio dalla stessa giurisprudenza europea. L’esegesi offerta dalla Corte con riguardo ad una qualunque norma comunitaria, infatti, non può essere paragonata ad una semplice “interpretazione” della stessa, bensì essa, più correttamente, «chiarisce e precisa […] il significato e la portata della norma dal momento della sua entrata in vigore», cosicché quest’ultima «deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza»[45] medesima. La bozza del decreto-legge, in effetti, pareva muoversi proprio in tale prospettiva.

 

4. Conclusioni. – L’interpolazione normativa si fa apprezzare per aver ricondotto a sistema una disciplina che, sino a poco tempo fa, mirava a garantire esclusivamente l’efficienza delle indagini nell’ottica di una tutela indiscriminata dell’interesse collettivo alla repressione dei reati, risultando alquanto carente, viceversa, sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali della persona umana. È ben vero che la novella, sotto alcuni profili, presenta ancora oggi aspetti di criticità ed incertezza[46] (che certamente potranno essere superati in sede di conversione), ma un giudizio complessivamente negativo sarebbe davvero ingeneroso per un legislatore che, perlomeno stavolta, sembra aver preso davvero sul serio gli insegnamenti della Corte di giustizia in una tematica particolarmente delicata come quella in oggetto.

 

[1] Cfr. Corte giust. UE, 2 marzo 2021, H.K., C-746/18. Tra i molti commenti alla sentenza, si vedano, senza pretese di esaustività, Di Stefano, La Corte di giustizia interviene sull’accesso ai dati di traffico telefonico e telematico e ai dati di ubicazione a fini di prova nel processo penale: solo un obbligo per il legislatore o una nuova regola processuale?, in Cass. pen., 2021, p. 2556 ss.; Filippi, Il legislatore deve urgentemente riformare la disciplina dell’acquisizione dei tabulati relativi al traffico e all’ubicazione, in www.ilpenalista.it, 15 marzo 2021; Id., La disciplina italiana dei tabulati telefonici e telematici contrasta con il diritto U.E., in www.dirittodidifesa.eu, 20 marzo 2021; La Rocca, Dopo la Corte di Giustizia in materia di tabulati: applicazioni e disapplicazioni interne, in www.archiviopenale.it, 2/2021; Leo, Le indagini sulle comunicazioni e sugli spostamenti delle persone: prime riflessioni riguardo alla recente giurisprudenza europea su geolocalizzazione e tabulati telefonici, in questa Rivista, 31 maggio 2021; Rafaraci, Verso una law of evidence dei dati, in Dir. pen. proc., 2021, p. 853 ss.; Resta, Conservazione dei dati e diritto alla riservatezza. La Corte di giustizia interviene sulla data retention. I riflessi sulla disciplina interna, in www.giustiziainsieme.it, 6 marzo 2021; Rinaldini, Data retention e procedimento penale. Gli effetti della sentenza della Corte di giustizia nel caso H.K. sul regime di acquisizione dei tabulati telefonici e telematici: urge l’intervento del legislatore, in www.giurisprudenzapenale.com, 11 maggio 2021; Spangher, I tabulati: un difficile equilibrio tra esigenze di accertamento e tutela di diritti fondamentali, in www.giustiziainsieme.it, 3 maggio 2021.

[2] Corte giust. UE, 8 aprile 2014, Digital Rights Ireland, cause riunite C-293/12 e C-594/12.

[3] Corte giust. UE, 21 dicembre 2016, Tele2 e Watson, cause riunite C-203/15 e C-698/15.

[4] Corte giust. UE, 2 marzo 2021, H.K., cit., par. 14.

[5] Cfr. Cass. pen., 10 novembre 2020, n. 10022, in Dejure; Cass. pen., 10 dicembre 2019, n. 5741, in Dejure; Cass. pen., 25 settembre 2019, n. 48737, in Dejure; Cass. pen., 19 aprile 2019, n. 36380, in questa Rivista, 13 maggio 2020, con commento di Neroni Rezende, Dati esterni alle comunicazioni e processo penale: questioni ancora aperte in tema di data retention e nota di Giordano, L’acquisizione dei tabulati telefonici e il diritto sovranazionale in tema di tutela della privacy, in www.ilpenalista.it, 9 settembre 2019; Cass. pen., 24 aprile 2018, n. 33851, in Dejure.

[6] Tra i tanti, Andolina, La raccolta dei dati relativi alla localizzazione del cellulare ed al traffico telefonico tra inerzia legislativa e supplenza giurisprudenziale, in www.archiviopenale.it, 17 dicembre 2020; Id., L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni telefoniche e telematiche, Padova, 2018, passim; Iovene, Data retention e giudice di merito penale. Una discutibile pronuncia, in Cass. pen., 2017, 2483; Luparia, Data retention e processo penale. Un’occasione mancata per prendere i diritti davvero sul serio, in Diritto di internet, 2019, 753 ss.; Marcolini, L’istituto della data retention dopo la sentenza della Corte di Giustizia del 2014, in Cybercrime a cura di Cadoppi – Canestrari – Manna, Torino, 2019, 1590; ID., Le indagini atipiche a contenuto tecnologico nel processo penale: una proposta, in Cass. pen., 2015, 778.

[7] Rafaraci, Verso una law of evidence dei dati, cit., 854.

[8] Cfr. Trib. Milano, 22 aprile 2021, in questa Rivista, 7 maggio 2021, con nota di Tondi, La disciplina italiana in materia di data retention a seguito della sentenza della Corte di giustizia UE: il Tribunale di Milano nega il contrasto con il diritto sovranazionale; G.i.p. Roma, 25 aprile 2021, in questa Rivista, 29 aprile 2021, con commento di Della Torre, L’acquisizione dei tabulati telefonici nel processo penale dopo la sentenza della Grande Camera della Corte di Giustizia UE: la svolta garantista in un primo provvedimento del g.i.p. di Roma; G.i.p. Roma, giudice Savio, in questa Rivista, 5 maggio 2021, con scheda di presentazione di Malacarne, Ancora sulle ricadute interne della sentenza della Corte di Giustizia in materia di acquisizione di tabulati telefonici: il G.i.p. di Roma dichiara il “non luogo a provvedere” sulla richiesta del p.m. Nonché le ulteriori pronunce, fra le quali, G.i.p. Bari, 1° maggio 2021, in www.ilpenalista.it, con commento critico di Cusano, Tabulati telefonici: ulteriori ricadute della sentenza della CGUE del 2 marzo 2021 sul piano della utilizzabilità degli esiti di prova; G.i.p. Tivoli, 10 giugno 2021, in www.giurisprudenzapenale.com, 14 giugno 2021; Ass. Napoli, in www.giurisprudenzapenale.com, 17 giugno 2021.

[9] Cfr. Trib. Milano, 22 aprile 2021, cit.; G.i.p. Tivoli, 10 giugno 2021, cit.; G.i.p. Roma, giudice Savio, cit.; Ass. Napoli, cit.; G.i.p. Roma, 28 aprile 2021, cit.

[10] Cass. pen., 2 settembre 2021, n. 33116, in www.giurisprudenzapenale.com, 8 settembre 2021; Cass. pen., 15 aprile 2021, n. 28523, in www.ilpenalista.it, 5 agosto 2021, con nota di Parodi, Tabulati telefonici: la Suprema Corte si esprime dopo le indicazioni della CGUE.

[11] Cfr. G.i.p. Roma, 25 aprile 2021, cit.; G.i.p. Bari, 1° maggio 2021, cit.

[12] Trib. Milano, 22 aprile 2021, cit.; G.i.p. Tivoli, 10 giugno 2021, cit.; Ass. Napoli, cit.

[13] Trib. Rieti, 4 maggio 2021, in www.giurisprudenzapenale.com, 13 maggio 2021.

[14] Cfr. G.i.p. Roma, 25 aprile 2021, cit.; G.i.p. Roma, giudice Savio, cit.; G.i.p. Bari, 1° maggio 2021.

[15] Cfr., ancora, G.i.p. Roma, 25 aprile 2021, cit.

[16] Per un primo commento alla nuova disciplina, si vedano Borgobello, Acquisizione di tabulati telefonici: che cambia col nuovo decreto-legge, in www.agendadigitale.ue, 4 ottobre 2021; Filippi, La nuova disciplina dei tabulati: il commento "a caldo" del Prof. Filippi, in www.penaledp.it, 1° ottobre 2021; Parodi, Sottratto al P.M. il potere di richiedere autonomamente i tabulati, in www.ilpenalista.it, 1° ottobre 2021; Pestelli, D.L. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, in www.quotidianogiuridico.it, 4 ottobre 2021; Resta, La nuova disciplina dell’acquisizione dei tabulati, in www.giustiziainsieme.it, 2 ottobre 2021.

[17] Non può non osservarsi come il ricorso a tale formula («autorità giurisdizionale»), al fine di individuare l’organo titolare del potere acquisitivo, risulti quantomai opportuno. È noto, infatti, che nel periodo antecedente alla sentenza H.K. la giurisprudenza di legittimità in materia incorreva, più o meno consapevolmente, in un errore lessicale ricco di implicazioni di carattere dogmatico. Nelle sentenze di legittimità in argomento, infatti, si era soliti leggere che la compatibilità della normativa nazionale con i canoni enucleati dalla giurisprudenza europea discendesse dalla circostanza per cui l’apprensione dei dati esteriori era rimessa ad un «provvedimento […] emesso da parte del pubblico ministero e cioè di un organo giurisdizionale» (cfr. Cass. pen., 10 dicembre 2019, n. 5741, cit., par. 2.2).

[18] Cfr. supra nota 6.

[19] Cfr. la proposta di legge n. 2956 d’iniziativa dell’On. Enrico Costa, presentata il 18 marzo 2021 e reperibile all’indirizzo www.camera.it. In questo senso, v. Battarino, CGUE e dati relativi al traffico telefonico e telematico. Uno schema di lettura, in www.questionegiustizia.it, 21 aprile 2021.

[20] Mostrano di condividere tale scelta, Resta, La nuova disciplina dell’acquisizione dei tabulati, cit.; Parodi, Sottratto al P.M. il potere di richiedere autonomamente i tabulati, cit.

[21] SI deve segnalare come in un recente arresto la Corte costituzionale abbia affermato, in senso apparentemente difforme rispetto a quanto ritenuto nelle precedenti pronunce n. 81 del 1993 e n. 281 del 1998, che la riconducibilità delle intercettazioni e dei tabulati telefonici nell’alveo della medesima tutela approntata dall’art. 15 Cost. farebbe venir meno ogni asserita distinzione «ontologica» fra i mezzi di ricerca della prova de quo (cfr. Corte cost. 6 marzo 2019, n. 38).

[22] Andolina, L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni, cit., p. 103.

[23] Parodi, Sottratto al P.M. il potere di richiedere autonomamente i tabulati, cit.; Pestelli, D.L. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, cit.

[24] Andolina, L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni, cit., p. 108.

[25] Iovene, Data retention tra passato e futuro, cit., 4280. In tal senso, si veda, altresì, Luparia, Data retention e processo penale, cit., p. 763.

[26] Cfr. Aterno, Data retention: la sentenza della Corte di Giustizia europea sull’acquisizione dei dati di traffico (telefonico e telematico). Uno sguardo alla situazione italiana, in www.e-lex.it, 8 marzo 2021, nonché l’intervista su Repubblica resa dal Segretario generale di Magistratura democratica, dott. Musolino, in data 31 agosto 2021 e reperibili all’indirizzo www.repubblica.it.

[27] Cfr. Pestelli, D.L. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, cit.

[28] Cfr., ex multis, G.i.p. Pavia, 24 marzo 2004, in Cass. pen., 2005, p. 1401 ss., con nota di Pinna, Garanzie giurisdizionali nell’acquisizione dei tabulati telefonici: dubbi infondati intorno a una norma(probabilmente) incostituzionale, in Cass. pen., 2005.

[29] Corte cost., 14 novembre 2006, n. 372, in Cass. pen., p. 3928, con commento di Pinna, “Doppio binario” di accesso ai dati sul traffico telefonico: una scelta legislativa ragionevole ratificata (con argomenti non irresistibili) dalla Corte costituzionale; Melillo, Acquisizione dei dati di traffico telefonico e garanzie costituzionali: incidenti chiusi e nodi ancora aperti, in Cass. pen., 2007, p. 933 ss.; De Bellis, La disciplina della acquisizione dei tabulati telefonici nel suo sviluppo normativo e giurisprudenziale, in Arch. n. proc. pen., 2008, p. 23 ss.

[30] Di questo avviso, Cantone, Le modifiche processuali introdotte con il «decreto antiterrorismo» (d.l. n. 144/05 conv. in l. n. 155/05), in Cass. pen., 2005, p. 2512; Amato, Dati conservabili solo per due anni, in Guida dir., 2004, n. 10, p. 55 ss.

[31] Camon, L’acquisizione dei dati di traffico delle comunicazioni, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, p. 609. Conformemente, Pinna, Garanzie giurisdizionali nell’acquisizione dei tabulati telefonici, cit., p. 1408-1409.

[32] Cfr. art. 4 bis, l. 31 luglio 2005, n. 155.

[33] Così, già, Camon, L’acquisizione dei dati di traffico, cit., p. 605. Contra, con riferimento alla previgente disciplina, Pinna, Garanzie giurisdizionali nell’acquisizione dei tabulati telefonici, cit., p. 1409.

[34] Cfr. Corte giust. UE, 2 marzo 2021, H.K., cit., par. 58.

[35] Corte Giust. UE, 21 dicembre 2016, Tele2 e Watson, par. 119.

[36] Cfr. Corte giust. UE, 2 marzo 2021, H.K., cit., par. 50. Occorre rilevare, tuttavia, come sia la stessa Corte ad ammettere una deroga in «situazioni particolari», ovverosia quelle in cui «interessi vitali della sicurezza nazionale, della difesa o della sicurezza pubblica siano minacciati da attività di terrorismo».

[37] Cfr. Corte giust. UE, 2 marzo 2021, H.K., cit., par. 50.

[38] Cfr. Corte giust. UE, 2 aprile 2018, Ministero Fiscal, C-207/16. La questione portata all’attenzione della Corte, in particolare, concerneva proprio il caso nel quale la polizia giudiziaria aveva richiesto al giudice istruttore spagnolo di acquisire esclusivamente i numeri di telefono e i dati personali relativi ad un determinato utente.

[39] In termini problematici rispetto alla genericità dell’espressione utilizzata dalla Corte, v. Di Stefano, La Corte di giustizia interviene sull’accesso ai dati di traffico telefonico e telematico, cit., 2556 ss.

[40] Sarebbe doveroso, in ogni caso, individuare un nesso investigativo tra l’utenza oggetto del controllo ed il reato perseguito.

[41] Andolina, L’acquisizione nel processo penale dei dati “esteriori” delle comunicazioni, cit., 104-105.

[42] Si mostra critico verso la mancata predisposizione di una disciplina ad hoc sul punto, Filippi, La nuova disciplina dei tabulati, cit., 11 secondo cui l’accesso dovrebbe essere consentito solo con riferimento ai «dati di chi è sospettato di reato e solo eccezionalmente in “situazioni particolari” (come ad esempio quelle in cui gli interessi vitali della sicurezza nazionale, della difesa o della sicurezza pubblica siano minacciati da attività di terrorismo), [potrebbe] ammettersi l’accesso ai dati di persone non sospettate, ma a condizione che esistano “elementi oggettivi che permettano di ritenere che tali dati potrebbero, in un caso concreto, fornire un contributo effettivo alla lotta contro attività di questo tipo”. Invece nulla al riguardo è stato precisato nel decreto-legge. Pertanto, sul punto, sarà inevitabile sollevare questione di legittimità costituzionale in rapporto all’art. 117 Cost., che vincola la potestà legislativa dello Stato al rispetto, tra l’altro, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».

[43] Filippi, La nuova disciplina dei tabulati, p. 13. Si mostra favorevole alla previsione di una disciplina transitoria quale quella inizialmente prevista dal Governo, Resta, La nuova disciplina dell’acquisizione dei tabulati, cit.

[44] Parodi, Sottratto al P.M. il potere di richiedere autonomamente i tabulati, cit.; Pestelli, D.L. 132/2021: un discutibile e inutile aggravio di procedura per tabulati telefonici e telematici, cit.

[45] Corte giust. UE, 27 marzo 1980, causa 61/1979. Lo spunto, in questo senso, è offerto da Leo, Le indagini sulle comunicazioni e sugli spostamenti delle persone, cit., p. 16.

[46] Cfr. Filippi, La nuova disciplina dei tabulati, p. 9 ss.