*Contributo pubblicato nel fascicolo 3/2025.
1. Il 19 marzo scorso la Camera ha approvato definitivamente il disegno di legge Zanettin, qui allegato, recante "Modifiche alla disciplina in materia di durata delle operazioni di intercettazione". La nuova legge dovrà ora essere promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Essa si compone di un unico articolo, che modifica l'art. 267 c.p.p. e l'art. 13 d.l. 13 maggio 1991, n. 152. In particolare:
2. Per comprendere la portata della legge Zanettin - e il senso dell'intervento sulle due disposizioni sopra richiamate - occorre considerare che il nostro sistema conosce un duplice regime delle intercettazioni: ordinario e speciale. La nuova legge non incide sui presupposti per le intercettazioni, che restano diverse e meno stringenti nel regime speciale ex art. 13 d.l. n. 152/1991. Essa si limita a regolare diversamente la durata delle operazioni.
Il regime ordinario, relativo alla generalità dei reati per i quali sono ammesse le intercettazioni, è previsto dall’art. 267, co. 3 c.p.p. e prevede una durata massima delle operazioni di 15 giorni, prorogabili per periodi successivi di 15 giorni.
Il regime speciale riguarda alcuni specifici reati – tra i quali quelli di criminalità organizzata e terrorismo –; è previsto dall’art. 13, co. 2 del d.l. n. 152/1991 e fissa la durata massima delle operazioni in 40 giorni, prorogabili per periodi successivi di 20 giorni.
Né il regime ordinario né il regime speciale prevedono oggi un limite massimo di durata delle intercettazioni; limite che la legge Zanettin introduce, invece, come si è visto, in rapporto al solo regime ordinario. Quando si procede per reati diversi da quelli di cui all'art. 13 d.l. n. 152/1991, la durata complessiva di 45 giorni potrà essere superata solo in caso di "assoluta indispensabilità delle operazioni", che deve essere "giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione".
3. Vediamo allora, in primo luogo, quali sono i reati soggetti al regime speciale dell'art. 13 d.l. n. 152/1991, in relazione ai quali non opera la nuova disciplina e, pertanto, il limite dei 45 giorni:
A questi reati vanno aggiunti, per effetto di un rinvio all'art. 13 d.l. n. 152/1991 operato dall’art. 6, co. 1 del d.lgs. 9 dicembre 2017, n. 216:
Inoltre, per effetto di un rinvio all'art. 13 d.l. n. 152/1991 ad opera dell'art. 9 l. 11 agosto 2003, n. 228, all'elenco dei reati di cui sopra vanno aggiunti:
4. La nuova disciplina - il limite massimo di 45 giorni di durata delle operazioni - interesserà i procedimenti per i reati diversi da quelli di cui sopra. Si pensi, ad esempio, a reati quali l’omicidio e i reati in tema di stupefacenti (fuori dai contesti di criminalità organizzata), lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, la rapina, reati fiscali o finanziari. Il legislatore se ne è reso conto ma, pur di non ritardare l'approvazione della legge con emendamenti che avrebbero reso necessaria un'altra lettura da parte del Senato, ha tirato dritto, pulendosi la coscienza, per così dire, approvando un ordine del giorno. Subito dopo l'approvazione della legge Zanettin, infatti, la Camera, con il parere favorevole del Governo, ha votato un ordine del giorno che impegna il Governo "ad adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere ai delitti di violenza sessuale e di violenza di genere, stalking, revenge porn, e pedopornografia il regime della proroga prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 152 del 1991" (Ordine del giorno n. 9/02084/001, On. Bisa Ingrid, seduta del 19.3.2025, che può leggersi in allegato assieme agli altri ordini del giorno approvati a margine della legge stessa, col parere favorevole del Governo. Di questi, uno impegna il Governo "a valutare interventi che rispetto alle intercettazioni cosiddette indirette prevedano che per l'utilizzabilità come prova debbano concorrere ulteriori elementi di prova che ne confermino l'attendibilità"; un altro "a valutare eventuali interventi normativi volti a garantire la genuinità degli esiti delle intercettazioni ad esclusione di alterazioni ad opera di sistemi di intelligenza artificiale").
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5. La nuova disciplina, una volta in vigore, sarà applicabile secondo il principio tempus regit actum anche in relazione a fatti commessi prima della sua introduzione e - parrebbe di capire in assenza di una norma transitoria - anche alle operazioni in corso.
Come segnalato durante i lavori parlamentari da esperti auditi dalle Commissioni, compresi diversi magistrati, la riforma avrà rilevanti risvolti pratici. Non è eccessivamente pessimistico pronosticare che la nuova regola sulla durata massima delle intercettazioni comporterà, in un certo numero di casi, il mancato ricorso alle stesse quando si procede per reati diversi da quelli ai quali è riferibile il regime in deroga di cui all’art. 13 d.l. n. 152/1991. Le intercettazioni sono operazioni complesse, sul piano tecnico e investigativo, e un periodo di durata massima così limitato – soli 45 giorni – risulterà il più delle volte insufficiente, pregiudicando sul nascere l’efficacia del mezzo di ricerca della prova.
Nel corso delle audizioni parlamentari si è sottolineato come l’esperienza insegna che, il più delle volte, i primi periodi di intercettazione servono agli investigatori per comprendere le abitudini comunicative dell’indagato, che possono non risultare subito evidenti. In secondo luogo, la legge Zanettin prevede la possibilità di superare il limite dei 45 giorni solo quando emergono, in quei 45 giorni, “elementi specifici e concreti”. Anche a questo proposito non si è considerata l’esperienza investigativa: può darsi che nei primi 45 giorni la persona intercettata non comunichi (ad es., perché in ferie, perché ammalata o solo perché non abbia l’occasione di farlo) e che lo faccia il 46° giorno. Vi è da chiedersi se sia ragionevole non poter intercettare quella comunicazione, o non poterla comunque utilizzare, quando il termine delle indagini non è ancora spirato e, magari, una proroga è già stata concessa proprio per la complessità delle indagini stesse.
6. In effetti, come è stato notato da molti auditi (di fatto inascoltati) durante i lavori preparatori, la nuova legge pone dubbi sul piano della coerenza sistematica e della ragionevolezza. Sul piano sistematico, anzitutto, va precisato che se è vero che la legge non predetermina(va) un limite massimo di durata delle intercettazioni, è anche vero che tale limite è implicito e desumibile dal limite massimo di durata delle indagini preliminari, cioè della fase procedimentale nella quale si svolgono le operazioni. I termini di durata massima delle indagini sono stati recentemente modificati dalla riforma Cartabia e sono pari, per i delitti, a 18 mesi o, per alcuni più gravi delitti, a due anni. La complessità delle indagini rileva come criterio sia per determinare il (più lungo) termine di durata massima delle indagini, sia come presupposto per la concessione della proroga delle indagini stesse.
La fissazione di un limite massimo di durata delle intercettazioni ben inferiore rispetto al limite massimo di durata delle indagini preliminari pone problemi dal punto di visto della coerenza del sistema e della ragionevolezza. Se la legge consente di compiere atti di indagine fino a due anni, in ragione della gravità del reato o della complessità delle indagini (v. art. 407 c.p.p.), sembra irragionevole limitare nell’arco di questi due anni a soli 45 giorni un mezzo di ricerca della prova come quello delle intercettazioni; tanto più che si tratta notoriamente, in presenza di indagini complesse, di uno dei più efficaci messi di ricerca della prova. E’ come dire a uno scienziato che sta compiendo una complessa ricerca per individuare una possibile e grave malattia: puoi farlo per due anni, ma puoi usare il microscopio solo per un mese e mezzo! E' verosimile ritenere che, già sotto questo profilo, possano essere prospettati dubbi di legittimità costituzionale, per contrasto con l'art. 3 Cost.
A bene vedere, si finisce inoltre per stabilire un’impropria gerarchia tra i mezzi di ricerca della prova. Le perquisizioni, ad es., saranno mezzi di serie A perché possibili nell’arco dell’intero termine di durata delle indagini; le intercettazioni diventeranno un mezzo di serie B, perché utilizzabili solo in un periodo limitato.
La proposta di legge muove verosimilmente da nobili ragioni garantiste (non esplicitate peraltro nella relazione illustrativa) ma sembra non considerare che il sistema già oggi limita fortemente il ricorso alle intercettazioni e prevede plurime garanzie per chi vi è sottoposto. Va infatti ricordato che, nel regime ordinario oggetto della proposta di legge, le intercettazioni sono:
Sotto il profilo della valutazione di proporzionalità, il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni, garantito dall’art. 15 Cost., sembra già adeguatamente tutelato dalla legge attraverso questi plurimi presupposti e la garanzia del controllo giurisdizionale. Se il giudice ha ritenuto assolutamente indispensabile il ricorso alle intercettazioni, nell’ambito di un procedimento che può durare fino a 18 o 24 mesi, non si vede per quale ragione non possa concedere ulteriori proroghe dopo solo un mese e mezzo di intercettazioni.
7. D'altra parte, la nuova legge dovrà essere valutata anche in rapporto ai possibili effetti sul piano della prevenzione e repressione della criminalità e della tutela dei beni giuridici, anche in rapporto agli obblighi internazionali assunti dal Paese. La legge è tutta orientata a garantire ulteriormente l’indagato e, su un piano di bilanciamento di interessi contrapposti, finisce - questo è il punto - per sacrificare quello all’accertamento di diversi reati, posti a tutela di svariati beni giuridici, individuali e collettivi. Basti solo l'esempio dell'omicidio: Tizio, imprenditore, uccide Caio, concorrente nell'attività d'impresa, rivolgendosi a un killer. Sottoposto ad intercettazioni, rivela il fatto il 46° giorno successivo all'inizio delle operazioni. L'intercettazione non sarà utilizzabile come prova, per quanto le indagini siano ancora in corso e le intercettazioni siano state ritenute indispensabili.
Va poi considerato quel che il Legislatore non ha considerato: in non pochi casi esistono obblighi internazionali assunti dal Paese, che possono risultare di fatto non adempiuti per effetto della nuova legge. Ad esempio, la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (art. 49, co. 2) obbliga l’Italia a “garantire indagini e procedimenti efficaci” nei confronti dei reati oggetto della convenzione. Analoghi obblighi sono previsti da diverse fonti sovranazionali, per esempio in rapporti ai reati di market abuse. In questi e in consimili casi, potrebbero prospettarsi questioni di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 11 e 117, co. 1 Cost., per inadempimento di obblighi sovranazionali relativi agli strumenti investigativi e all'efficacia dell'azione repressiva.
8. Una notazione finale. La legge Zanettin non è coerente con l’indirizzo politico-criminale di questa Legislatura, orientato all’introduzione di nuovi reati, per molti dei quali sono possibili le intercettazioni telefoniche, un domani con il limite di durata di 45 giorni. E’ ad esempio il caso del nuovo delitto per i rave party (art. 633 bis c.p.) o dell’aggressione a pubblici ufficiali in servizio o medici. Per non dire poi delle diverse ipotesi di reato che saranno introdotte dal pacchetto sicurezza (ad es., l’occupazione abusiva di immobili) o del delitto di femminicidio, oggetto di un disegno di legge d'iniziativa governativa.
E' incoerente puntare sull’arma della pena, introducendo reati e aumentando le pene (consentendo le intercettazioni), e poi spuntare l’arma delle intercettazioni per l’accertamento di quegli stessi reati. Paradossalmente, la proposta di legge può indebolire l’azione di repressione delle forme di criminalità comune, contro le quali sono diretti i più recenti interventi normativi. O forse paradossale non è, perché ai tempi del populismo penale interessa evidentemente l'effetto-annuncio dell'introduzione di un reato, più che il suo effettivo accertamento.
E' il risultato del combinato disposto di una politica in materia penale che - in ogni caso con interventi non improntati ad equilibrio delle soluzioni - si mostra un giorno smaccatamente populista e, il giorno dopo, marcatamente garantista. Il 7 marzo viene presentato il disegno di legge governativo che introduce il delitto di femminicidio; il 19 marzo viene approvata la legge che limita a 45 giorni la durata delle intercettazioni anche per l'introducendo delitto di femminicidio.