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11 Febbraio 2025


Intimità in carcere: l’accoglimento di un reclamo ex art. 35 bis o.p. segna la strada per la concretizzazione della sentenza della Corte costituzionale

Magistrato di Sorveglianza di Spoleto, ord. 29 gennaio 2025, Giud. Gianfilippi



1. All’indomani della sentenza n. 10 del 2024[1], con cui la Corte costituzionale apriva ai colloqui intimi all’interno delle carceri, una voce autorevole della magistratura di sorveglianza immaginava «un’amministrazione prevedibilmente riottosa o titubante» di fronte a questa novità, e profetizzava che l’intervento del giudice di sorveglianza avrebbe rappresentato «la via privilegiata, se non unica, per rendere effettiva quella che la Corte definisce una tappa importante — forse decisiva — del percorso di inveramento del “volto costituzionale della pena”»[2].

A un anno dal deposito di quella sentenza, entrambe le previsioni sembrano essersi avverate. Non soltanto, in questo lasso di tempo, in nessun istituto del paese è stata svolta una visita intima, nonostante ve ne sia stata richiesta[3], ma una svolta decisiva per l’inveramento del principio affermato dalla Corte costituzionale potrebbe essere segnata dal provvedimento di un magistrato di sorveglianza, l’ordinanza di accoglimento del reclamo ex art. 35 bis o.p. che si segnala all’interesse dei lettori.

 

2. Nel caso di specie, l’Ufficio di Sorveglianza di Spoleto – nella persona del Dott. Fabio Gianfilippi, già estensore dell’ordinanza di rimessione della questione di legittimità costituzionale poi accolta nella sentenza citata in apertura[4] – era chiamato a valutare se il rifiuto opposto dalla direzione della casa circondariale di Terni alla richiesta di un colloquio intimo ledesse il diritto all’affettività della persona detenuta istante.

Il diniego della visita senza il controllo a vista del personale di custodia si fondava su due ragioni: la mancata predisposizione di locali idonei a svolgere questo tipo di visite e la volontà di attendere le istruzioni di uffici superiori.

La persona detenuta reclamante evidenziava che, nel lungo periodo trascorso dall’apertura della Corte costituzionale, l’amministrazione non avesse adottato iniziative concrete per la realizzazione di spazi per l’affettività, privandolo così del diritto di vivere momenti di intimità con la propria compagna.

Su richiesta del magistrato di sorveglianza, la direzione dell’istituto produceva una relazione sul comportamento tenuto dal reclamante e ribadiva le ragioni a fondamento del rigetto, ripetendo di essere in attesa delle determinazioni del gruppo multidisciplinare costituito dal DAP. Segnalava, inoltre, di aver individuato un luogo in cui collocare due prefabbricati da destinare all’uso, verificandone la fattibilità con una ditta esterna.

 

3. Come anticipato, il magistrato di sorveglianza condivide le ragioni della persona detenuta, accogliendo il reclamo proposto.

Rammentato il monito a più destinatari contenuto nella sentenza n. 10 del 2024[5], l’ordinanza in commento prosegue sintetizzando in poche battute il vademecum approntato dai giudici costituzionali per consentire all’amministrazione penitenziaria di dare immediatamente il via ai colloqui intimi[6]. Menziona, poi, fra i precedenti rilevanti, la recentissima sentenza della Corte di cassazione che, ribadita la valenza di diritto dell’affettività inframuraria, ha confermato la possibilità per le persone detenute di attivare il reclamo ex art. 35 bis o.p. nel caso di provvedimenti dell’amministrazione lesivi di tale diritto[7].

Tanto premesso, l’ordinanza passa a soppesare le argomentazioni poste a fondamento del diniego dell’istanza della persona detenuta, giudicandole malferme e contraddittorie.

Il rigetto – si legge nel provvedimento – «non è in alcun modo personalizzato, e non evidenzia, cioè, profili soggettivi per i quali il colloquio intimo non potrebbe essere concesso al reclamante. Vi si trovano piuttosto elencate criticità organizzative alla luce delle quali non è stato possibile, sino ad oggi, consentire a nessun detenuto ristretto presso quell’istituto penitenziario di fruire dei colloqui intimi con il partner». In più, da un lato «si citano alcune azioni prodromiche all’attuazione svolte negli scorsi mesi», dall’altro ci si premura di affermare che «si è in attesa delle determinazioni degli uffici superiori, e non si ritrova alcuna calendarizzazione dei passaggi successivi da compiersi».

Le operazioni cautamente embrionali messe in atto dalla direzione dell’istituto di Terni appaiono, dunque, al magistrato di sorveglianza assolutamente insufficienti. In primis, perché la Corte costituzionale affidava esplicitamente l’operazione di inveramento del principio affermato «all’amministrazione penitenziaria, per altro facendo un espresso riferimento non soltanto ai suoi gangli centrali, ma anche a quelli periferici, e dunque anche alle singole Direzioni». In secondo luogo, perché un anno è trascorso invano anche dalla ricezione di una nota dello stesso Ufficio di sorveglianza, con cui si sollecitava sin da subito l’istituto a dare notizia delle iniziative intraprese per attuare la sentenza della Corte costituzionale.

Quanto alle ragioni del reclamante, il magistrato di sorveglianza osserva che non vi sono motivi ostativi alla concessione del colloquio intimo, dal momento che dalla relazione comportamentale resa dall’istituto emerge che «serba una condotta in tutto regolare, senza che si evidenzino comportamenti disciplinarmente rilevanti dai quali possa trarsi la convinzione di un rischio di strumentalizzazione a fini illeciti del colloquio richiesto», specificando che «in questo senso restrittivo sembra doversi leggere il richiamo della Corte costituzionale all’eventuale presenza di sanzioni disciplinari, non trattandosi di istituto che è possibile attrarre nell’ambito della premialità».

Se nessuno dei motivi indicati dalla sentenza n. 10/2024 ostava allo svolgimento di un colloquio intimo da parte del reclamante, dal diniego opposto all’istanza avanzata «deriva un grave ed attuale pregiudizio all’esercizio del diritto all’affettività del condannato». La direzione dell’istituto deve, pertanto, consentire lo svolgimento della visita intima ingiustamente negata entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento.

In conclusione, il magistrato di sorveglianza sottolinea come la stessa Corte costituzionale avesse previsto un’attuazione graduale della propria decisione[8], «attraverso soluzioni anche temporanee, che progressivamente lascino spazio ad altre più strutturate e complesse da realizzare». Di conseguenza, nel termine stringente indicato, la c.c. di Terni potrà dare attuazione all’ordine formulato anche mediante accomodamenti non definitivi, «in vista della realizzazione, ove non possibile in tempi così stretti, di strutture da collocare nei pressi dell’area verde, come nei progetti indicati dalla Direzione».

***

 

4. Come anticipato in apertura, il provvedimento in commento si segnala all’interesse dei lettori perché consente di intravedere l’esercizio di un diritto – quello all’affettività inframuraria – sino ad oggi ancora riconosciuto soltanto sulla carta. Grazie all’accoglimento del reclamo giurisdizionale proposto, finalmente una persona detenuta potrà godere di un momento di intimità con la propria compagna all’interno del carcere.

In concreto, la visita intima potrebbe avvenire nei sessanta giorni indicati dal magistrato di sorveglianza, magari in locali di fortuna. Oppure i tempi potrebbero allungarsi: qualora l’amministrazione non adempia all’ordine contenuto nell’ordinanza di accoglimento, la persona detenuta (o il suo difensore munito di procura speciale) potrebbe dover attivare lo strumento del giudizio di ottemperanza di cui al quinto comma dell’art. 35 bis o.p.

Resta il fatto che non siamo mai stati così vicini all’attuazione, sia pur solamente parziale, del principio affermato dai giudici costituzionali. In più, se è vero che si tratta della vicenda di un singolo, il risultato conseguito attraverso l’intervento del magistrato di sorveglianza segna la strada per ottenere la medesima conquista su larga scala.

Per superare l’immobilismo dell’amministrazione penitenziaria, infatti, l’itinerario da seguire sembra essere, in ogni istituto e a partire da singole posizioni, la presentazione dell’istanza per ottenere il colloquio e, in caso di diniego, l’attivazione degli strumenti del reclamo giurisdizionale ed eventualmente del giudizio di ottemperanza[9].

In questo tragitto, che vede la magistratura di sorveglianza protagonista, il provvedimento in commento sembra rappresentare una preziosa bussola. Non soltanto, come detto, perché indica un percorso, ma anche perché offre una precisa lettura di un profilo discusso della sentenza n. 10 del 2024, quello dell’inserimento dell’esigenza di mantenimento della disciplina fra le ragioni ostative alla fruizione dei colloqui.

Se, infatti, una parte della dottrina aveva evidenziato come tale scelta della Corte potesse «spostare l’asse della valutazione sul profilo della meritevolezza del colloquio intimo, un’ottica tutta premiale che contraddice la natura di diritto inviolabile riconosciuta all’espressione dell’affettività»[10], l’interpretazione accolta dal magistrato di sorveglianza, nell’inciso relativo alla condotta del reclamante, depotenzia questo rischio[11].

C’è da augurarsi, allora, che anche questo passaggio dell’ordinanza in commento non vada perso, orientando la magistratura di sorveglianza nel processo di concretizzazione del diritto all’intimità inframuraria che potrebbe essere presto chiamata a svolgere.

 

 

[1] Corte cost. 26 gennaio 2024 (ud. 6 dicembre 2023), n. 10, Pres. Barbera, red. Petitti, in questa Rivista con nota di I. Giugni, Diritto all’affettività delle persone detenute: la Corte costituzionale apre ai colloqui intimi in carcere.

Fra i molti commenti alla pronuncia della Corte costituzionale si segnalano P. Beccari, Corpi reclusi, nessuna intimità. Sulla sentenza n. 10/2024 della Corte costituzionale, in disCrimen, 2024; M.G. Brancati, Amore che vieni, amore che vai. Note penalistiche sulla illegittimità costituzionale del controllo a vista della persona detenuta (a margine di Corte cost., 26 gennaio 2024, n. 10), in Arch. pen., 2024; R. De Vito, Frammenti di un nuovo discorso amoroso: la Corte costituzionale n. 10 del 2024 e l’affettività in carcere, in Quest. Giust., 2024; L. Fabiano, Abulia legislativa e necessità di garanzie sostanziali in tema di diritti in carcere, in www.lecostituzionaliste.it, 2024; A. Menghini, Affettività in carcere: gioie e dolori di una sentenza epocale, in Foro it., 2024, p. 1369 ss.; A. Pugiotto, Amore dietro le sbarre: la Costituzione bussa ai cancelli della prigione, pubblicato su Il Manifesto in data 30.1.2024, 1; A. Ruggeri, Finalmente riconosciuto il diritto alla libera espressione dell’affettività dei detenuti, in Giur. cost., 2024, p. 161 ss.; M. Ruotolo, Il riconoscimento del diritto all'intimità delle persone detenute in un'originale additiva ad attuazione progressiva, ivi, 90 ss.; S. Talini, L’intimità quale diritto inviolabile «anche» negli istituti penitenziari. Considerazioni a margine della sent. n. 10/2024, in Quad. cost., 2024, p. 179 ss.; P. Veronesi, L’amore ai tempi delle catene: affettività e carcere secondo la sentenza n.10 del 2024, in Nomos, 2024; e, volendo, I. Giugni, Affettività in carcere. Note in attesa dell’attuazione di Corte cost., sentenza n. 10 del 2024, in Osservatorio AIC, 2024, p. 286 ss.

[2] Così M. Bortolato, Il diritto all'intimità del colloquio: osservazioni a Corte cost. 10/2024, in Giur. cost., 2024, p. 108.

[3] A settembre 2024, 55 persone detenute presso la c.c. di Roma Rebibbia hanno inviato un reclamo collettivo al Garante regionale per i diritti delle persone ristrette, rappresentando di aver richiesto la possibilità di svolgere colloqui intimi senza avervi però avuto accesso. La direzione dell’istituto, infatti, rispondeva loro che era in attesa di disposizioni e chiarimenti dal gruppo multidisciplinare istituito dal Ministero. Un mese dopo, anche 102 detenuti del carcere di Viterbo hanno presentato un reclamo analogo, segnalando di aver inoltrato richieste individuali per ottenere un colloquio intimo, senza tuttavia ricevere alcuna risposta dall’amministrazione.

In entrambi i casi, il Garante ha formalmente raccomandato alla direzione degli istituti di individuare con urgenza spazi idonei per le visite intime e, «in assenza di determinazioni ministeriali», di regolamentarne la fruizione con un proprio ordine di servizio, in considerazione della immediata applicabilità della sentenza n. 10 del 2024 e «della necessità di garantire a tutti gli aventi diritto la sua fruizione in maniera omogenea quanto ai tempi e alla frequenza dei colloqui». Cfr. le raccomandazioni consultabili sul sito del Garante della regione Lazio, nella sezione “Progetti e strumenti”, sottosezione “Il diritto all’affettività in carcere”.

[4] Cfr. Trib. sorv. di Spoleto, ord. 14 dicembre 2022, n. 23/2023, in questa Rivista, con nota di S. Talini, Un passo decisivo verso la garanzia della sessualità intramuraria?

[5] Cfr. § 9 Corte cost. n. 10/2024.

[6] Cfr. §§ 6-8 Corte cost. n. 10/2024.

[7] Cass. Sez. I, ud. 11.12.2024 (dep. 2.1.2025), n. 8, Pres. Mogini, Rel. Masi, ric. Sbordone, in questa Rivista.

[8] Proprio evidenziando questa caratteristica, definisce la sentenza n. 10 del 2024 una “sentenza additiva ad attuazione progressiva o graduale”, M. Ruotolo, Il riconoscimento del diritto all'intimità delle persone detenute in un'originale additiva ad attuazione progressiva, cit., p. 97-98.

[9] Segnala questa strada per ottenere l’attuazione della sentenza n. 10/2024, nell’ambito di una strategia che coinvolge più soggetti, A. Pugiotto, Dopo la sent. n. 10/2024 della Corte costituzionale: dal riconoscimento all’esercizio del diritto all’intimità in carcere, in www.ristretti.it, 2024, p. 10 ss.

[10] Così A. Menghini, Affettività in carcere: gioie e dolori di una sentenza epocale, cit., 1372. Sul rischio di piegare i colloqui intimi alle logiche della premialità v. anche R. De Vito, Frammenti di un nuovo discorso amoroso: la Corte costituzionale n. 10 del 2024 e l’affettività in carcere, cit., e, sia consentito, I. Giugni, Affettività in carcere. Note in attesa dell’attuazione di Corte cost., sentenza n. 10 del 2024, cit., p. 300 ss.

[11] Nello stesso senso, osserva che nella sentenza n. 10 del 2024 si prescrive di tenere conto di eventuali infrazioni in una valutazione complessiva, imponendo, dunque, di motivare l’incidenza negativa che il singolo illecito disciplinare possa avere sulla fruizione del colloquio intimo, S. Talini, L’intimità quale diritto inviolabile «anche» negli istituti penitenziari. Considerazioni a margine della sent. n. 10/2024, cit., 182.