ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Documenti  
18 Aprile 2024


Liberazione anticipata: una proposta meritoria e necessaria, che richiede una doverosa messa a punto

D.d.l. C 552 recante "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione della liberazione anticipata, e disposizioni temporanee concernenti la sua applicazione"



Pubblichiamo di seguito il testo scritto dell’audizione del 16 aprile 2024 del prof. Glauco Giostra alla Commissione II Giustizia della Camera dei Deputati nell'ambito dell'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 552 Giachetti, recante "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione della liberazione anticipata, e disposizioni temporanee concernenti la sua applicazione". 

***

 

La situazione carceraria è da tempo drammatica e indegna di un Paese civile, come ebbe a dire il Presidente Mattarella.  

Servirebbe una profonda palingenesi della risposta penale al reato in grado di fare dell’esecuzione carceraria l’extrema ratio e l’occasione per offrire al condannato una vita intramuraria ritmata non già da una immota clessidra senza sabbia, ma da impegnativi percorsi di formazione e di prestazioni a favore della vittima e della società.  

In mancanza di una tale riforma continueremo periodicamente a trovarci nella identica situazione attuale. Si scaricano con irresponsabile sollievo sociale nel pozzo della pena detentiva tutte le acque reflue (o ritenute tali) della convivenza civile; poi, quando il tetro e ignorato pozzo si ritiene “troppo pieno”, si cerca di abbassarne il livello con rimedi improvvisati e non risolutivi. Sino al 1990 si è provveduto con lo “sfioro” dell’amnistia e dell’indulto: si noti che il “troppo pieno”, all’epoca, era rappresentato da una popolazione penitenziaria che era meno della metà dell’attuale! Da allora, per “vuotare” il carcere, come si dice nel greve slang politico-mediatico, si è fatto ricorso a “secchi” sempre più grandi, dilatando gli strumenti ordinari. Nel 2010 si introdusse, sbandierandone la natura eccezionale e transitoria, l’esecuzione presso il domicilio per pene o residui di pena sino a 12 mesi. Dopo appena un anno non era più misura transitoria e veniva innalzato a 18 mesi il periodo di pena eseguibile presso il domicilio (d.l. 211/2011, Intervento urgente per il contrasto della tensione detentiva). Tempo due anni e intervenne l’umiliante condanna di Strasburgo (sent, Torreggiani) per sovraffollamento. Alla fine del 2013 venne introdotta la liberazione anticipata speciale (75 giorni a semestre). E l’imbarazzante storia continua.

 

In questa situazione di “cronica emergenza”, tra i rimedi tampone, è in discussione la proposta dell’on. Giachetti in materia di liberazione anticipata. 

Nel disarmante panorama attuale sembra questa la risposta più convincente, anche se ovviamente non risolutiva, perché riesce a coniugare l’esigenza di de-affollamento con quella di riservare alla pena la funzione che la Costituzione le assegna. A regime si propone di innalzare la riduzione di pena per ogni semestre in cui il condannato ha dato prova di partecipazione all’opera rieducativa dagli attuali 45 a 60 giorni. Come misura eccezionale e transitoria si prevede, invece, un innalzamento a 75 giorni con effetto retroattivo a partire dal 2016 (cioè da quando la precedente disposizione eccezionale aveva cessato di operare) e per i prossimi due anni, naturalmente sempre ove sia stata riconosciuta o si accerti la positiva partecipazione all’opera rieducativa.

 

Proprio perché si considera questa tra le poche proposte serie in circolazione sarebbe bene rimuoverne tempestivamente le criticità di natura tecnica in grado di pregiudicarne la funzionalità.

La più vistosa riguarda l’improvvido affidamento della competenza a decidere sulle riduzioni di pena al direttore dell’istituto penitenziario: scelta costituzionalmente indifendibile, in quanto deroga alla riserva di giurisdizione in materia di libertà personale. Né vale osservare, come si afferma nella relazione accompagnatoria, che si tratta di una decisione di carattere automatico. È vero che quando il «condannato sia incorso in una sanzione disciplinare che possa pregiudicare la partecipazione all’opera di rieducazione», il direttore dell’istituto deve passare la competenza al magistrato di sorveglianza. Ma si tratta di una previsione doppiamente infelice: da un lato, perché tenta di occultare una delicata discrezionalità, in quanto è pur sempre il direttore a stabilire quando una infrazione disciplinare può compromettere il percorso risocializzativo; dall’altro, perché trasmette l’idea che la riduzione di pena spetti sempre a chi risulta disciplinarmente incensurato. In realtà, come una infrazione disciplinare non può ritenersi di per sé ostativa al riconoscimento della riduzione di pena, così l’irreprensibilità disciplinare non può di per sé attestare la partecipazione all’opera rieducativa (non risulta che Messina Denaro abbia mai commesso infrazioni disciplinari).

Beninteso, si comprende la ragione di fondo che ha indotto ad attribuire la competenza al direttore: quella, cioè, di sgravare la magistratura di sorveglianza, già in affannoso arretrato, di un altro, gravoso compito. Sia detto per inciso: non ci troveremmo a questo punto se agli uffici di sorveglianza fossero state destinate risorse del PNNR, come è avvenuto per gli altri uffici giudiziari.

 

Non si può tuttavia cercare di porre rimedio ad una situazione costituzionalmente e convenzionalmente inaccettabile, come il sovraffollamento carcerario, ricorrendo ad uno strumento incostituzionale.

Si potrebbero almeno in parte recuperare le fondate esigenze di semplificazione procedurale, senza deragliamenti costituzionali, quando si tratta di maggiorare la detrazione di pena rispetto a riduzioni già concesse dal 2016 ad oggi. La nuova norma ne prevede l’incremento di ulteriori trenta giorni a semestre, «a condizione che successivamente alla originaria detrazione il condannato abbia continuato a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione». Ebbene, se questa condizione viene eliminata, ben potendosi sostenere che sui benefici già concessi sia calato una sorte di “giudicato rieducativo”, si potrebbe affidare al direttore o, meglio, al pubblico ministero l’applicazione – questa sì, automatica – dell’incremento di 30 giorni, che ha a monte un giudizio di meritevolezza effettuato a suo tempo dalla magistratura di sorveglianza.

Un altro punto critico riguarda l’effetto retroattivo della proposta di legge. Mentre il comma 1 dell’art. 2 guarda al futuro, un futuro biennale, in cui la partecipazione all’opera rieducativa darà diritto, eccezionalmente, a 75 giorni di riduzione di pena, il comma 2 dispone – per il passato – che la riduzione straordinaria di 75 giorni a semestre debba essere concessa, a decorrere dal 1° gennaio 2016, «ai condannati che hanno già usufruito della liberazione anticipata (...) a condizione che nel corso dell’esecuzione della misura successiva alla concessione del beneficio abbiano continuato a dare prova di partecipazione all’opera di rieducazione». Ebbene, a parte che è evidente che questo apprezzamento di merito, come sopra osservavamo, non può essere affidato al direttore e che non si capisce, inoltre, per quale ragione il comportamento tenuto dal condannato successivamente alla concessione del beneficio rileverebbe, nella normativa a regime (art. 54 comma 2-bis), soltanto se disciplinarmente censurabile, mentre nella disciplina “speciale” si richiederebbe una positiva partecipazione del condannato, nel senso che abbiamo appena ricordato.

A lasciare perplessi è la limitata portata “retroattiva” della disposizione de qua. La portata deflativa della misura, infatti, sarebbe severamente ridimensionata se il suo effetto retroattivo potesse operare, come attualmente la norma prevede, soltanto con riguardo ai semestri già giudicati positivamente dalla magistratura di sorveglianza. Sappiamo bene come questa sia in comprensibile, grave ritardo nella evasione delle pratiche; come pure, risulta ricorrente nella prassi l’iniziativa cumulativa da parte della difesa rispetto a più semestri: ebbene, rispetto a queste pronunce ancora da emettere o da chiedere la norma così come formulata non consentirebbe, ove positive, di aggiungere l’incremento dei trenta giorni. Né sarebbe possibile praticare analogicamente una lettura estensiva trattandosi di norma eccezionale. Ma se così stanno le cose, la formulazione proposta non soltanto perde gran parte del potenziale deflativo, ma appare costituzionalmente censurabile. Non si vede come potrebbe giustificarsi, rispetto all’art. 3 Cost., la circostanza che – a parità di meriti – un detenuto si vedrà applicare uno sconto di pena pari a 45 giorni a semestre e un altro pari a 75 giorni, solo perché il primo, incolpevolmente, all’entrata in vigore di questa legge, non avrà ancora potuto contare su un formale pronunciamento della magistratura di sorveglianza.