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12 Dicembre 2024


Una fotografia delle indegne condizioni presenti nelle carceri italiane in una ordinanza del magistrato di sorveglianza di Firenze a seguito di reclamo ex art. 35 bis o.p.

Magistrato di Sorveglianza di Firenze, ord. 22 maggio 2024, Giud. Raimondo



*Contributo pubblicato nel fascicolo 12/2024. 

 

1. Segnaliamo in allegato un'interessante ordinanza del magistrato di sorveglianza presso il Tribunale di Firenze in tema di reclamo ex art. 35-bis o.p. Nel caso di specie, risalente al marzo 2024, un detenuto presso la casa circondariale di Sollicciano aveva presentato reclamo in merito alle condizioni in cui si trovava recluso. L'ordinanza in esame pone rilievo all’esperibilità dei rimedi di cui agli artt. 35-bis e 35-ter o.p. non solo per ovviare a situazioni determinate dal sovraffollamento carcerario, ma anche quali strumenti per contrastare alcune condizioni di detenzione particolarmente indecorose e – secondo il giudice di sorveglianza – costituenti una violazione qualora siano “inumane e degradanti”, anche ai sensi dell’art. 3 Cedu.

 

2. Nel reclamo si descriveva una generale inadeguatezza del luogo di detenzione (in particolare della cella), in cui, in primis, le pareti e il soffitto delle camere e delle docce presentavano macchie di umidità e muffa derivanti da infiltrazioni di acqua[1]. Il ricorrente lamentava altresì la presenza di roditori, parassiti e insetti (topi, pidocchi, zecche e cimici dei letti) nella camera, il cui servizio igienico presentava problematiche di contaminazione (non essendoci spazio sufficiente a separare l’area cucina dal servizio igienico) e l’assenza di acqua calda.
Venivano allegati, oltre alla documentazione medica, gli esiti del sopralluogo effettuato da parte degli operatori dell’Asl locale in cui si confermava la presenza di importanti problematiche igienico-manutentive e si chiedeva al magistrato competente, ai sensi degli artt. 35-bis e 69 co. 6, lett. b o.p., di valutare la sussistenza di una violazione e limitazione dei diritti del detenuto e, in tal caso, di porre fine alla stessa, assicurando il ripristino della salubrità degli ambienti di pernottamento e di quelli deputati all’igiene personale.

 

3. Il ricorso è stato accolto. Il magistrato ha tenuto conto degli esiti della perizia allegata al ricorso – che evidenziava importanti problematiche igienico manutentive – correlate alle infiltrazioni di acqua in molte zone a comune all’interno delle sezioni e nelle singole sezioni[2]. Dall’ordinanza emergeva altresì come la situazione dell’istituto di Sollicciano fosse già nota ai magistrati del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, anche a seguito di ingressi presso la struttura.

Nella relazione richiesta per il procedimento in oggetto, l’istituto penitenziario aveva prodotto una relazione dell’Ufficio Tecnico che aveva confermato la necessità di interventi di manutenzione straordinaria all’interno dell’istituto penitenziario, in particolare per le infiltrazioni di acqua. Tali interventi, gestiti dal DAP, si erano però fermati nel febbraio 2023[3]. La relazione, d’altra parte, sembra ridimensionare la gravità di altre problematiche (sempre inerenti alla salubrità degli ambienti all’interno dell’istituto): sulla contaminazione del cibo correlata alla presenza dei servizi igienici all’interno delle celle, veniva segnalato che le camere erano dotate di ventilatori a parete. In merito all’assenza di acqua calda nei servizi igienici in camera, si sottolineava che essa risulta presente nei locali docce a cui i detenuti potevano fruire quotidianamente. Veniva confermata poi la possibilità di malfunzionamento del riscaldamento e dell’acqua calda, ma si sottolineava come tali servizi fossero appaltati a diverse società che intervenivano tempestivamente. L’istituto segnalava altresì che, per la presenza (riconosciuta) gli insetti nelle camere, veniva fatta eseguire periodicamente una disinfestazione della struttura.

In definitiva, il magistrato di sorveglianza conclude affermando che le condizioni del carcere di Sollicciano “possono considerarsi severamente critiche e che tali interventi, necessari per il ripristino di minime condizioni di vivibilità, “devono ritenersi assolutamente indispensabili, non sospendibili e non più ulteriormente rinviabili”. Ad ogni modo, non tutte le doglianze vengono ritenute violazioni di diritti del reclamante, quali ad esempio il mancato cambio delle lenzuola (di cui non vi è prova), la presenza del servizio igienico all’interno della camera di pernottamento[4], la conformazione delle aree per i passeggi[5] e la mancanza di acqua calda nella camera. Su quest’ultimo punto il giudice, oltre a rilevare che tale circostanza risulta “pacifica nel carcere di Sollicciano”, a fortiori sottolinea che secondo la giurisprudenza – sia italiana sia sovranazionale – tale situazione comporti un “mero disagio”, tenuto altresì conto della possibilità di disporre dell’acqua calda non direttamente nella propria stanza ma nei locali docce con cadenza quotidiana[6].

 

Nell’ordinanza il magistrato aggiunge altresì che l’inadeguatezza degli spazi – la quale “incide in maniera preoccupante, con conseguenti costi sanitari e non solo” – costituisce potenzialmente presupposto per il risarcimento, anche a carattere pecuniario, di cui all’art. 35-ter[7] o.p.

 

Da ultimo, nell’ordinanza il magistrato ordina all’Amministrazione Penitenziaria l’immediata ripresa degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria già nuovi o già programmati entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza. Il giudice ordina altresì di provvedere ad una adeguata disinfestazione dei locali. Si indica poi che, in caso di inerzia dell’amministrazione, il reclamante dovrà essere trasferitoin diverso istituto ove siano garantite le minime condizioni di vivibilità[8].

 

4. L’ordinanza in esame sottolinea, ancora una volta, la situazione di grave disagio in cui vertono le carceri italiane, tra sovraffollamento, rischio suicidario e carenze strutturali[9]. Il magistrato di soreglianza riconosce le carenze igienico-manutentive del Carcere di Sollicciano quali violazioni del “diritto alla salute e del diritto ad una detenzione rispettosa del senso di umanità e della propria dignità[10].

In chiave critica, il caso in esame evidenzia la problematicità dell’individuazione delle posizioni giuridiche tutelabili[11] dall’art. 35-bis o.p. Non soffermandosi in questa sede sui requisiti di attualità[12] e gravità del pregiudizio[13], il problema interpretativo rilevante per il caso in esame risulta l'individuazione delle posizioni giuridiche soggettive tutelabili[14]. Per tale individuazione, la giurisprudenza di legittimità si è sempre rifatta alla distinzione tra diritti soggettivi e aspettative di mero fatto, per le quali si è ritenuto applicabile solo il reclamo de plano ex art. 35[15]o.p.

Nel caso di specie il giudice non ha riconosciuto il carattere di diritto ad alcune doglianze presentate nel reclamo. Ad esempio, non ha ritenuto che la doglianza sull’assenza dell’acqua calda nella stanza del ricorrente fosse una violazione di un diritto dello stesso, definendolo, secondo le pronunce della Corte di Cassazione, un “mero disagio” collegato a “contesti di vita intramuraria poco confortevoli o alla necessità di subire, per periodi non prolungati, disagi non previsti, né prevedibili” e non un trattamento inumano e degradante ai sensi dell’art. 3 CEDU[16].

Ad ogni modo, per il riferimento alla giurisprudenza sovranazionale vanno tenuti in considerazione due aspetti. In primis, per valutare una violazione dell’art. 3, la Corte Edu utilizza quale criterio il superamento di una soglia minima di gravità, individuata caso per caso, in relazione a (i) le circostanze oggettive del fatto e (ii) le qualità soggettive della vittima[17]. In secondo luogo, ogni sentenza va interpretata in relazione ai fatti ai quali si riferisce e in tale ambito è la stessa giurisprudenza della Corte – proprio in ragione del carattere assoluto della proibizione di cui all’art. 3 – ad essere flessibile, in particolare in tema di condizioni detentive[18].

Ulteriore aspetto rilevante riguarda l’ordine che il magistrato ha rivolto all’amministrazione penitenziaria per fare cessare la violazione. Il giudice, pur riconoscendo la necessità di risolvere le problematiche generali dell’istituto per poter fare cessare la violazione dei diritti del reclamante[19], ordina – in subordine – di trasferire quest’ultimo nel caso di inerzia dell’amministrazionein caso di inerzia dell’amministrazione protrattasi oltre il termine […] per assicurare il diritto primario del detenuto non resta che ordinarne il trasferimento in un diverso istituto ove siano garantite le minime condizioni di vivibilità”. Secondo una prima osservazione, il trasferimento potrebbe risultare una soluzione eccentrica in un sistema in cui il sovraffollamento degli istituti penitenziari è endemico[20]. A nostro parere invece il magistrato di sorveglianza fa pressione sull’amministrazione penitenziaria per una risoluzione generale delle problematiche dell’istituto (primo ordine) tenuto altresì conto che, in un sistema in cui al momento risultano sovraffollati 137 istituti su un totale di 189[21], risulterà difficile individuare un istituto in cui le “minime condizioni di vivibilità” potranno essere rispettate.

Da ultimo, la situazione descritta nell’ordinanza circa l’inadeguatezza degli spazi – come sottolineato dallo stesso magistrato – può rilevare anche in relazione ad il rimedio previsto all’art. 35-ter o.p., che inoltre risulta – sempre dal giudice – essere stato già utilizzato per ovviare alle problematiche circa le carenze igienico manutentive dell’istituto[22]. Lo strumento in esame – esperibile nel caso in cui il pregiudizio ai diritti del detenuto sussista per un periodo di tempo non inferiore a quindici giorni ed in condizioni di detenzione tali da violare l’art. 3 della CEDU – viene utilizzato frequentemente per fornire un rimedio compensativo (spesso sia di tipo economico sia in sconto di pena da espiare) al sovraffollamento degli istituti penitenziari. Il fatto che sia lo stesso magistrato a indicare le violazioni in esame quali potenzialmente rilevanti anche per il rimedio de quo è interessante, tenuto anche conto del fatto che la giurisprudenza sovranazionale ha rilevato violazioni dell’art. 3 Cedu non solo in relazione al sovraffollamento ma anche in relazione alle condizioni di vita all’interno della stessa, rilevando ad esempio la mancanza di luce naturale e di aerazione[23], la luce artificiale e acqua potabile[24], ma anche l’eccessivo calore o il troppo freddo[25], la presenza di topi o l’infestazione di insetti[26] o la mancata riparazione dei guasti[27] da parte dell’amministrazione o la prolungata interruzione dei servizi. La possibilità di riconoscere un rimedio di carattere compensativo per situazioni di degrado degli spazi carcerari “diverse” dalla problematica del sovraffollamento sembra essere stata riconosciuta anche dalla nostra giurisprudenza di legittimità[28].

In conclusione, a nostro parere l’ordinanza mostra come una detenzione inumana e degradante non possa più essere considerata una emergenza, ma una situazione ormai “emersa” da troppo tempo e costituente una violazione dei diritti dei detenuti. In particolare, l’ordinanza sottolinea come siano considerate violazioni non solo il sovraffollamento ma anche le condizioni di vita all’interno delle stesse, a partire dalla agibilità degli spazi e della loro manutenzione. Su quest’ultimo aspetto, il Decreto “carcere sicuro” (varato all’inizio dell’estate 2024 e convertito in legge con la l. 8 agosto 2024, n. 112 e meglio conosciuto come “Decreto Carceri”) sembra riconoscere la problematica degli spazi carcerari prevedendo all’art. 4-bis la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria[29]. Ad ogni modo, tale risposta non si presenta come risolutiva nel breve periodo e a ciò si dovrebbe puntare, tenuto conto altresì che il tasso di sovraffollamento delle nostre carceri – al momento di circa il 121%[30] – non è lontano dal dato che nel 2013 costò all’Italia una condanna dalla Corte Edu (facendo riferimento anche al dato del sovraffollamento carcerario)[31]. Sul punto si ricorda altresì che la nomina di un Commissario straordinario è stata una strada già tentata tra il 2010 ed il 2013 (anno, appunto, della Torreggiani c. Italia) e non aveva dato i risultati sperati[32].

 

 

 

[1] Tali infiltrazioni comportavano distacchi di intonaco sia nelle singole celle sia nelle varie sezioni e anche negli spazi in comune. – Cfr. p. 2 della ordinanza in commento.

[2]L’intero edificio è affetto da gravissime problematiche più volte segnalate ed evidenziate. Tra le più rilevanti (evidenziate in molti reparti) vi è la presenza frequente di acqua a terra, muffa sulle pareti delle docce e nei locali comuni, cimici nei letti, vecchie sfogliature di intonaco in attesa di ripristino su pareti e soffitto (dovute per lo più a pregresse infiltrazioni di acqua piovana)”. Si sottolinea, inoltre, che le carenze di carattere strutturale che affliggono l’istituto hanno portato all’inagibilità della seconda cucina dell’istituto, inaugurata nel 2020 e già non utilizzabile. – p. 2 della ordinanza in commento.

[3] V. ordinanza in commento, pp. 2-3.

[4] Per il magistrato, essendo esso dotato di porta e del tutto separato dalla stanza, non si ravvisa alcuna violazione.

[5] I quali “certamente potranno in un futuro essere migliorati” ma che sono dotati di zone anche coperte a protezione degli eventi atmosferici.  – p. 2 della ordinanza in commento.

[6] V. p. 2 della ordinanza in commento.

[7] Sempre in tale pagina si menziona che le “annose problematiche circa le carenze igienico-manutentive” dell’istituto sono già state rilevate e oggetto di provvedimenti giurisdizionali in sede di reclamo risarcitorio ex art. 35-ter o.p. emessi dalla magistratura di sorveglianza locale. – V. ordinanza in commento, p. 5.

[8] Ibid., p. 6.

[9] Si segnala l’ultimo rapporto della Associazione Antigone sul tema. Toccante la testimonianza di due detenuti del carcere di Brescia, pubblicata su Sistema Penale – Dai detenuti una lettera straziante e una detenzione dal carcere, 17 agosto 2024, in questa Rivista.

[10] V. ordinanza in commento, p. 4.

[11] Come altresì sottolineato da Della Bella A., Emergenza carceri e sistema penale: i decreti legge del 2013 e la sentenza della Corte cost. n. 32/2014: aggiornato al D.L. 20 marzo 2014, n. 36, Giappichelli, 2014, p. 137 ss.

[12] Il requisito vale ad escludere dall’area dei reclami ammissibili i casi in cui il detenuto lamenti una violazione subita in passato e non più in atto, oppure i casi in cui si voglia prevenire una possibile violazione futura. – Della Bella A., cit., p. 139

[13] La dottrina si è soffermata sul requisito della gravità, apparentemente indeterminato: già solo la violazione di un diritto del detenuto dovrebbe infatti essere considerata grave, essendo quindi giustificato un intervento da parte del magistrato di sorveglianza anche in caso di scarsa gravità. A fortiori, anche la nozione di gravità ex se sembra essere rimessa alla valutazione discrezionale del giudice: sembra necessario selezionare solo i casi di violazione più rilevanti anche alla luce delle scarse forze di cui ancora dispone la magistratura di sorveglianza. – Della Bella A., cit., pp. 137-140 ss.; Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 939.  La situazione della magistratura di sorveglianza risulta, negli anni, peggiorata, come è emerso in un recente workshop organizzato presso l’Università degli Studi di Milano.

[14]Come è stato segnalato, l’art. 69 delimita l'area dei diritti tutelabili, onde evitare problematiche di competenza amministrativa o civile, in primis dal tenore letterale della disposizione secondo cui la violazione del diritto deve discendere dall’inosservanza di disposizioni previste dalla presente legge e dal relativo regolamento (quindi, derivanti dalla l. 26 luglio 1975 n. 354 sull’ordinamento penitenziario e il dpr 30 giugno 2000). Sulla capacità selettiva del criterio, è stato osservato che esso non sembra particolarmente stringente in considerazione della portata generalissima dei principi introduttivi della legge di ordinamento penitenziario. Tale distinzione appare chiara più nell’astratto che nel concreto, come dimostra la giurisprudenza: alcune situazioni a cui ha riconosciuto il rango di diritto in passato sono: il diritto ad avere colloqui visivi e telefonici, a non subire perquisizioni ingiustificate, ad incontrare un ministro di culto religioso; di contro, non è stato riconosciuto il rango di diritto – vendendosi quindi negata la tutela giurisdizionale – alla pretesa del detenuto di ricevere copie di un’istanza o della dotazione di acqua calda e docce all’interno delle celle.

 – Della Bella A., cit., pp. 137-138; Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., Ordinamento penitenziario commentato (6. Ed), Padova, 2019, p. 939.

[15] Della Bella A., cit., p. 137.

[16] Cfr. Cass. pen., sez. 1 penale, sentenza 11 aprile –24 settembre 2019, n. 39096.

[17] cfr. F. Casibba - A. Colella, Art. 3, in G. Ubertis-F. Viganò (a cura di), Corte di Strasburgo e giustizia penale, Torino, 2022, p. 79.

[18]il carattere assoluto della proibizione sancita dall’art. 3 Cedu impone invero all’interprete di ritenerne sussistente la violazione solo a fronte delle forme più gravi di mistreatments, onde evitare la “bagatellizzazione” della relativa tutela. La giurisprudenza di Strasburgo, tuttavia, si assesta di frequente su posizioni meno rigorose: esempi paradigmatici, oltre alle pronunce in tema di sovraffollamento carcerario, sono una sentenza in cui la Corte ha qualificato come trattamento degradante gli schiaffi inferti dalla polizia a due giovani trattenuti in commissariato, uno dei quali minorenne, e quelle in cui il giudice europeo ha ritenuto che l’effettuazione di una visita ginecologica in presenza di agenti uomini integrasse una condotta suscettibile di ricadere entro l’ambito applicativo della norma in commento” – F. Casibba - A. Colella, Art. 3, cit., p. 80.

[19]È invero impossibile assicurare al reclamante uti singulus il ripristino di una situazione di piena esecuzione non contraria al senso di umanità se non risolvendo a monte le problematiche generali che investono l’intero edificio sotto il profilo strutturale e igienico-manutentivo e dunque con interventi di manutenzione straordinaria di risanamento” – v. ordinanza in commento, p. 5.

[20] Dagli ultimi dati pervenuti sul sito del Ministero della Giustizia (aggiornati al 31 ottobre 2024 e consultabili al presente link), risultano 137 istituti penitenziari sovraffollati su un totale di 189 istituti penitenziari presenti in Italia. In particolare, in Toscana, su 16 istituti, quelli sovraffollati risultano 9 su 16, ma andrebbe poi verificata la agibilità dei 7 istituti ancora “liberi”.

[21] Cfr. nota sopra.

[22]Le annose problematiche circa le carenze igienico manutentive dell’istituto sono da tempo drammaticamente segnalate […] A tale riguardo si evidenzia che il Presidente del Tribunale di Sorveglianza […] ha direttamente segnalato al Ministro della Giustizia le gravi carenze riscontrate anche a seguito di una riunione (avvenuta il 26 gennaio 2024)[…] all’esito del quale sono state individuate possibili strategie di intervento per porre rimedio alle gravi carenze, peraltro già oggetto di provvedimenti giurisdizionali in sede di reclamo risarcitorio ex art. 35-ter o.p. emessi dalla magistratura di sorveglianza locale”[…]“v’è da aggiungere che l’inadeguatezza degli spazi incide in maniera preoccupante, con conseguenti costi sanitari e non solo (potenziale risarcimento anche a carattere pecuniario ex art. 35-ter o.p.) oltrechè per le persone ristrette, sui lavoratori costretti a condividere con la popolazione detenuta ambienti malsani e non a norma dal punto di vista della sicurezza sui luoghi di lavoro”. – v. ordinanza in commento, p. 5.

[23] Ex plurimis, C. eur. 9-10-08, Moisseiev c. Russia; C. eur. 8-7-2014, Harakchiev e Tolumov c. Bulgaria in Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 494.

[24] C. eur. 29-5-18, Pocasovschi e Mihaila c. Russia e Moldova - in Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 494.

[25] C. eur. 19-4-01, Peers c. Grecia; C. eur. Grande Camera, 8-7-04, Ilascu ed altri c. Moldova e Russia - in Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 494.

[26] C. eur. 15-7-02, Khlashnikov c. Russia; C. eur. 25-5-17, Rezmives ed a. c. Romania - in Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 494.

[27] C. eur. 28-5-19, Clasens c. Belgio - in Della Casa F., Giostra G., Bortolato M., cit., p. 494.

[28] Si veda il caso di un ricorso in Cassazione relativo ad un reclamo di un detenuto presso il carcere di Opera, che lamentava l'inadeguatezza dell'offerta trattamentale in ragione della carenza di acqua potabile nelle celle, nonché a fattori ambientali pregiudizievoli per l'igiene e la salute (vicinanza del reparto ad una discarica di rifiuti). L’ordinanza di rigetto del reclamo è stata annullata dalla Corte di cassazione per vizio di motivazione proprio in merito a tali doglianze, riconoscendone in astratto l’applicabilità del rimedio di cui all’art. 35-ter o.p. – Cass. Pen., sez. I, 8 febbraio 2024, n. 21590. Per altri casi in cui la Cassazione ha riconosciuto la possibilità di esperire il rimedio di cui all’art. 35-ter, anche in ragione delle condizioni inumane e degradanti presenti all’interno delle celle, si veda: Cass. pen., sez. I, 20 dicembre 2023, n.13026.

[29]Secondo quanto stabilito dall’articolo menzionato, il Commissario, nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, compie “tutti gli atti necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture penitenziarie, nonché delle opere di riqualificazione e ristrutturazione delle strutture esistenti, al fine di aumentarne la capienza e di garantire una migliore condizione di vita dei detenuti” (comma 2). La carica è prevista fino al 31 dicembre 2025 (comma 6). Il 23 settembre 2024 è stato nominato quale commissario il dott. Marco Doglio. Il decreto è consultabile al presente link.

[30] Ciò secondo l’elaborazione dei dati pubblicati nel sito del Ministero della Giustizia e aggiornati al 31 ottobre 2024, consultabili al presente link.

[31] La sentenza Torreggiani c. Italia (C. Edu, sez. II, 8 gennaio 2013) è considerata il leading case in tema di sovraffollamento e art. 3 Cedu. Nel 2013 il tasso di sovraffollamento detentivo era del 151%.

[32] Nel 2010 infatti – a fronte di un tasso di sovraffollamento detentivo pari al 151% – era stato dichiarato dal Governo lo stato di emergenza e si era intervenuti approvando il c.d. “Piano Carceri”, che prevedeva lo stanziamento iniziale di 675 milioni di euro anche per interventi di edilizia carceraria. L’attuazione di tali interventi tra il 2010 e il 2014 da parte dei Commissari è stata “deludente”: ad esempio, si aspirava alla costituzione di circa 18.000 posti in più e invece vi è stata una realizzazione, tra il 2010 ed il 2014, di soli 4.000 posti. – Cfr. Oltre le sbarre. La questione carceraria e 10 anni di politiche di contrasto al sovraffollamento cronico, 2017, Dossier di studio, Senato della Repubblica, pp. 17-19.