ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Scheda  
10 Dicembre 2024


Il “decreto Piantedosi” sulle operazioni di soccorso in mare approda alla Consulta

Trib. civile di Brindisi, ord. 10 ottobre 2024, Giud. Marra



 

*Contributo pubblicato nel fascicolo 12/2024. 

 

1. Con ordinanza del 10 ottobre 2024 il Tribunale civile di Brindisi ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione di diversi parametri, della disposizione che prevede la sanzione accessoria del fermo amministrativo di 20 giorni della nave che non ottemperi alle indicazioni fornite dalle autorità nazionali competenti, secondo la ripartizione delle zone SAR, per il tratto di mare nel quale si è svolto il salvataggio di stranieri privi di regolari documenti per l’ingresso in Italia. La norma censurata è racchiusa nell’art. 1 comma 2-sexies del d.l. n. 130 del 2020, conv. in legge n. 173 del 2020 (noto anche come “decreto Lamorgese”), come modificato dal d.l. n. 1 del 2023, conv. con modif. dalla legge n. 15 del 2023 (c.d. “decreto Piantedosi”).

 

2. Il procedimento a quo tra origine dal ricorso in opposizione avverso il provvedimento di fermo amministrativo emesso nei confronti della nave di una nota organizzazione non governativa (la Ocean Viking di SOS Mediterranèe). Il 6 febbraio 2024 l’equipaggio effettuava quattro operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale, l’ultima delle quali, svoltasi in acque internazionali ricadenti nella zona SAR libica, caratterizzata da momenti di tensione con un non meglio identificato motoscafo carico di migranti presente sul luogo del naufragio. All’arrivo nel porto di Brindisi venivano notificate all’equipaggio della Ocean Viking la sanzione pecuniaria e quella accessoria del fermo previste dal sopraccitato art. 1 comma 2-sexies, in ragione della violazione della prescrizione di cui all’art. 1, comma 2-bis lett. f) del medesimo decreto-legge, ossia il mancato rispetto delle indicazioni fornite dal centro per il soccorso marittimo libico, competente per il coordinamento delle operazioni di soccorso in quel tratto di mare e la conseguente creazione di “situazioni di pericolo”.

 

3. Il giudice brindisino ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità proposta dai difensori dei ricorrenti (capitano, proprietario, armatore e noleggiatore della Ocean Viking), in relazione a tre parametri costituzionali.

In primo luogo l’ordinanza ravvisa la violazione dell’art. 3 Cost., in combinato con la funzione rieducativa sancita dall'art. 27, co. 3 Cost., nella previsione di una sanzione amministrativa accessoria, quella appunto del fermo di venti giorni, applicabile in maniera automatica e indifferenziata per una serie eterogena di condotte. Tra queste, l’ordinanza ricorda, a titolo esemplificativo, accanto a quella contestata ai ricorrenti, le ipotesi di cui alla lett. a) e b) del decreto-legge (rispettivamente: la violazione della disciplina in materia di sicurezza della navigazione, di prevenzione dell’inquinamento, di certificazione e addestramento del personale marittimo, di condizioni di vita e lavoro a bordo; l’omessa informazione alle persone prese a bordo della possibilità di richiedere protezione internazionale e la raccolta dei relativi dati da mettere a disposizione delle autorità). La previsione della medesima sanzione, automatica e di carattere fisso, per violazioni dotate di caratteristiche così diverse, impedirebbe all’autorità giudiziaria di graduare l’applicazione della sanzione alle peculiarità del caso concreto, in spregio dei principi di individualizzazione e proporzionalità della pena. Incidentalmente, a tale proposito, l’ordinanza afferma la riconducibilità della disciplina sotto esame, formalmente amministrativa, alla “materia penale”, secondo le note cadenze inaugurate dalla sentenza Engel e poi successivamente affinate dai giudici di Strasburgo attraverso una ricca giurisprudenza che non ha mancato di interessare anche l’ordinamento italiano (si citano, a titolo esemplificativo, le sentenze Menarini c. Italia del 2021 e Grande Stevens e altri c. Italia del 2014).

 

4. In secondo luogo, il rimettente ravvisa una violazione dell’art. 25, comma 2 Cost. con riferimento ai presupposti individuati dal legislatore per l’applicazione della sanzione accessoria, ossia l’inottemperanza alle indicazioni fornite dal centro di soccorso marittimo competente – secondo il sistema SAR delineato dalla Convenzione di Amburgo – per l’area in cui si è svolto il salvataggio. Il rinvio in bianco all’ordine impartito dall’autorità marittima, eventualmente straniera, senza nemmeno necessità di una sua formalizzazione in un atto amministrativo (nel caso di specie si era trattato di una mera comunicazione via e-mail da parte della c.d. guardia costiera libica), contrasta con il principio di legalità sul piano della determinatezza del precetto, che in ultima analisi “difetta del tutto del requisito della prevedibilità”.

 

5. In terzo e ultimo luogo, l’ordinanza prospetta un contrasto tra l’art. 1, comma 2-sexies e gli artt. 10 e 117 Cost., evidenziando l’incompatibilità tra l’obbligo imposto ex lege al comandante di rispettare l’ordine impartito dall’autorità libica e gli obblighi assunti dall’Italia sul piano sovranazionale in materia di protezione dei diritti fondamentali degli stranieri. Secondo il rimettente, infatti, “l’applicazione della disposizione censurata imporrebbe a questo Giudice di assumere che lo Stato libico costituisca un ‘porto sicuro’”, presunzione notoriamente non corrispondente alla realtà di fatto, come già accertato non solo da autorevoli istituzioni internazionali ma anche da sentenze emesse da corti italiane. Su tali premesse poggia la censura per violazione del divieto di refoulement e di espulsioni collettive, a loro volta cristallizzati in disposizioni vincolanti per il legislatore italiano, in forza dei richiamati artt. 10 e 117 Cost., quali l’art. 33 della Convenzione di Ginevra, la regola n. 15 del Cap. V della Convenzione SOLAS, l’art. 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché l’art. 4 del Prot. 4 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

 

6. L’ordinanza sviluppa argomentazioni che toccano punti nevralgici del sistema sanzionatorio italiano: la riqualificazione in senso penalistico di sanzioni formalmente amministrative; la proporzionalità della pena, rectius della sanzione punitiva, nella prospettiva della sua necessaria individualizzazione; la riserva di legge, con riguardo all’integrazione della norma (sostanzialmente) penale da parte di atti riconducibili all’esercizio del potere esecutivo; il rispetto degli obblighi assunti dall’Italia sul piano sovranazionale, secondo lo schema delle norme interposta e alla luce del primato del diritto dell’Unione europea.

In attesa dei più articolati e meditati commenti che ciascuna di tali questioni senza dubbio merita di ricevere, sin d’ora è agevole osservare come la vicenda in esame abbia aperto un nuovo fronte nell’ormai conclamato conflitto tra il sistema normativo eretto a tutela dei confini nazionali e i diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo. Constatato il fallimento del tentativo, esperito in anni trascorsi da alcune Procure siciliane, di applicare le norme penali sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare ai comandanti delle navi soccorritrici che completano il salvataggio sbarcando i naufraghi sans papiers in Italia, il legislatore ha messo a punto – attraverso il succedersi di interventi espressione di maggioranze politiche di segno diverso: si vedano i c.d. decreti “Sicurezza-bis” (2019), “Lamorgese” (2020) e, infine, “Piantedosi” (2023) – un sistema specificamente finalizzato a colpire la mera disobbedienza agli ordini impartiti dalle autorità marittime, incluse – per effetto delle novità da ultimo introdotte – le autorità straniere e segnatamente quelle libiche.

Un giro di vite di questa portata, se da un lato ha prodotto, come effetto immediato, l’irrogazione di numerose sanzioni, pecuniarie e reali, nei confronti di attori refrattari all’idea che i tempi e i modi del soccorso in mare possano essere dettati da priorità diverse dalla tutela della vita umana; dall’altro lato ha suscitato sin dal principio notevoli perplessità riguardo alla sua tenuta costituzionale, e più in generale alla sua compatibilità con le disposizioni sovraordinate del sistema nel quale, inevitabilmente, va a inserirsi, inclusi i diritti fondamentali. Proprio come accaduto, da ultimo, con riferimento al tormentato accordo Italia-Albania, non si può non constatare che, sebbene concepiti al precipuo scopo di abbattere i flussi irregolari in ingresso, i congegni normativi per il controllo delle frontiere marittime non si collocano in un vacuum, ma al contrario si inseriscono in un sistema di regole e principi di rango sovraordinato, destinati a prevalere – beninteso, laddove la Corte costituzionale accertasse l’incompatibilità – non certo per effetto di un indebito soffocamento della volontà popolare, bensì in base al fisiologico funzionamento degli strumenti di controllo di legittimità delle norme, elemento irrinunciabile nell’architettura di uno stato di diritto maturo.