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  Opinioni  
06 Giugno 2022


Brevi riflessioni sulla pronuncia delle Sezioni unite relativa all’art. 603 comma 3 bis c.p.p. nell’ipotesi in cui sia impossibile rinnovare la prova per decesso del dichiarante

Cass., Sez. un., sent. 30 settembre 2021 (dep. 30 marzo 2022), n. 11586, D. S.



1. I capisaldi del ragionamento effettuato dalla pronuncia delle Sezioni unite sono già stati illustrati, in senso adesivo, su questa Rivista[1]. A mio avviso, invece, la lettura della motivazione offre spazio per brevi riflessioni, volte a evidenziare una discrasia tra la premessa interpretativa dell’art. 603 comma 3-bis c.p.p. da cui muove il Supremo Collegio e il principio di diritto enunciato, che finisce con il rinnegarla.

 

Le Sezioni unite hanno dovuto fare i conti con la propria giurisprudenza: da un lato, con l’ingombrante precedente costituito dalla sentenza Dasgupta[2], anteriore all’introduzione del comma 3-bis nell’art. 603 c.p.p.[3] e ispiratrice della novella legislativa (che peraltro ha adottato una formulazione per molti versi maldestra); dall’altro, con la portata chiarificatrice della sentenza Troise[4], posteriore all’innesto del comma in discorso. Sul primo versante, l’odierna pronuncia si è impegnata a far risaltare talune flessibilità che allargherebbero le rigide maglie intessute da Dasgupta; sul secondo, ha aderito, da un punto di vista dogmatico, all’interpretazione restrittiva accolta in Troise, per poi arrivare a vanificarla nella sostanza.

 

Non c’è dubbio che le Sezioni unite Dasgupta abbiano affrontato per prime il problema dell’applicabilità della regola sulla necessaria rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello – nel caso di overturning da assoluzione a condanna – qualora l’esame del dichiarante sia divenuto impossibile perché quest’ultimo è nel frattempo deceduto. La regola, in una simile evenienza (ma anche allorché l’esame si rivela impossibile per irreperibilità o infermità del dichiarante), è espressa in termini rigidi, non consentendo «un ribaltamento del giudizio assolutorio ex actis»[5]. Questa rigidità non è tuttavia di tipo assoluto perché, a detta della recente pronuncia che si sta analizzando, vanno valorizzate le precisazioni effettuate in Dasgupta, che «introducono un fattore di flessibilità»[6] tanto con riguardo al dichiarante vulnerabile (come il minore, in specie se vittima del reato)[7] quanto, più in generale, con riferimento al dovere del giudice di accertare «sia la effettiva sussistenza della causa preclusiva della nuova audizione sia che la sottrazione all’esame non dipenda dalla volontà di favorire l’imputato o da condotte illecite poste in essere da terzi, essendo in tal caso il giudice legittimato a fondare il proprio convincimento sulle precedenti dichiarazioni»[8]. Mi sembra chiaro, però, che queste precisazioni valgono se il dichiarante è vivo, non se è deceduto, e quindi non servono affatto per discostarsi dalla regola affermata in Dasgupta, nel tentativo di supportare così la soluzione prescelta.

 

2. Una volta assolto l’onere di giustificare la presa di distanza dall’autorevolezza di Dasgupta, le Sezioni unite approdano ad altri lidi, data l’operatività dell’art. 603 comma 3-bis c.p.p.[9] nella fattispecie giunta al loro cospetto. Innanzitutto, si soffermano sul dato letterale del disposto e criticano l’interpretazione ampia prospettata in dottrina da chi ha sostenuto che la doverosa rinnovazione avrebbe trasformato il giudizio di appello avverso una sentenza di proscioglimento in un «“secondo primo giudizio” di merito», dismettendone di conseguenza la natura di revisio prioris instantiae[10] o che la rinnovazione rivestirebbe carattere obbligatorio per il giudice, privato di ogni margine di scelta, avrebbe ad oggetto qualsiasi prova dichiarativa, non essendone richiesta la decisività[11], e sarebbe scollegata da una richiesta di parte[12].

 

Le Sezioni unite, in modo a mio parere ineccepibile[13], si sbarazzano di queste «prospettive ermeneutiche», reputandole non condivisibili, e ribadiscono che l’appello continua tuttora a configurarsi come un mezzo di controllo della sentenza di primo grado[14]. A supporto della loro convinzione adducono la lettura restrittiva dell’art. 603 comma 3-bis c.p.p. operata dalle Sezioni unite Troise, per le quali il comma in parola «non impone affatto di ritenere che il giudice di appello sia obbligato a disporre una rinnovazione generale e incondizionata dell’attività istruttoria, ben potendo quest’ultima essere concentrata solo sulla fonte la cui dichiarazione sia oggetto di una specifica censura da parte del pubblico ministero attraverso la richiesta di una nuova valutazione da parte del giudice di appello, operando poi, nel caso in cui dovesse apparire “assolutamente necessario” lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria, la disciplina ordinaria» ex art. 603 comma 3 c.p.p.[15]. Infatti, l’espressione impiegata dal legislatore («il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale») non equivale «alla introduzione di un obbligo di rinnovazione integrale dell’attività istruttoria – che risulterebbe palesemente in contrasto con l’esigenza di evitare un’automatica ed irragionevole dilatazione dei tempi processuali – , ma semplicemente alla previsione di una nuova, mirata, assunzione di prove dichiarative ritenute dal giudice d’appello “decisive” ai fini dell’accertamento della responsabilità»: la locuzione utilizzata nel comma 3-bis va del resto coordinata con quelle, identiche a livello lessicale, che compaiono nei primi tre commi dell’art. 603 c.p.p., permettendo di concludere che il giudice di appello sia obbligato ad assumere soltanto le prove dichiarative che «– secondo le ragioni puntualmente e specificamente prospettate nell’atto di impugnazione del pubblico ministero – siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e vengano considerate decisive ai fini dello scioglimento dell’alternativa “proscioglimento-condanna”»[16].

 

3. Fissate le coordinate interpretative, le Sezioni unite iniziano a occuparsi della questione loro rimessa e a tale scopo utilizzano sia i riferimenti costituzionali sia il quadro che emerge dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Dal primo angolo visuale, viene in rilievo l’art. 111 Cost., sia perché la facoltà della persona accusata di un reato di ottenere, davanti al giudice, l’acquisizione di «ogni altro mezzo di prova a suo favore» (art. 111 comma 3 terzo periodo Cost.) conferisce valore alla rinnovazione, «non essendovi dubbio che le regole del giusto processo si applichino anche in appello»[17], sia perché tra le eccezioni al principio del contraddittorio nella formazione della prova rientra la «accertata impossibilità di natura oggettiva» (art. 111 comma 5 Cost.), categoria che certamente ricomprende il decesso del dichiarante[18]. Sulla scorta di questa eccezione, «ritenere che l’impossibilità di rinnovazione della prova dichiarativa decisiva per oggettiva impossibilità impedisca sempre e comunque il ribaltamento del proscioglimento in assenza della rinnovazione, porterebbe alla configurazione di una vera e propria regola di esclusione probatoria»[19], non rinvenibile nel codice di rito.

 

Dal secondo angolo visuale, il Supremo Collegio rammenta le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo dalle quali si ricava l’attribuzione al giudice del «ruolo di regolatore degli “interessi”»[20] contrapposti proprio nella situazione di decesso del dichiarante, che, rappresentando una deroga alla regola generale secondo cui, nel caso di ribaltamento in appello dell’epilogo assolutorio di primo grado, si deve procedere al riascolto del dichiarante medesimo, va circondata da garanzie adeguate. In particolare, le Sezioni unite ricordano che Corte eur., 20 novembre 2020, Dan c. Moldavia (c.d. Dan 2) si è riferita alle note pronunce della Grande Camera (Corte eur., 15 dicembre 2011, Al-Khawaja e Tahery c. Regno Unito e Corte eur., 15 dicembre 2015, Schatschaschwili c. Germania), espressioni dell’indirizzo che ha introdotto la valutazione complessiva dell’equità della procedura per stabilire se si sia incorsi oppure no nella violazione dell’art. 6 c.e.d.u.[21].

 

Si tratta, in altre parole, di identificare i fattori compensativi idonei a bilanciare la restrizione delle garanzie difensive dovuta alla utilizzazione di una prova non verificata in contraddittorio: a questo proposito, le Sezioni unite osservano che il più recente orientamento dei giudici di Strasburgo pone l’accento sul tasso di decisività della prova dichiarativa non assunta, chiedendo elementi di compensazione via via più pregnanti a seconda del suo innalzarsi, e sull’accertamento del carattere imprevedibile del mancato esame del dichiarante[22].

 

Le Sezioni unite documentano altresì l’influenza delle pronunce della Corte europea sulla nostra giurisprudenza di legittimità, citando decisioni, che peraltro concernono l’art. 512 c.p.p., nelle quali sono state delineate le garanzie procedurali compensative[23]: pur riconoscendo che sono avulse dal «tema dell’overturning», per il Supremo Collegio «esse tuttavia indicano una linea di azione rilevante anche per la questione in oggetto, nella misura in cui individuano la necessità di un bilanciamento in presenza di decisioni che si fondano su prove unilaterali»[24].

 

Poiché, nel caso di overturning da proscioglimento a condanna, alla mancanza del contraddittorio, dovuta alla impossibilità oggettiva di riassunzione della prova dichiarativa già assunta in primo grado nel contraddittorio fra le parti, si aggiunge «la presenza di una decisione assolutoria intervenuta in primo grado che ingenera il dubbio sul reale fondamento dell’accusa»[25], il ribaltamento potrà avvenire unicamente in presenza di «idonee e rafforzate garanzie procedurali»[26].

 

Le garanzie procedurali richieste dalle Sezioni unite sono assai vaste. Anzitutto, la motivazione della sentenza di condanna che rovescia la pronuncia proscioglitiva di prime cure deve essererafforzata” e tale “rafforzamento” si connota come «particolarmente incisivo»[27]: in primis, deve concernere la dichiarazione “decisiva” resa in primo grado, che è stato impossibile riassumere, «attraverso un esame e una valutazione di tutti gli elementi riguardanti la credibilità del soggetto e l’attendibilità del suo narrato, per poi procedere alla falsificazione della stessa prova dichiarativa»[28]. In secondo luogo, e soprattutto, il “rafforzamento” non deve limitarsi al profilo argomentativo, bensì avvenire «sulla base di ulteriori elementi che siano idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio», che il giudice di appello ha l’onere di «ricercare e acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi»[29] attribuitigli dall’art. 603 comma 3 c.p.p., ad esempio disponendo l’assunzione di prove inizialmente ritenute superflue o una perizia tesa ad accertare fatti oggetto della dichiarazione non rinnovabile per cause oggettive o ancora mediante la lettura degli atti assunti nel procedimento, che «si giustifica in base al combinato disposto degli artt. 598 e 603, comma 3, cod. proc. pen.»[30].

 

Alla luce di queste considerazioni, le Sezioni unite concludono che nel caso di rinnovazione istruttoria, «soprattutto quando particolarmente estesa in funzione della necessità di ricomporre il quadro probatorio, il giudizio di appello fatalmente si avvicina ad una forma di novum iudicium» perché, «quanto più vasta è l’istruttoria dibattimentale in appello, tanto maggiore è la trasfigurazione del giudizio d’appello in novum iudicium, che trova la sua ragione di essere nella necessità di dover superare la mancanza del contraddittorio insieme alla presunzione rafforzata di innocenza per effetto della preesistente pronuncia assolutoria»[31].

 

In questo modo il Supremo Collegio rinnega la premessa dogmatica da cui era partito, e l’avverbio «fatalmente» suona quasi come uno “scarico” di responsabilità. Comunque, la scelta delle Sezioni unite, nella sua ampiezza, oblitera il dato letterale dell’art. 603 comma 3 c.p.p., sulla cui base la rinnovazione «è disposta di ufficio solo se il giudice la ritiene assolutamente necessaria»: il tenore eccezionale della rinnovazione officiosa entra dunque in rotta di collisione con un suo uso troppo esteso. Insomma, non si può forzare ad libitum la disciplina ordinaria della rinnovazione in appello.

 

4. Della propria contraddizione, pur senza ammetterlo, le Sezioni unite sono in realtà ben consapevoli. Infatti, esse chiariscono che le descritte garanzie procedurali «possono anche non operare cumulativamente», spettando «alla discrezionalità del giudice, in rapporto alle necessità di integrazione probatoria, valutare se sia necessario o meno ricorrere ad una rinnovazione anche officiosa dell’istruzione dibattimentale, oppure sia sufficiente una motivazione rafforzata con gli opportuni riscontri»[32]. Questo spiraglio, che attenua in extremis la rigidità dell’approdo, traspare pure nell’enunciazione del principio di diritto: premesso che la riforma in appello della sentenza di assoluzione «non è preclusa nel caso in cui la rinnovazione della prova dichiarativa decisiva, oggetto di discordante valutazione, sia divenuta impossibile per decesso del dichiarante», vi si precisa come «la motivazione della sentenza che si fondi sulla prova non rinnovata deve essere rafforzata sulla base di elementi ulteriori, idonei a compensare il sacrificio del contraddittorio, che il giudice ha l’onere di ricercare ed eventualmente acquisire anche avvalendosi dei poteri officiosi di cui all’art. 603, comma 3, cod. proc. pen.»[33].

 

L’entità delle ipotesi di decesso del dichiarante, che rendono impossibile il suo riascolto in appello, non avrà probabilmente una grande consistenza; ma le Sezioni unite estendono il principio di diritto ai casi di irreperibilità o infermità[34], sicché la proporzione numerica potrà crescere. Infine, il potere discrezionale affidato al giudice di appello circa la necessità di integrazione probatoria è certo destinato a incrementare il contenzioso davanti alla corte di cassazione.

 

L’auspicio è che la giurisprudenza di merito[35], sfruttando il suddetto spiraglio, mantenga all’appello la natura di strumento di controllo della sentenza di proscioglimento pronunciata in primo grado e che la Suprema Corte, nel vagliare i ricorsi contro la pronuncia di condanna emessa a seguito dell’overturning in seconde cure, si attenga a un’interpretazione restrittiva della rinnovazione officiosa.

 

 

[1] Cfr. M.M. Alma, Le Sezioni Unite tornano sui propri passi in materia di overturning sfavorevole all’imputato nel caso di impossibilità di procedere alla rinnovazione della prova dichiarativa, in questa Rivista, 6 aprile 2022. Per un primo commento alla pronuncia v. R.A. Ruggiero, Condanna in appello e rinnovazione impossibile, in disCrimen, 21 aprile 2022.

[2] Cass., Sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620, Dasgupta.

[3] Il comma 3-bis è stato inserito nell’art. 603 c.p.p. dall’art. 1 comma 58 l. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. riforma Orlando).

[4]  Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017, n. 14800, p.m. in c. Troise.

[5] Cass., Sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620, Dasgupta, cit., punto 8.6 del Considerato in diritto.

[6] Così Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., punto 4.2 del Considerato in diritto.

[7] Cfr. Cass., Sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620, Dasgupta, cit., punto 8.6 del Considerato in diritto, dove si puntualizza che anche in tale eventualità «non sussistono valide ragioni per ritenere inapplicabile la preclusione di un ribaltamento ex actis del giudizio assolutorio. Peraltro, in questa speciale situazione è rimessa al giudice la valutazione circa la indefettibile necessità di sottoporre il soggetto debole, sia pure con le opportune cautele, a un ulteriore stress al fine di saggiare la fondatezza dell’impugnazione proposta avverso la sentenza assolutoria».

[8] Per l’assunto v. Cass., Sez. un., 28 aprile 2016, n. 27620, Dasgupta, cit., punto 8.6 del Considerato in diritto.

[9] Sulle ragioni dell’applicabilità v. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 5 del Considerato in diritto.

[10] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto. In proposito v. G. Ducoli, La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello dopo la riforma Orlando. Verso un “secondo-primo” giudizio di merito?, in www.lalegislazionepenale.eu, 12 dicembre 2017, p. 12 ss.: l’Autrice, a dire il vero, parlava di un «“secondo-primo” giudizio di merito» ipotizzando l’eventuale futura applicabilità dell’art. 603 comma 3-bis c.p.p. anche al ribaltamento da condanna ad assoluzione. Il che, come si sa, è stato viceversa negato dalle Sezioni unite Troise, secondo cui nel caso di totale reformatio in melius il giudice di appello «non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive ai fini della condanna di primo grado», ma «è tenuto ad offrire una motivazione puntuale e adeguata della sentenza assolutoria, dando una razionale giustificazione della difforme soluzione adottata» (Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017, n. 14800, p.m. in c. Troise, cit., punto 8 del Considerato in diritto): per le Sezioni unite «una diversa soluzione, imponendo praeter legem la regola della rinnovazione istruttoria anche ai fini del proscioglimento, trasformerebbe inevitabilmente l’appello in una innaturale replica del giudizio di primo grado» (Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017, n. 14800, p.m. in c. Troise, cit., punto 7.1 del Considerato in diritto).

[11] V., ad esempio, A. Macchia, Le novità dell’appello: la rinnovazione dell’appello, concordato sui motivi, in Dir. pen. cont., 9 novembre 2017, p. 13, per il quale la norma «testualmente coinvolge, non la sola valutazione della prova dichiarativa oggetto di “contrasto” valutativo da parte del pubblico ministero appellante sul punto, ma finisce per riguardare la intera istruzione dibattimentale, con evidenti riverberi sul piano della coerenza e della tenuta stessa del sistema (si accredita l’ipotesi di un appello come vero e proprio nuovo giudizio, che degrada a semplice “ipotesi” tutto il giudizio di primo grado)». Inoltre, «trascura del tutto il riferimento alla decisività della prova dichiarativa a valutazione “contestata”» e d’altra parte, «se si ritiene la rinnovazione “obbligatoriamente” integrale, ha poco senso evocare una “decisività” nel senso di esclusività di quella prova a fondare il giudizio, relegando il residuo materiale probatorio a semplici elementi di contorno ai fini della ricostruzione della responsabilità». Ulteriori indicazioni di dottrina propensa a una rinnovazione generalizzata sono fornite da A. Capone, Appello del pubblico ministero e rinnovazione istruttoria, in M. Bargis, H. Belluta (a cura di), La riforma delle impugnazioni tra carenze sistematiche e incertezze applicative, Giappichelli, Torino, 2018, p. 72, orientato, invece, a intendere la rinnovazione «come strumento per verificare specificamente le censure del pubblico ministero in ordine alla valutazione della prova dichiarativa fatta propria dal giudice di primo grado» (ivi, p. 73).

[12] Per la rinnovazione ope judicis v. A. Scalfati, Anti-panegirico dell’intervento legislativo sulle impugnazioni, in Proc. pen. giust., 2018, p. 998.

[13] Se, infatti, si interpreta l’art. 603 comma 3-bis c.p.p. nel senso che «la doverosa rinnovazione vada riferita solamente alla prova dichiarativa (o alle prove dichiarative) la cui valutazione da parte del giudice di prime cure viene attaccata dal pubblico ministero», non risulta modificata «la funzione dell’appello come mezzo di controllo della sentenza di primo grado»: cfr. M. Bargis, Impugnazioni, in M. Bargis (a cura di), Compendio di procedura penale, IX ed., Wolters Kluwer - Cedam, Milano, 2018, p. 934. Condividono l’impostazione H. Belluta, L. Lupária, La rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale fra legge e giurisprudenza: punti fermi … e non, in questa Rivista, 20 novembre 2019, p. 12.

[14] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto.

[15] Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017, n. 14800, p.m. in c. Troise, cit., punto 7.2 del Considerato in diritto.

[16] Cass., Sez. un., 21 dicembre 2017, n. 14800, p.m. in c. Troise, cit., punto 7.2 del Considerato in diritto, anche con riguardo alla precedente citazione.

[17] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto.

[18] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto.

[19] Cfr. ancora Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto. Qui le Sezioni unite criticano più apertamente la «regola Dasgupta», considerandola incompatibile con il quadro di riferimento costituzionale, dinanzi all’eccezione prevista dall’art. 111 comma 5 Cost., e osservano che, siccome le vigenti disposizioni processuali non stabiliscono divieti di sorta per il ribaltamento dell’assoluzione in appello allorché ricorrano condizioni oggettive che inibiscono la riassunzione della prova, in mancanza di regole di esclusione probatoria «non può trovare applicazione una regola di origine giurisprudenziale non riprodotta dalla legge».

[20] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 7 del Considerato in diritto, dove vengono richiamate Corte eur., 5 luglio 2011, Dan c. Moldavia e Corte eur., 29 giugno 2017, Lorefice c. Italia.

[21] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 7 del Considerato in diritto.

[22] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 7 del Considerato in diritto.

[23] Per gli opportuni riferimenti v. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 8 del Considerato in diritto.

[24] In questi termini v. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto. Peraltro, è singolare l’atteggiamento delle Sezioni unite, che si rifanno alla giurisprudenza in materia di art. 512 c.p.p. dopo avere negato l’impiego di tale norma per risolvere la questione loro rimessa (Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 6 del Considerato in diritto). Nella situazione concreta si era al di fuori dell’ambito applicativo dell’art. 512 c.p.p. perché le dichiarazioni predibattimentali della coimputata – in seguito deceduta – «erano già state “ripetute”», essendo stata quest’ultima «già escussa nel contraddittorio dibattimentale» (Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 2 del Considerato in diritto).

[25] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto, evidenzia che l’assoluzione in primo grado «opera un rafforzamento della presunzione di non colpevolezza in appello». In argomento v., criticamente, R.A. Ruggiero, Condanna in appello, cit., p. 3, nota 6.

[26] Cfr. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto.

[27] Così Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto.

[28] Cfr. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto: la falsificazione della prova dichiarativa serve «per verificarne le disarmonie logiche e interpretative, nonché per evidenziare il fondamento erroneo dei fatti e rapporti valorizzati dal primo giudice sulla base di un eventuale travisamento probatorio».

[29] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto.

[30] Cfr. ancora Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto: come si è già detto (v. supra, nota 24), per le Sezioni unite «si è fuori dall’ambito applicativo proprio dell’art. 512 cod. proc. pen.».

[31] Per tale conclusione v. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto.

[32] Cfr. Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 9 del Considerato in diritto.

[33] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 10 del Considerato in diritto.

[34] Cass., Sez. un., 30 settembre 2021, n. 11586, D. S., cit., punto 11 del Considerato in diritto.

[35] Il giudice di merito è identificabile, oltre che nel giudice di seconde cure, altresì nel giudice di appello di rinvio, dopo l’annullamento ad opera della corte di cassazione (come avvenuto nel caso concreto). Sul punto v. i rilievi di R.A. Ruggiero, Condanna in appello, cit., p. 10, la quale (basandosi su Cass., Sez. un., 28 gennaio 2019, n. 14426, Pavan, punto 11 del Considerato in diritto, dove si sostiene che il mancato rispetto dell’art. 603 comma 3-bis c.p.p. determina una violazione del diritto di difesa, sanzionata da una nullità generale a regime intermedio ex artt. 178 lett. c e 180 c.p.p.), reputa, in linea di principio, che, qualora «la rinnovazione della prova sia divenuta oggettivamente impossibile dopo il ribaltamento assolutorio in appello pronunciato senza riassumere la prova rivalutata, si dovrebbe concludere che il giudice di rinvio non possa più pronunciare sentenza di condanna» (per le complicazioni che hanno caratterizzato la vicenda de qua, in ordine al succedersi delle normative e ai correlati riflessi sul piano sanzionatorio, v. però ivi, p. 11).