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05 Maggio 2023


L’inammissibilità del ricorso prevale sull’improcedibilità per difetto di querela: nuova conferma di un orientamento consolidato in Cassazione

Cass., Sez. IV, 10 gennaio 2023 (dep.14 febbraio 2023), n. 6143, Pres. Ciampi, rel. Antezza



1. La Suprema Corte, con la decisione in esame, ha confermato il consolidato orientamento secondo il quale, a fronte dell’inammissibilità del ricorso per Cassazione, non è possibile pronunciare la sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p., nel caso di specie in relazione all’improcedibilità per difetto di querela.

La vicenda sulla quale è stato chiamato a pronunciarsi il Collegio aveva ad oggetto un fatto di furto aggravato. Nel censurare la sentenza con cui la Corte territoriale ha condannato l’imputato per i fatti contestati, la difesa aveva dedotto un vizio di motivazione, individuato nell’aver ritenuto sussistente l’aggravante della violenza sulle cose pur in mancanza di una specifica contestazione al riguardo.

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, rilevando come la difesa abbia mancato di confrontarsi con la ratio decidenti sottesa al provvedimento impugnato. Come rilevato in motivazione, l’onere di specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono l’impugnazione è infatti previsto dagli artt. 581 e 591 c.p.p., a pena di inammissibilità del gravame.

La Corte prende poi in esame l’argomentazione difensiva prospettata in sede di conclusioni scritte, con cui si richiedeva di dichiarare l’improcedibilità del reato per mancanza di querela, resasi necessaria in ragione del nuovo regime introdotto dal d.lgs. n. 150 del 2022. È infatti noto che la novella ha disposto la procedibilità a querela in relazione a numerose fattispecie di reato, tra le quali quella di cui all’art. 624-bis c.p., prevedendo altresì, in via transitoria, la decorrenza del termine per la sua proposizione dal giorno di entrata in vigore della riforma, sempre che la persona offesa abbia avuto in precedenza notizia del fatto[1].

 

2. L’argomento addotto dalla difesa è giudicato inconferente, anzitutto in ragione del fatto, di per sé dirimente, che la querela risulterebbe in realtà acquisita agli atti del procedimento. Ciò nonostante, il Collegio ha ritenuto opportuno, probabilmente in un’ottica nomofilattica, chiarire ancora una volta il rapporto tra inammissibilità e proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., con particolare riferimento all’improcedibilità per difetto di querela.

Osserva la Corte che la pronuncia di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p. è preclusa dalla non rituale instaurazione del rapporto processuale, richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite, pronunciatesi, nel 2018, su un caso analogo[2]. In tale occasione, il Supremo Collegio aveva ritenuto che, nell’ambito di un giudizio pendente in sede di legittimità, non dovesse essere dato avviso alla persona offesa della possibilità di proporre la querela in casi di inammissibilità del ricorso. Come chiarito in un altro arresto delle Sezioni Unite, anch’esso citato nella decisione in commento, l’art. 129 c.p.p. non attribuisce al giudice alcun potere ulteriore di giudizio, costituendo presupposto necessario per la sua applicazione il pieno esercizio della giurisdizione[3].

In un successivo passaggio argomentativo, la Corte sottolinea che il mutamento normativo in questione, in quanto disciplina più favorevole al reo, è di certo passibile di applicazione retroattiva, ma tale operatività, precisa la Cassazione, è subordinata alla corretta instaurazione del rapporto processuale, ovverosia, nel caso di specie, alla presentazione di un ricorso non inammissibile. Si segnala che le medesime considerazioni sono state prospettate in un’altra recente pronuncia del Giudice di legittimità, richiamata nella sentenza in discorso[4].

 

3. La soluzione adottata dal Collegio è riconducibile, come accennato, a un orientamento consolidato nella giurisprudenza di Cassazione, secondo cui l’inammissibilità dell’atto di impugnazione non consente di pronunciare il proscioglimento a norma dell’art. 129 del codice di rito. Alla base di tale interpretazione risiede, com’è noto, l’esigenza di evitare che un’impugnazione inammissibile, presentata strumentalmente, possa essere sfruttata per far valere una causa di non punibilità[5]. Si è quindi assistito ad una “progressiva erosione” dell’ambito di applicazione dell’art. 129 c.p.p. ad opera della giurisprudenza di legittimità.

Il fondamento teorico della descritta ricostruzione, come chiarito in diverse occasioni dalla Suprema Corte, è da individuarsi nel principio secondo il quale «l'intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perché contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge» non consente di far valere, o di rilevare, una causa di non punibilità precedentemente maturata[6]. Secondo tale ordine di idee, il giudicato sostanziale si distingue da quello formale, che coincide invece con la “irrevocabilità” della sentenza a norma dell’art. 648 c. 2 c.p.p., rilevante solo ai fini dell’esecuzione[7]. Il menzionato principio è stato affermato dal Giudice di legittimità con riferimento tanto alle cause di non punibilità, quanto alle ipotesi di improcedibilità dell’azione[8].

3.1. La giurisprudenza ha peraltro indicato alcune eccezioni a tale regola. Anzitutto, la Cassazione ritiene che l’inammissibilità dell’impugnazione non precluda la possibilità di rilevare l’abolitio criminis[9]. Tale deroga ben si spiega alla luce di ragioni di economia processuale, in quanto il medesimo risultato sarebbe comunque raggiungibile mediante la proposizione dell’incidente di esecuzione. Lo stesso vale per le ipotesi di sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice[10].

Inoltre, le Sezioni Unite, in materia di remissione della querela, hanno ripetutamente affermato la prevalenza della vicenda estintiva sull’inammissibilità del ricorso[11]. Tale conclusione si fonda sulle peculiarità della causa di estinzione del reato di cui si tratta, «collegandosi essa direttamente all'esercizio dell'azione penale, per di più, in forza dell'esercizio di un diritto potestativo del querelante»[12]. La pronuncia pare avvalorare la tesi secondo cui una causa estintiva che incide sull’azione dovrebbe prevalere sull’inammissibilità dell’atto di impugnazione[13].

Oltretutto, il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite sembra destinato ad assumere crescente rilevanza pratica in considerazione delle modifiche normative introdotte con la recente riforma della giustizia penale. La novella ha infatti ampliato l’ambito di applicazione della remissione della querela, in particolare prevedendo come ipotesi di remissione tacita la mancata comparizione, senza giustificato motivo, del querelante all’udienza in cui è stato citato come testimone e la sua partecipazione ad un programma di giustizia riparativa concluso con esito favorevole[14]

 

4. Per quel che interessa in questa sede, ci si può domandare se l’orientamento consolidato di cui si tratta, in linea di massima condiviso dalla prevalente dottrina almeno con riferimento alle cause di non punibilità, sia fondato anche con riferimento alle ipotesi di improcedibilità del ricorso, come ritiene la Corte nella sentenza in commento, o se invece vi siano argomenti che facciano propendere per una soluzione di segno diverso.

In generale, si ritiene che il giudizio introdotto da un atto di impugnazione inammissibile sia geneticamente invalido: in tale ipotesi, una valutazione sul merito verrebbe inibita dalla pronuncia in rito che rileva il vizio[15]. Una simile considerazione sembra sufficiente a escludere in radice ogni interpretazione volta ad affermare la rilevabilità almeno delle cause di non punibilità sostanziali, quali ad esempio le cause di estinzione del reato.

Un discorso a parte andrebbe fatto per l’inammissibilità per manifesta infondatezza dei motivi. Si è sottolineato come una simile valutazione investa senza dubbio il merito del ricorso, con necessaria attivazione della sequenza procedimentale[16]. Quanto meno discutibile è apparsa quindi la tesi secondo cui la manifesta infondatezza precluderebbe una pronuncia liberatoria ai sensi dell’art. 129 c.p.p., anche in considerazione del fatto che, in tale ipotesi, la sottile distinzione tra inammissibilità e rigetto del ricorso potrebbe indurre a usi finalisticamente orientati dell’istituto[17].

4.1. Parte della dottrina condivide gli esiti cui previene l’orientamento maggioritario circa la prevalenza dell’inammissibilità sulla pronuncia ex art. 129, anche con riferimento all’improcedibilità. Si è osservato, in particolare, che la prevalenza dell’inammissibilità sull’improcedibilità non avrebbe nulla a che vedere con l’esigenza di impedire manovre dilatorie o strumentali della difesa, né con i fini degli specifici istituti che vengono in rilievo di volta in volta, bensì deriverebbe esclusivamente da ragioni di ordine logico[18]. Pur trattandosi, in entrambi i casi, di istituti di carattere processuale che precludono l’esame del merito, si ritiene che l’inammissibilità impedisca l’apertura della fase, caducando retroattivamente gli atti compiuti a seguito dell’atto inammissibile: risulta dunque preclusa, in tale prospettiva, la declaratoria di improcedibilità[19]. La sentenza in commento pare argomentare in piena adesione a tale principio, nel passaggio in cui esclude che il procedimento possa considerarsi “pendente” in presenza di un ricorso inammissibile.

4.2. Su quest’ultimo punto non mancano peraltro opinioni di segno opposto. In particolare, si sostiene che l’impugnazione inammissibile sarebbe idonea a dare avvio a una valida sequenza procedimentale, il cui esito è proprio la relativa declaratoria: tale esito non travolgerebbe tutti gli atti compiuti medio tempore, ma avrebbe solo l’effetto sanzionatorio consistente nel non consentire l’esame del merito[20].

Sulla scorta della considerazione riportata da ultimo, si è tentato di aprire una breccia nel consolidato orientamento sul giudicato sostanziale, con particolare riferimento all’improcedibilità “cronologica” o “temporale”, disciplinata dall’art. 344-bis c.p.p.[21]. L’istituto, volto a realizzare l’obiettivo, di fondamentale rilevanza costituzionale, della ragionevole durata del processo[22], impone una declaratoria di improcedibilità dell’azione ogniqualvolta vengano superati i termini imposti dalla disposizione. Qualunque attività processuale, compresa quella introdotta da un atto inammissibile e diretta a dichiarare tale vizio, dovrebbe essere svolta nel rispetto dei limiti cronologici di cui all’art. 344-bis[23]. Secondo questa impostazione, nell’ambito di tale sequenza procedimentale, l’intervenuta improcedibilità dell’azione, dotata di «priorità logica e cronologica», costringerebbe il giudice ad una absolutio ab instantia, precludendo la declaratoria di inammissibilità[24].

Occorre peraltro segnalare un recente intervento del legislatore sul punto. Il “nuovo” comma 1-bis dell’art. 578 c.p.p., come emendato dal d.lgs. n. 150 del 2023, prevede infatti che il giudice di appello o la Cassazione, «se l’impugnazione non è inammissibile, nel dichiarare improcedibile l’azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344 bis», rinviino per la prosecuzione al giudice civile competente a definire la controversia risarcitoria[25]. L’intervento legislativo sembra diretto ad accogliere il consolidato orientamento giurisprudenziale cui aderisce la decisione in commento[26]. Resta da domandarsi se, con tale modifica normativa, il legislatore abbia voluto dettare una regola particolare, applicabile solo in materia di impugnazione per gli effetti civili, o se invece abbia inteso declinare, con riferimento a tale ipotesi, un criterio di prevalenza dell’inammissibilità sull’improcedibilità ritenuto applicabile in via generale.

 

5. Le soluzioni prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza di legittimità, di cui si è dato conto, paiono offrire alcuni interessanti spunti di riflessione con riferimento al caso in questione.

Si rileva che, a differenza di quanto ipotizzabile in materia di prescrizione, non paiono sussistere in relazione all’improcedibilità per mancanza di querela i rischi legati ad un uso meramente dilatorio o strumentale dell’impugnazione, che costituiscono una delle ragioni poste alla base dell’orientamento cui la sentenza in esame aderisce. Non sembrerebbe tutto sommato un esito irragionevole, o comunque pregiudizievole per la tenuta del sistema, la declaratoria di improcedibilità dell’azione esercitata per l’accertamento di un fatto per il quale è sopravvenuta la necessità di un impulso di parte, ove si rilevi la mancanza di tale condizione.

Tale considerazione non è di per sé sufficiente, peraltro, a porre in discussione la fondatezza di un orientamento, in buona misura assestato, basato sull’applicazione di fondamentali principi processuali. Occorre quindi valutare se vi siano ragioni logico-giuridiche per revocare in dubbio la soluzione affermata dalla Cassazione.

5.1. Anzitutto, non sembra che la modifica normativa che ha introdotto la procedibilità a querela per taluni reati possa essere assimilata a un’ipotesi di abolitio criminis. Appare corretta la qualificazione operata dalla Corte nella decisione in commento, secondo cui l’intervento legislativo avrebbe configurato una norma penale di favore, insuscettibile di superare il giudicato[27].

Si potrebbe invece valutare se le argomentazioni valorizzate dalle Sezioni Unite in materia di remissione possano valere anche in relazione all’improcedibilità per mancanza di querela[28]. Come si è anticipato, la decisione richiamata non ha inteso superare la teoria del “giudicato sostanziale”, avendo piuttosto affermato il carattere eccezionale della remissione della querela, in virtù del quale essa sarebbe rilevabile fino al momento dell’intervenuta irrevocabilità della sentenza.

Le due fattispecie paiono senz’altro assimilabili sotto alcuni rilevanti profili. In effetti, in entrambi i casi ci si trova dinanzi ad un procedimento per un reato rispetto al quale difetta il fondamentale presupposto di procedibilità consistente nella manifestazione di volontà della persona offesa[29]. Peraltro, una delle ragioni che secondo la Corte conducono a derogare la regola generale è il tenore letterale dell’art. 152 c.p.[30], il che potrebbe ostare all’assimilazione delle due ipotesi.

5.2. In conclusione, sembra che la questione sia stata condivisibilmente ricondotta, dalla sentenza in commento, al tema della inidoneità di un’impugnazione inammissibile a introdurre validamente la fase processuale. Tale pacifico assunto pare senz’altro precludere la pronuncia nel merito ai sensi dell’art. 129 del codice di rito. Qualche spiraglio potrebbe permanere se si volesse valorizzare il peculiare carattere dell’istituto in esame: in difetto del fondamentale presupposto della procedibilità, com’è noto, si impone infatti l’absolutio ab instantia mediante una pronuncia di natura eminentemente processuale, la quale potrebbe non essere preclusa dal vizio caratterizzante l’atto introduttivo[31].

 

 

 

[1] Sul tema, v., per tutti, M. Gialuz, La deflazione processuale e sostanziale, in M. Gialuz, J. Della Torre, Giustizia per nessuno. L’inefficienza del sistema penale italiano tra crisi cronica e riforma Cartabia, Torino, 2022, p. 322 ss.; F. Vergine, G. Micheli, La procedibilità a querela, in G. Spangher (a cura di), La riforma Cartabia. Codice Penale, Codice di Procedura Penale, giustizia riparativa, Pisa, 2022, p. 449 ss.; G.L. Gatta, L’estensione del regime di procedibilità a querela nella riforma Cartabia e la disciplina transitoria dopo la l. n. 199/2022, in questa Rivista, 2 gennaio 2023; G. Dodaro, Le modifiche alla disciplina della querela, in Dir. Pen. Proc., 1/2023, p. 63 ss.

[2] Il riferimento è a Cass., Sez. Unite, 7 settembre 2018, n. 40150, in cui si condivide altresì l’impostazione secondo la quale l’improcedibilità andrebbe trattata al pari di una questione di fatto, in quanto tale soggetta al principio dell’autosufficienza del ricorso.

[3] In tal senso Cass, Sez. Unite, 25 marzo 2016, n. 12602, in materia di estinzione del reato per prescrizione. In tale occasione la Corte ha escluso che una simile impostazione possa integrare una violazione dei principi sanciti dagli artt. 6 e 7 della CEDU, atteso che «è onere della parte interessata attivare correttamente il rapporto processuale d'impugnazione, con l'effetto che, ove ciò non avvenga, il giudice del grado successivo deve limitarsi a dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione e non ha poteri cognitivi sul merito del processo».

[4] Il riferimento è a Cass, Sez. IV, 11 gennaio 2023, n. 2658.

[5] Cfr. M. Bargis, Impugnazioni, in M. Bargis (a cura di), Compendio di Procedura penale, Milano, 2020, p. 784 ss.; O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, in Giurisprudenza Italiana, 4/2022, p. 990. In questo senso, di recente, Cass., Sez. VII, 26 novembre 2021, n. 43883, con nota di P. Ferrua, L’inammissibilità del ricorso osta alla declaratoria di improcedibilità del giudizio di Cassazione ex art. 354-bis, in Cass. Pen., 1/2022, p. 144 ss., in cui il Collegio afferma che l’inammissibilità del ricorso preclude la rilevazione dell’improcedibilità di cui all’art. 344-bis c.p.p., essendo irragionevole consentire forme di strumentalizzazione del nuovo istituto, realizzabili mediante la presentazione di ricorsi inammissibili.

[6] Così Cass., Sez. Unite, 22 giugno 2005, n. 23428, che si pone in linea con altre precedenti decisioni delle Sezioni Unite della Corte. Per tutte, v. Cass., Sez. Unite, 21 dicembre 2000, n. 32, alla quale si deve il superamento, ai fini della materia in questione, della distinzione tra inammissibilità originarie e sopravvenute.

[7] In questi termini Cass, Sez. Unite, 25 marzo 2016, n. 12602, cit.

[8] Per tutte, Cass., Sez. Unite, 7 settembre 2018, n. 40150, cit.

[9] V., ad esempio, Cass., Sez. IV, 24 giugno 2008, n. 25644.

[10] Cfr. P. Paulesu, Le impugnazioni, in AA. VV., Fondamenti di procedura penale, Milano, 2021, p. 751.

[11] Cfr., in particolare, Cass., Sez. Unite, 27 maggio 2004, n. 24246, con nota di G. Leo, Ricorso inammissibile e sopravvenuta remissione della querela: un passo indietro delle Sezioni unite, in Cass. Pen., 10/2004, p. 3152 ss.

[12] In questi termini, ancora, Cass., Sez. Unite, 27 maggio 2004, n. 24246, secondo cui la voluntas del remittente dovrebbe trovare massima espansione, rilevando fino all’intervento del giudicato formale, prevalendo dunque sul giudicato sostanziale. Una simile soluzione sarebbe suffragata dal tenore letterale dell’art. 152 c.p.: si ritiene infatti che la disposizione, nel prevedere che la remissione debba intervenire prima della “condanna”, faccia riferimento alla formazione del giudicato formale ex art. 648, c. 2, c.p.p. Esprime qualche dubbio sulla fondatezza di alcuni degli argomenti proposti dalla Cassazione G. Leo, Ricorso inammissibile e sopravvenuta remissione della querela, cit.

[13] Cfr. O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 990. In merito al carattere processuale della remissione della querela v., per tutti, G. Marinucci, E. Dolcini, G.L. Gatta, Manuale di Diritto Penale, Milano, 2022, p. 509, i quali ritengono che l’istituto sia impropriamente annoverato tra le cause di estinzione del reato.

[14] Sul punto, cfr. F. Vergine, G. Micheli, La procedibilità a querela, cit., p. 457; D. Pulitanò, Riparazione e lotta per il diritto, in questa Rivista, 9 febbraio 2023, p. 11.

[15] Cfr. Mazza, La nuova cultura dell’inammissibilità fra paradossi e finzioni legislative, in Cass, Pen., 10/2017, p. 3474.

[16] In questo senso F.R. Dinacci, L’essere ed il dover essere dell’inammissibilità delle impugnazioni tra dato positivo, costituzione ed azione giurisprudenziale, in Arch. Pen., 1/2020, p. 8 ss.

[17] Avvertono di tale rischio Mazza, La nuova cultura dell’inammissibilità, cit., p. 3473; F.R. Dinacci, L’essere ed il dover essere dell’inammissibilità, cit., loc. ult. cit.; E.N. La Rocca, Inammissibilità cedevole e favor impugnationis offuscato, in Arch. Pen., 3/2018, p. 7.

[18] In questi termini P. Ferrua, L’inammissibilità del ricorso, cit., p. 147.

[19] V., ancora, P. Ferrua, L’inammissibilità del ricorso, cit., p. 147 s.; in senso analogo M. Daniele, Improcedibilità dell’impugnazione penale e reazioni applicative, in Riv. Dir. Proc., 3/2022, p. 858 ss.

[20] In questo senso O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 989.

[21] Si tratta del nuovo regime di improcedibilità introdotto dalla l. n. 134 del 2021. Sul tema v. O. Mazza, A Midsummer Night’s Dream: la riforma Cartabia del processo penale (o della sola prescrizione?), in Arch.. Pen., 2/2021; ID., Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 985 ss.; E.N. La Rocca, Il modello di riforma “Cartabia”: ragioni e prospettive della Delega n. 134/2021, in Arch. pen., 3/2021; P. Ferrua, La singolare vicenda della “improcedibilità”Il Penalista, 27 agosto 2021; G. Spangher, Questioni in tema di sistema bifasico (prescrizione/improcedibilità), in Dir. Pen. Proc., 11/2021, p. 1444 ss.; A. Marandola, Gli incerti orizzonti dell’improcedibilità per decorrenza dei termini ragionevoli nei giudizi d’impugnazione, in B. Romano, A. Marandola (a cura di), La riforma Cartabia. La prescrizione, l’improcedibilità e le altre norme immediatamente precettive, Pisa, 2021, p. 55 ss.; M. Gialuz, I rimedi preventivi e sanzionatori all’irragionevole durata, in Giustizia per nessuno, cit., p. 350 ss.; D. Negri, Dell’improcedibilità temporale, pregi e difetti, in questa Rivista, n. 2/2022, p. 51 ss.; G. Leo, Prescrizione e improcedibilità: problematiche di diritto intertemporale alla luce della giurisprudenza costituzionale, in questa Rivista, 1° marzo 2022.

[22] Cfr. M. Gialuz, I rimedi preventivi e sanzionatori all’irragionevole durata, cit., loc. ult. cit.; O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 987. Particolarmente critico sulla soluzione legislativa adottata P. Ferrua, Improcedibilità e ragionevole durata del processo, in Cass. Pen., 2/2022, p. 443 ss.

[23] In questo senso D. Negri, Dell’improcedibilità temporale, cit., p. 61 ss., secondo il quale, ai fini della nuova disciplina, «conta il segmento cronologico nel corso del quale l’attività processuale comunque si sviluppa, non importa se in modo regolare o viziato»; O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 988 ss., il quale, criticando la giurisprudenza formatasi in tema di giudicato sostanziale, sottolinea come «una valida attività giurisdizionale debba svolgersi anche solo al fine di dichiarare l’invalidità dell’atto introduttivo»;.

[24] Così O. Mazza, Fenomenologia dell’improcedibilità cronologica, cit., p. 989 s.; di contrario avviso P. Ferrua, Improcedibilità e ragionevole durata del processo, cit., p. 453 ss.; G. Canzio, Prescrizione del reato e improcedibilità dell’azione penale. Una introduzione, in questa Rivista, 7 marzo 2023, p. 6 s.

[25] Tale meccanismo opera nei casi in cui «nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, e in ogni caso di impugnazione della sentenza anche per gli interessi civili».

[26] In questo senso M. Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto, guida alla lettura della riforma Cartabia, in questa Rivista, 2022, p. 74.

[27] Di questo avviso Cass., Sez. Unite, 7 settembre 2018, n. 40150, cit., citata dalla Corte nella decisione in commento; v. anche Cass., Sez. I, 16 gennaio 2020, n. 1628, in cui si esclude che l’improcedibilità possa essere valutata dal giudice dell’esecuzione ai fini della revoca della condanna.

[28] Il riferimento è a Cass., Sez. Unite, 27 maggio 2004, n. 24246, cit.

[29] Pur per ragioni differenti: nel caso della remissione, l’originaria manifestazione della volontà che si proceda nei confronti dell’autore del reato è neutralizzata da un contrarius actus del querelante; sul tema v., per tutti, L. Giuliani, Indagini preliminari e udienza preliminare, in Compendio di Procedura penale, cit., p. 439 s.

[30] V. retro, nota 12.

[31] Appare chiaro che tale soluzione è ipotizzabile solo se si aderisce all’impostazione secondo la quale l’inammissibilità avrebbe solo l’effetto di precludere l’esame nel merito, risultando l’atto introduttivo viziato comunque idoneo a dare avvio ad una valida sequenza procedimentale. All’opposto, la lettura secondo cui l’inammissibilità precluderebbe l’apertura della fase processuale, invalidando tutti gli atti compiuti medio tempore, non pare lasciare spazio ad una pronuncia liberatoria in punto di improcedibilità.