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25 Febbraio 2025


I nuovi artt. 590 sexies e 590 septies c.p. nella proposta della Commissione D’Ippolito


1. Il nuovo art. 590 sexies c.p. – Il Ministro della Giustizia ha istituito con decreto[1] la Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica, presieduta dal magistrato Adelchi D’Ippolito e successivamente integrata[2]. La Commissione ha consegnato al Ministro l’esito dei lavori, costituito da una proposta di riforma e da una relazione illustrativa[3].

La proposta di riforma di diritto sostanziale prevede la sostituzione dell’attuale art. 590 sexies c.p. e l’introduzione dell’art. 590 septies c.p.

Che cosa cambia con la sostituzione dell’art. 590 sexies c.p.?

Per l’attuale art. 590 sexies c.p., nell’interpretazione data dalle Sez. Un.[4], si ha non punibilità della colpa medica se l’evento è stato causato da imperizia lieve nella fase esecutiva delle linee guida.

Questa ipotesi di non punibilità scompare, perché il testo dell’attuale art. 590 sexies c.p. viene sostituito con il seguente:

«Limiti della responsabilità in ambito sanitario

I fatti previsti dagli artt. 589, 590 e 593 bis commessi nell’esercizio dell’attività sanitaria sono esclusi quando risulta che la prestazione è conforme agli indirizzi di diagnosi e cura adeguati alle specificità del caso concreto.

Rilevano quali indirizzi di diagnosi e cura le raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi dell’art. 5 della legge 8 marzo 2017, n. 24, le buone pratiche clinico-assistenziali, nonchè altre scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alle specificità del caso concreto».

Vengono così previsti tre criteri di accertamento della colpa medica:

  • le linee guida pubblicate ex art. 5 co. 3 l. 24/2017 (cd. legge Gelli)
  • le buone pratiche clinico-assistenziali
  • le scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alle specificità del caso concreto.

Anche attualmente, per l’accertamento della colpa medica, si fa uso in primis delle linee guida pubblicate ex art. 5 co. 3 legge Gelli e se mancano si fa uso delle buone pratiche clinico-assistenziali, perché questo è imposto dal primo comma dello stesso art. 5.

La proposta, senza prevedere una scala di priorità dei criteri, aggiunge le scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alle specificità del caso concreto. Letteralmente queste scelte non appaiono come un criterio di valutazione della colpa medica, perché hanno carattere individuale: riguardano il singolo paziente, mentre un criterio di valutazione ha carattere generale e riguarda quindi un’intera categoria di pazienti.

Per comprendere il significato di tali scelte, occorre riferirsi alla relazione illustrativa della proposta, dove vengono definite come i più aggiornati e adeguati indirizzi di diagnosi e cura da rapportare alla realtà dinamica della singola struttura sanitaria e del singolo intervento del professionista[5]. La previsione legislativa di tali scelte viene giustificata nella relazione per l’ipotesi di obsolescenza delle linee guida.

Nella pratica giudiziaria è molto frequente che non si possa fare uso di linee guida pubblicate ex art. 5 co. 3 legge Gelli a causa della loro mancanza e che quindi si debba fare uso delle buone pratiche clinico-assistenziali. Queste, in una nozione ampia, ricomprendono necessariamente anche i più aggiornati e adeguati indirizzi di diagnosi e cura dei quali parla la relazione. E in una pratica giudiziaria accurata questi indirizzi costituiscono già un affinato e affilato arnese di lavoro, superando così la preoccupazione manifestata nella relazione di obsolescenza delle linee guida. La previsione normativa proposta non appare però inutile, perché richiama la necessità di fare uso di questi indirizzi. Questo potrebbe avvenire già dal momento della formulazione del quesito a consulenti e periti.

Il proposto testo dell’art. 590 sexies c.p. contiene una novità anche riguardo alla costruzione dogmatica della fattispecie: non più in termini di non punibilità, ma di esclusione della tipicità del fatto. Infatti il nuovo testo si apre con le parole: I fatti previsti dagli artt. 589, 590 e 593 bis commessi nell’esercizio dell’attività sanitaria sono esclusi quando ecc. A scanso di ogni equivoco la relazione precisa che il rispetto degli adeguati indirizzi di diagnosi e cura è già indice del difetto dell’elemento oggettivo del reato[6]. Si è quindi voluto dire addio alla causa di punibilità dell’art. 590 sexies c.p. nell’attuale formulazione.

 

2. Il nuovo art. 590 septies c.p. – La novità dell’art. 590 septies c.p. è totale, per l’ovvia ragione che manca un testo attuale. L’introducendo articolo, rubricato Responsabilità solo per colpa grave, limita al secondo comma la responsabilità alla colpa grave se l’attività sanitaria è di speciale difficoltà. Il primo comma è una disposizione che funge da tappeto rosso al secondo comma e gli offre un cocktail di benvenuto normativo, perché indica in quali casi trova applicazione la limitazione di responsabilità del secondo comma: praticamente in ogni ipotizzabile caso di colpa medica. Assegna così alla limitazione di responsabilità per colpa grave il più ampio spazio applicativo possibile.

Questo è il testo del co. 1 e 2:

«Se, nei fatti previsti dagli articoli 589, 590 e 593 bis, l’attività sanitaria non è conforme a indirizzi di diagnosi e cura adeguati alle specificità del caso concreto, l’esercente ne risponde nelle fattispecie di mancato ricorso a comuni cautele, di errata scelta dell’indirizzo di diagnosi e cura o di errata esecuzione dell’attività, di adozione di indirizzi di diagnosi e cura più rischiosi non giustificati da prospettive favorevoli per l’assistito, di violazione delle misure organizzative della sicurezza delle cure, con l’effetto di cagionare l’evento evitabile e prevedibile del reato.

Nelle fattispecie predette, se l’attività sanitaria è di speciale difficoltà, l’esercente ne risponde solo per colpa grave».

Non si riesce a ipotizzare un caso che rimanga fuori dal perimetro tracciato dal primo comma. Sicuramente vi rientra il frequente caso dell’omessa diagnosi differenziale, essendo lo stesso ricompreso nell’errata scelta dell’indirizzo di diagnosi e cura di cui parla il testo. E vi rientra il caso, anch’esso frequente, dell’errore operatorio, essendo lo stesso ricompreso nell’errata esecuzione dell’attività di cui ancora parla il testo.

Il terzo e ultimo comma indica quali fattori possono escludere la gravità della colpa.

Questo il testo:

«Tra i fattori che possono escludere la gravità della colpa, per la speciale difficoltà dell’attività sanitaria, il giudice considera i contesti di rischio causati dalla scarsità delle risorse umane e materiali disponibili, dalla mancanza o dalla limitatezza di conoscenze scientifiche o di terapie adeguate, dalla severità e dalla complessità della malattia, dalla presenza di situazioni di rilevante urgenza o emergenza».

Il testo si presenta come meramente esemplificativo dei fattori, perché si apre con l’espressione tra i fattori ecc., senza quindi limitare la previsione ai fattori che poi indica[7]. Del resto, se così non fosse, verrebbero irragionevolmente esclusi fattori che meritano la stessa rilevanza giuridica. Ad es., la speciale difficoltà che può presentarsi durante un intervento routinario, quale il rischio di causare un emopericardio durante un’angioplastica coronarica per le condizioni della parete vasale.

La disposizione indica i fattori di valutazione, ma non il criterio di valutazione: il che cosa non il come, il quid non il quomodo. Rimane utilizzabile il consolidato criterio giurisprudenziale della ragguardevole deviazione dell’agire appropriato[8], però agevolmente manipolabile nella pratica, per la poca determinatezza dell’aggettivo ragguardevole.

Che cosa cambia con l’introduzione dell’art. 590 septies c.p.?

Attualmente, secondo una giurisprudenza ormai consolidata[9], nel giudizio penale si applica indirettamente l’art. 2236 c.c., in quanto regola di esperienza che esprime un criterio di razionalità di giudizio: se quindi l’attività sanitaria è di speciale difficoltà l’esercente ne risponde solo per imperizia lieve e non per negligenza e imprudenza. La rilevanza della sola imperizia grave corrisponde all’opinione risalente della Corte costituzionale[10], ma tuttora ampiamente condivisa.

È chiara la proposta di allargamento a negligenza e imprudenza, perché l’art. 590 septies prevede che se l’attività sanitaria è di speciale difficoltà, l’esercente ne risponde solo per colpa grave, usando quindi un termine normativo che abbraccia tutte le forme di colpa. Abbraccia quindi, ad es., il caso del chirurgo che per fretta clinica non legge bene la cartella clinica, prima d’intervenire per la rottura dell’aorta ormai beante e sapendo quindi che troverà il campo operatorio allagato.

La proposta, quindi, non è la copia dell’art. 2236 c.c. nel codice penale. Per semplificare si potrebbe dire che ne costituisce nel codice penale una previsione allargata a tutte le forme di colpa. Previsione che è utile non solo per l’allargamento, ma anche perché offre un ulteriore vantaggio, ben tangibile nella pratica giudiziaria e cioè si avrebbe l’espressa imposizione dell’obbligo del magistrato di doversi servire di questo criterio nell’accertamento della responsabilità penale del professionista sanitario. È infatti noto che non tutti i magistrati concordano con quella giurisprudenza di legittimità che ritiene che l’art. 2236 c.c. sia indirettamente applicabile nel processo penale. E quindi non si servono del criterio, non lo includono fra gli arnesi di lavoro.

Inoltre la previsione nel codice penale del criterio avrebbe anche una funzione di segnale di ausilio per quei difensori che attualmente non fanno uso dell’applicabilità indiretta dell’art. 2236 c.c., nonostante la consolidata giurisprudenza e il caso invitante.

 

3. Legge più favorevole. – Attualmente si ha non punibilità della colpa medica in due ipotesi e cioè se:

  • l’evento è stato causato da imperizia lieve in casi di speciale difficoltà, secondo la già citata applicabilità indiretta dell’art. 2236 c.c.
  • l’evento è stato causato da imperizia lieve nella fase esecutiva delle linee guida, secondo l’attuale art. 590 sexies c.p. nell’interpretazione delle Sezioni unite.

L’imperizia lieve si presenta quindi come una moneta a due facce: quella della speciale difficoltà e quella della fase esecutiva delle linee guida.

Con la proposta sostituzione dell’art. 590 sexies c.p. sparisce la faccia della fase esecutiva delle linee guida. La moneta mostra su entrambi i lati la stessa faccia: quella della speciale difficolta, pur acquisendo il maggiore potere di acquisto della negligenza e imprudenza lievi. Ma non sarà comunque più in alcun modo spendibile nell’ipotesi di imperizia lieve nella fase esecutiva delle linee guida, se manca la speciale difficoltà. Per tale ipotesi la proposta si presenta meno favorevole e quindi dovrebbe continuare ad applicarsi l’attuale art. 590 sexies c.p.

Conclusivamente: la proposta riforma appare più favorevole per tutte le ipotesi di speciale difficoltà. È meno favorevole per l’ipotesi di assenza di speciale difficoltà, quando l’evento è stato causato da imperizia lieve in fase esecutiva delle linee guida.

 

4. La colpa non è uguale per tutti: questioni di costituzionalità. – Se diventa legge la proposta della Commissione, è prevedibile che la riforma sarà presto oggetto di aggressione giurisdizionale davanti alla Corte costituzionale, perché afferma in sostanza il principio che la colpa non è uguale per tutti. Viene infatti sostanzialmente prevista una diversità di trattamento dei professionisti sanitari rispetto ad altre categorie di professionisti, con relativi problemi di compatibilità con il principio di uguaglianza. L’arma più potente per aggredire la riforma sarebbe appunto il principio di uguaglianza, che risulta leso quando la diversità di trattamento appare irragionevole, secondo consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale.

Ma questo non sembra che si profili nella proposta della Commissione.

C’è in primis una ragione di carattere generale: la unanimemente riconosciuta esigenza di contenere la medicina difensiva. Sciogliere cioè l’ansia del medico dovuta alla paura di un procedimento penale. Quell’ansia che con la medicina difensiva viene trasferita sul paziente, che comprensibilmente si preoccupa per accertamenti diagnostici o terapie non necessarie, non capendo bene il perché di così tanta medicina. Sono i cosiddetti costi umani della medicina difensiva, per il medico e per il paziente, che si aggiungono a quelli economici. Costi umani che tolgono serenità al medico e consegnano al paziente preoccupazione e cure inadeguate. E che quindi vanno a chiaro detrimento del diritto alla salute. Occorre invece restituire serenità al professionista sanitario, perché la sua serenità e la cura adeguata del paziente vanno a braccetto: la prima è un passaggio obbligato per ottenere la seconda, che diventa altrimenti un fatto casuale.

Questa ragione è tanto forte che potrebbe indurre a giustificare la limitazione della responsabilità per colpa grave in qualunque ipotesi, anche a prescindere dalla speciale difficoltà. Come del resto già autorevolmente proposto dal Centro Studi Federico Stella[11].

È delicato l’equilibrio fra l’esigenza di ridurre la medicina difensiva da un lato e il diritto alla salute dall’altro. Ha riguardo al rapporto fra professionista sanitario e paziente. Ebbene, la coscienza dell’impunità in qualunque ipotesi di colpa lieve, potrebbe favorire, in certi professionisti, abitudini non buone, quali il mancato aggiornamento professionale o trattamenti dei pazienti in contrasto con i codici deontologici. Quegli atteggiamenti che i pazienti sintetizzano talvolta con la cruda espressione: Sono stato trattato con ignoranza e arroganza!

La proposta sembra offrire una soluzione equilibrata, perché prevede la limitazione della responsabilità penale per colpa grave non sempre, ma esclusivamente se l’attività sanitaria è di speciale difficoltà. Esistono certamente anche altre categorie di professionisti che devono affrontare casi di speciale difficoltà. Relativamente alle quali però non c’è quel mostro da combattere che ha la corazza della medicina difensiva.

Nella speciale difficoltà rientrano poi anche le situazioni emergenziali, che giustificano anch’esse la diversità di trattamento. Non si tratta, beninteso, di situazioni di medicina dell’emergenza, che costituiscono l’ordinarietà di questo settore, quali addome acuto, pneumotorace iperteso, embolia polmonare ecc. L’emergenza che viene qui in considerazione è quella che altera il normale processo decisionale del clinico per circostanze del tutto contingenti. Ad es., uno straordinario e contemporaneo afflusso di pazienti. Come quando a volte non si sbaglia diagnosi, ma si sbaglia paziente! Una sorta di aberratio prescrittiva. Anche la medicina territoriale è coinvolta. Basti pensare all’assalto agli studi dei medici di medicina generale il lunedì mattina, talvolta anche con pazienti che meglio avrebbero fatto a rivolgersi ai servizi di continuità assistenziale durante il fine settimana. O anche quando si è in preda all’idea di dovere correre, subito dopo finito l’ambulatorio, al domicilio del paziente, che ha appena chiamato al cellulare lamentando un problema di quelli che fanno pensare...

D’altra parte, e come è noto, situazioni come queste sono state già oggetto di considerazione legislativa. Prima lo scudo penale Covid-19 (art. 3 bis l. 76/2021), con la limitazione della responsabilità penale solo per colpa grave durante l’emergenza epidemica[12]. E poi lo scudo milleproroghe, con la stessa limitazione di responsabilità in situazioni di grave carenza di personale sanitario[13].

La proposta riforma avrebbe quindi possibilità di resistere al maestrale di questioni d’incostituzionalità.

 

 

 

[1] d.m. 28 marzo 2023

[2] d.m. 4 aprile 2023 - d.m. 14 aprile 2023 - d.m. 20 aprile 2023 e d.m. 4 maggio 2023

[3] Per la lettura dell’articolato e della relazione, clicca qui.

[4] Cass. Sez. Un. 21 dicembre 2017 (dep. 22 febbraio 2018), n. 8770, Pres. Canzio, Rel. Vessichelli, Ric. Mariotti, in Dir. pen. cont., 1 mar. 18, con nota di C. Cupelli, L'art. 590-sexies c.p. nelle motivazioni delle Sezioni Unite: un'interpretazione 'costituzionalmente conforme' dell'imperizia medica (ancora) punibile. V. anche sul punto: A. Perin, Prudenza, dovere di conoscenza e colpa penale, Editoriale Scientifica, 2020, 137 e ss.

[5] Relazione p. 6

[6] Relazione p. 5

[7] Parla di menzione non chiusa dei fattori M.L. Mattheudakis, Scenari recenti di riforma della responsabilità penale colposa in ambito sanitario: cerchi concentrici intorno alla colpa grave, in Responsabilità Medica, Diritto e pratica clinica, 463, al quale si fa rinvio anche per ampie considerazioni ulteriori sulla proposta di riforma.

[8]  Ex plurimis: Sez. IV, 22281/14, Cavallaro, est. Montagni, Rv. 262273-01

[9] Molto chiara è Sez. IV, 16328/11, Montalto, est. Blaiotta, Rv. 251960-01, anche con ricca esemplificazione. Secondo Sez. Un. cit., par. 10.1, questo principio merita di essere valorizzato. In dottrina sul punto: D. Micheletti, Attività medica e colpa penale. Dalla prevedibilità all’esperienza, Ed. Scientifiche Italiane, 2021, 65 e ss.; M. Caputo, Colpa medica, in Enc. Dir., estratto da I Tematici, II, Reato Colposo, diretto da M. Donini, Giuffrè, 2021, 167 e ss.

[10] Corte Costituzionale, n. 166/1073.

[11] Centro Studi Federico Stella, Il problema della medicina difensiva, Una proposta di riforma in materia di responsabilità penale nell’ambito dell’attività sanitaria e gestione del contenzioso legato al rischio clinico, ETS, 2010