Cass. pen., sez. I, sent. 15 maggio 2024 (dep. 5 giugno 2024) n. 22608, Pres. Di Nicola, Rel. Russo
*Contributo pubblicato nel fascicolo 7-8/2024.
1. Nella decisione che si segnala, la Cassazione si è occupata della contravvenzione prevista dall’art. 73 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (c.d. codice antimafia) che punisce la guida di veicoli a motore da parte di persone già sottoposte a misure di prevenzione personale, nell’ipotesi di assenza, di sospensione o di revoca della patente.
Nel caso di specie, N. S. era stato sorpreso alla guida di una Fiat 600 nel febbraio 2020, privo di patente e nella vigenza di una misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, irrogata nel gennaio 2019 ed ancora in atto al momento della condotta; N.S., quindi, era tratto a giudizio con l’accusa di aver violato l’art. 73 cod. antimafia per aver guidato con patente revocata durante l’esecuzione di una misura di prevenzione personale.
Come ricostruito dai giudici di merito, il primo presupposto della condotta tipica dell’art. 73 cod. antimafia – l’assenza della patente, nel caso di specie per effetto di revoca – si era verificato come conseguenza dell’applicazione di una precedente misura di sorveglianza speciale, irrogata nel 2006 e decaduta svariati anni prima del compimento del fatto, senza che l’imputato avesse mai avanzato richiesta di riottenimento del titolo abilitativo alla guida. Il secondo presupposto – la sussistenza di una misura di prevenzione personale – si realizzava al momento della seconda sottoposizione dell’imputato alla sorveglianza speciale, in epoca molto successiva alla revoca della patente, ma anteriore al fatto incriminato.
Nella sentenza in esame la Cassazione affronta, fra gli altri, l’argomento difensivo del ricorrente secondo cui l’art. 73 cod. antimafia richiede, anche per effetto di alcune decisioni della Corte costituzionale (di cui infra), che l’assenza del titolo abilitativo alla guida sia conseguenza della stessa misura di prevenzione vigente al momento del compimento del fatto e non di una pregressa misura, venuta meno prima del compimento della condotta tipica.
La Suprema Corte afferma che i presupposti dell’art. 73 cod. antimafia, come rimodellato dagli interventi della Consulta e dalla conseguente giurisprudenza adeguatrice della stessa Cassazione, sono la revoca della patente per effetto di una misura di prevenzione e la guida del veicolo durante la vigenza di una misura di prevenzione; siccome entrambi i requisiti erano sussistenti nel caso di specie, la pronuncia in esame conclude per l’infondatezza del ricorso.
2. Per valutare la portata della decisione in rassegna è inevitabile un brevissimo richiamo alle decisioni della Consulta che hanno interessato, anche indirettamente, l’ipotesi speciale di guida senza patente prevista dal c.d. codice antimafia.
Gli interventi del Giudice delle leggi in questa materia hanno riguardano, innanzitutto, il primo presupposto del reato di cui all’art. 73 cod. antimafia[1], l’assenza del titolo abilitativo per effetto di revoca, la cui disciplina, per quel che interessa in questa sede, è contenuta nell’art. 120 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 (c.d. codice della strada). Secondo questa disposizione l’irrogazione di una misura di prevenzione personale diversa dal foglio di via impedisce al prevenuto di conseguire la patente (comma 1) o comporta la revoca del titolo esistente (comma 2); lo stesso effetto è previsto in caso di condanna per uno dei reati di cui all’art. 73 o 74 d.p.r. n. 309/1990[2] o di applicazione di una misura di sicurezza personale[3].
La Corte costituzionale è intervenuta sul meccanismo dell’art. 120 comma 2 cod. strada in più di una occasione, censurando l’automatismo tra irrogazione della pena, della misura di sicurezza e della misura di prevenzione, da un lato, e indegnità soggettiva alla conduzione di veicoli a motore, dall’altro.
In una prima decisione (sent. 9 febbraio 2018 n. 22), la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell’art. 120 cod. strada nella parte in cui conferisce al prefetto l’obbligo, e non la facoltà, di provvedere al ritiro della patente in caso di condanna per uno dei reati di cui all’art. 73 o 74 d.p.r. n. 309/1990. Fra le altre motivazioni, la Corte ha posto in evidenza l’irragionevolezza di un identico automatismo collegato ad una condanna per fatti profondamente differenti come sono quello di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e quello di mero traffico di stupefacenti (che prevede anche un’ipotesi di lieve entità).
Con una seconda pronuncia (sent. 20 febbraio 2020 n. 24), la Corte Costituzionale ha affrontato l’analogo tema della revoca della patente in caso di applicazione di una misura di sicurezza, giungendo al medesimo risultato: l’automatismo della revoca è contrario al principio di uguaglianza in ragione della varietà di misure irrogabili al soggetto socialmente pericoloso autore di un reato o di un quasi-reato; di conseguenza, al prefetto deve essere conferito il potere di valutare caso per caso l’opportunità di emettere un provvedimento di revoca.
In una terza pronuncia (sent. 27 maggio 2020 n. 99), il Giudice delle leggi ha utilizzato i medesimi criteri in relazione all’ipotesi di applicazione della misura di prevenzione, dichiarando costituzionalmente illegittimo, per violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità, l’art. 120 comma 2 cod. strada nella parte in cui non stabilisce che il prefetto può provvedere alla revoca della patente di guida nei confronti di soggetti prevenuti, non potendo legittimamente sussistere un obbligo in tal senso.
In una quarta pronuncia (sent. 17 ottobre 2022 n. 211)[4], la Corte costituzionale, si è occupata direttamente dell’art. 73 cod. antimafia, indiziato di non essere conforme al principio di offensività ed al principio di uguaglianza in ragione, rispettivamente, del fatto che una mera qualità soggettiva (lo status di prevenuto) possa essere elemento fondativo della fattispecie contravvenzionale e dell’irragionevole disparità di trattamento rispetto agli altri conducenti privi di patente per i quali si configura, dal 2016, un mero illecito amministrativo (art. 116 comma 15 cod. strada).
In questo caso, invece, la Corte ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale.
Riguardo all’asserita violazione del principio di offensività, la Consulta ha rilevato[5] che l’art. 120 cod. strada costituisce il presupposto normativo della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 73 cod. antimafia e che il giudizio di maggiore pericolosità generica che giustifica l’irrogazione di una sanzione penale è frutto di una scelta discrezionale del legislatore, mai censurata dalla stessa Corte[6].
Peraltro, per effetto della menzionata evoluzione della giurisprudenza costituzionale sull’art. 120 cod. strada, in caso di sopravvenuta applicazione della misura di prevenzione la revoca della patente non è più automatica, ma frutto di una valutazione del prefetto sulla pericolosità specifica del prevenuto che deve tener conto anche della possibilità che il possesso della patente sia un requisito indispensabile per lo svolgimento di attività lavorative lecite[7].
Questo meccanismo di personalizzazione del giudizio di pericolosità, secondo la Corte, garantisce che la tutela dell’ordine pubblico rintracciabile nell’art. 73 cod. strada derivi da una situazione oggettiva di maggior pregiudizio per il bene protetto piuttosto che da una qualifica soggettiva slegata dal fatto-reato[8].
Una volta individuato un gradiente di offensività nell’art. 73 cod. antimafia, la Corte costituzionale non può che ritenere infondata anche la questione sollevata rispetto all’art. 3 Cost: il maggiore disvalore di condotta e la maggiore intensità dell’offesa al bene protetto giustificano la pena per il prevenuto, invece che la mera sanzione amministrativa[9].
In ultimo, il divieto rinvenire l’offensività al bene protetto nello status dell’autore del reato è stato posto a fondamento della recentissima sent. 2 luglio 2024, n. 116[10], con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 73 cod. antimafia nella parte in cui prevede la punizione del soggetto cui la patente era stata ritirata, prima dell’applicazione della misura di prevenzione, per violazioni del codice della strada.
3. La decisione della Consulta n. 211/2022 riveste particolare importanza nella sentenza in discussione, essendo stata invocata nel ricorso dell’imputato a sostegno della tesi secondo cui l’art. 73 cod. antimafia non può essere integrato nel caso di patente revocata per effetto una misura di prevenzione estinta prima della realizzazione del fatto.
Non interessa, in questa sede, evidenziare gli aspetti problematici della sentenza C. Cost n. 211/2022[11], ma verificare l’applicazione che ne viene fatta dai giudici di legittimità in un caso in cui la contestazione e la condanna riguardano un’ipotesi di patente revocata ai sensi del secondo comma dell’art. 120 cod. strada.
Secondo una precedente decisione della Cassazione penale (Cass. sez. I, 27/10/2022 (dep. 16/12/2022), n. 47713), il percorso evolutivo della giurisprudenza costituzionale sull’art. 73 cod. antimafia impone al giudice di valutare se la revoca della patente è una diretta conseguenza della misura di prevenzione e se il fatto contestato è stato realizzato nella vigenza della misura personale.
La sentenza in rassegna non rinnega formalmente il proprio precedente, rilevando che «anche a seguire questa giurisprudenza che interpreta la fattispecie incriminatrice in senso restrittivo»[12] è possibile dedurre la sussistenza della responsabilità dell’imputato, dato che lo stesso si trovava privo della patente per effetto di una misura di prevenzione e che la contravvenzione era stata commessa in vigenza di una (differente) misura di prevenzione.
La decisione in discussione adotta un approccio formalistico che sembra comportare un annacquamento del contenuto garantistico delle pronunce della Consulta che riguardano il combinato disposto dell’art. 120 comma 2 cod. strada e 73 cod. antimafia; la Suprema Corte, infatti, afferma che per l’applicazione dell’art. 73 cod. antimafia è sufficiente che la patente sia stata revocata per effetto di una misura di prevenzione e che il fatto sia commesso durante l’applicazione di una misura di prevenzione «e quindi nella vigenza di un giudizio di maggiore pericolosità dell’autore della condotta incriminata»[13].
Il punto fermo tracciato dalle decisioni legittimità ed illegittimità costituzionale dell’art. 73 cod. antimafia è rappresentato dalla necessità che la revoca della patente già conseguita sia agganciata al giudizio del prefetto di coerenza rispetto alla misura di prevenzione irrogata e che, a sua volta, rappresenta l’ubi consistam della pericolosità in concreto del prevenuto alla guida di un veicolo a motore, assente in qualsiasi altro conducente privo di titolo abilitativo[14]. In definitiva, secondo la Corte costituzionale, la valutazione prefettizia è un elemento indispensabile perché legittima, dal punto di vista dell’offensività al bene dell’ordine pubblico, l’impalcatura dell’art. 73 cod. antimafia.
Nel caso di specie, il giudizio del prefetto ha riguardato esclusivamente la prima misura preventiva, successivamente estinta, e non quella vigente al momento della consumazione del reato.
L’assenza di una valutazione di pericolosità concreta emessa in relazione alla misura di prevenzione sussistente al momento del fatto appare in contrasto con il portato delle decisioni della Consulta e, a ben vedere, pure con la menzionata sentenza n. 47713/2022 della Cassazione.
Infatti, per quanto riguarda gli insegnamenti offerti dal Giudice delle leggi, nell’ottica del principio di offensività si può affermare senza particolari timori di smentita che non è ammissibile una prorogatio del precedente giudizio di pericolosità concreta, relativo ad una misura che cessa di esistere prima del compimento del fatto contravvenzionale; la valutazione prefettizia emessa in occasione del ritiro della patente non può coprire le circostanze inevitabilmente differenti innescate dall’applicazione della nuova misura di prevenzione personale.
Ne discende che, rispetto alla misura di prevenzione in vigore al momento del fatto, manca un giudizio di pericolosità concreta e, conseguentemente, un qualsiasi addentellato dell’offensività della condotta concretamente tenuta rispetto all’ordine pubblico.
Inoltre, nella precedente decisione della medesima prima sezione (n. 47713/2022), la Cassazione aveva richiesto, per l’integrazione del reato di cui all’art. 73 cod. antimafia, che l’assenza del titolo abilitativo, per revoca o per rigetto della richiesta di rilascio, fosse una diretta conseguenza della misura di prevenzione personale applicata[15]. Nel caso affrontato dalla sentenza in esame, simile eventualità non si è verificata e l’assenza del titolo abilitativo era una conseguenza al massimo indiretta dell’applicazione della misura di prevenzione: esauritasi la prima misura, l’imputato era nelle condizioni di richiedere una nuova patente[16], tuttavia egli rimaneva inerte e privo di patente; l’assenza del titolo abilitativo non derivava, direttamente, dall’esistenza di una nuova misura di prevenzione che avrebbe comportato il rigetto della richiesta di una nuova patente o la successiva revoca della nuova patente ottenuta, bensì dalla condotta omissiva del diretto interessato.
In definitiva, in relazione all’ipotesi di revoca di cui all’art. 120 comma 2 cod. strada l’impostazione della sentenza in esame sembra proprio agganciare la punizione del conducente sprovvisto di patente alla mera pericolosità astratta, riconducibile all’irrogazione di una misura di prevenzione personale; in tal modo, la Cassazione finisce col promuovere la concezione dell’art. 73 cod. antimafia come ipotesi di responsabilità da status.
4. La conclusione cui si giunge, tuttavia, risulterebbe opinabile se la vicenda oggetto della sentenza in esame fosse stata inquadrata dai giudici di merito nell’ambito del combinato disposto degli artt. 73 cod. antimafia e 120 comma 1 cod. strada (divieto di ottenimento di patente) invece che nel comma 2 (revoca di patente esistente, come avvenuto nel caso di specie).
Si potrebbe ipotizzare, infatti, che il soggetto cui è stata revocata la patente per effetto di una misura di prevenzione personale si trovi – una volta maturati i requisiti per ottenerne una nuova[17] – nell’identica posizione di colui che deve ancora conseguire la patente.
Ponendosi in quest’ottica, la punizione del soggetto sfornito di patente – in quanto mai richiesta dopo la revoca dovuta all’applicazione misura di prevenzione personale non più attuale – sarebbe del tutto priva degli aspetti problematici sopra evidenziati circa la concreta pericolosità rispetto all’ordine pubblico del prevenuto con patente ritirata; infatti, la Corte costituzionale, con la sentenza 14 luglio 2021 n. 152 ha espressamente salvato l’automatismo del divieto di conseguimento del comma primo dell’art. 120 cod. strada, ritenendolo conforme agli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost.
Il differente approccio della Consulta al caso della patente non conseguita rispetto a quello, appena visto, di patente revocata solleva alcuni dubbi.
Infatti, appare sfuggente la ratio che consente di differenziare la posizione del soggetto che non ha mai conseguito la patente, per il quale valgono gli automatismi del divieto di ottenimento e, quindi, dell’applicazione dell’art. 73 cod. antimafia, dalla situazione di colui che aveva già ottenuto la patente, al quale non si può applicare la revoca in via automatica e, di conseguenza, il citato art. 73.
La giustificazione offerta dalla menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 152/2021 – che, sul punto, ritiene mutuabili le considerazioni che avevano già portato la Consulta ad escludere l’illegittimità dell’art. 120 comma 1 cod. strada in relazione al diverso caso del divieto di conseguimento posto a carico di soggetti condannati per reati in materia di stupefacenti – si fonda su tre argomenti[18]:
Non sembra, tuttavia, che l’argomentazione sub b), espressa in relazione alla preclusione nascente dalla commissione dei reati di cui agli artt. 73 e 74 d.p.r. n. 309/1990, sia valida anche per il divieto di conseguimento derivante dall’applicazione di una misura di prevenzione personale.
Nel caso delle misure di prevenzione non sussiste una contraddizione fra facoltà di revoca del giudice penale e dovere di revoca dell’autorità amministrativa, non essendo rintracciabile nel sistema del codice antimafia una norma analoga all’art. 85 d.p.r. n. 309/1990; ciò non ostante, la Consulta ha comunque dichiarato illegittimo l’automatismo della revoca con la già menzionata decisione n. 99/2020. Di conseguenza, se l’assenza di contraddizione è stata irrilevante per la dichiarazione di incostituzionalità dell’automatismo della revoca, allo stesso modo dovrebbe esserlo nel caso del diniego di ottenimento.
L’argomentazione sopra individuata sub c), invece, riguarda la correttezza dell’automatismo del primo comma dell’art. 120 cod. strada in relazione alle diverse categorie di prevenuti, riflesse nei diversi requisiti temporali della riabilitazione ex art. 70 cod. antimafia[20]. Tuttavia, il fatto che a diverso grado di pericolosità corrisponda un diverso lasso di tempo per la riabilitazione non appare un elemento idoneo a giustificare la diversità di trattamento fra i prevenuti già patentati e prevenuti che non hanno ancora conseguito il titolo abilitativo; in altri termini appare difficilmente giustificabile il fatto che un prevenuto la cui riabilitazione richiede tre anni[21] non può automaticamente conseguire la prima patente fino al provvedimento di cui all’art. 70 cod. antimafia, mentre un prevenuto già munito di patente potrebbe non vedersi mai revocato il titolo abilitativo a seguito della concreta valutazione prefettizia anche se, per ipotesi, la sua riabilitazione dovesse richiedere cinque anni.
Rimane l’argomentazione sub a): l’assenza di aspettative consolidate sul poter condurre veicoli a motore consentirebbe l’applicazione dell’automatismo a chi non ha ancora conseguito la patente.
Sorge inevitabilmente un dubbio sulla correttezza della differenziazione delle due situazioni – automatismo e conseguente responsabilità penale per il prevenuto che non ha mai conseguito la patente vs. valutazione in concreto per il prevenuto con patente revocata – fondata esclusivamente sull’aspettativa di poter continuare a guidare da parte di coloro che non sono sprovvisti di patente.
Infatti, la tutela dell’affidamento del patentato nel potersi avvalere del titolo abilitativo finisce col coincidere con la salvaguardia dell’aspettativa a non sottostare ad un effetto accessorio della misura di prevenzione[22]; a questo proposito, la Corte non spiega perché rimane privo di tutela l’analogo affidamento del soggetto che non ha ancora conseguito la patente il quale, invece, sottostà al medesimo effetto preclusivo derivante dalla misura preventiva personale (i.e. divieto di condurre legittimamente veicoli a motore).
In definitiva, sorge un legittimo sospetto sul fatto che vi sia «un’irragionevole diseguaglianza, marcata ancora più dalle sentenze della Corte costituzionale, tra le fattispecie di cui al comma primo e quella di cui al comma secondo»[23] dell’art. 120 cod. strada.
Ciò non ostante, anche nell’ultima decisione rinvenibile sull’art. 73 cod. antimafia vi è un obiter dictum in cui la Consulta appare legittimare l’automatismo fra misura di prevenzione ed impossibilità di conseguire il titolo abilitativo: «Può, pertanto, ribadirsi che non è riconducibile a una responsabilità “per il modo di essere dell’autore” l’incriminazione, prevista dall’art. 73 cod. antimafia, della condotta di guida in mancanza del titolo abilitativo, allorquando il prevenuto non abbia la patente per non averla mai richiesta o, pur avendola richiesta, gli sia stata negata, oppure gli sia stata revocata in ragione della applicazione della misura di prevenzione. Si tratta di ipotesi in cui la mancanza del titolo abilitativo è conseguenza – in via generale e automatica (art. 120, comma 1, cod. strada) oppure per effetto della valutazione prefettizia del caso concreto (art. 120, comma 2, cod. strada) – della applicazione di misure di prevenzione, cui il legislatore, per finalità di tutela dell’ordine pubblico, riconnette limitazioni al conseguimento della patente di guida»[24].
In conclusione, la responsabilità penale del prevenuto che guida in assenza di patente ha trovato una sistemazione compatibile con il principio di offensività nel caso, probabilmente molto più rilevante dal punto di vista statistico, di reato commesso nella vigenza della misura di prevenzione la cui applicazione ha determinato la revoca della patente; sembra, invece, che siano ancora prive di soluzioni coerenti con il medesimo principio le ipotesi ‘minori’, quale quella affrontata dalla sentenza in analisi o, più in generale, le fattispecie derivanti dalla preclusione all’ottenimento della patente sancita dall’art. 120 comma 1 cod. strada.
[1] Su questa norma incriminatrice v., ad es., A. Chelo, Art. 73, in G. Spangher-A. Marandola, Commentario breve al Codice antimafia e alle altre procedure di prevenzione, Padova, 2019, 358 ss.
[2] Nell’ambito della disciplina degli stupefacenti l’effetto de-abilitante è attualmente riconosciuto anche in caso consumo personale ex art. 75 comma 1 lett. a) d.p.r. n. 309/1990.
[3] Oltre che ai delinquenti professionali, abituali e per tendenza.
[4] Su questa sentenza v. N. D’Anza, La Corte costituzionale torna ad occuparsi della guida senza patente da parte di persona già sottoposta a misura di prevenzione personale, nella ricerca di un delicato equilibrio tra garanzia del principio di offensività e rispetto della discrezionalità del legislatore, Riv. it. dir. proc. pen., 2022, 1709 ss.; M. Donini, Misure di prevenzione e guida senza patente: apparente offensività oggettiva del reato e diritto penale d’autore nella sentenza C. cost., 211 del 2022, in Giur. cost., 2022, 3011 ss.; A. Provenzano, Il prevenuto alla guida senza patente. Principio di offensività e diritto penale d’autore in una recente pronuncia della Corte costituzionale, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 1 e M. Cogo, Guida in difetto di patente, misure di prevenzione e diritto penale d’autore. Brevi riflessioni a margine della sentenza n. 211/2022 della Corte costituzionale, in questa Rivista, 2 agosto 2023.
[5] C. Cost, sent. n. 211/2022, punti 7.3 e 7.4 del Considerato in diritto.
[6] In particolare, la Consulta richiama le proprie precedenti ord. 30 marzo 1971 n. 66 e sent. 14 marzo 1984 n. 66.
[7] C. Cost, sent. n. 211/2022, punto 7.5 del Considerato in diritto.
[8] C. Cost, sent. n. 211/2022, punto 7.6 del Considerato in diritto.
[9] C. Cost, sent. n. 211/2022, punto 8 del Considerato in diritto.
[10] In relazione alla quale v. il Comunicato, pubblicato in questa Rivista il 3 luglio 2024.
[11] In particolare, pare particolarmente calzante una delle critiche mosse da M. Donini, Misure di prevenzione e guida senza patente, cit., 3016 ss. secondo cui l’ampliarsi del catalogo delle ipotesi applicative delle misure di prevenzione a situazioni scarsamente qualificate dal punto di vista della pericolosità sociale e della riferibilità al contesto del crimine organizzato (ad es. maltrattamenti in famiglia, contraffazione di marchi e brevetti) rende molto opinabile il fatto che la guida da parte di soggetti cui è stata applicata una misura di prevenzione personale sia astrattamente lesiva per il bene dell’ordine pubblico; venendo meno un giudizio di astratta pericolosità, il recupero di offensività tramite una valutazione in concreto su basi personali suggerisce che questa contravvenzione sia un buon esempio di diritto penale d’autore.
[12] P. 3 della sentenza in commento; l’espressione usata dalla sentenza in esame pare suggerire, però, una perplessità rispetto all’interpretazione dell’art. 73 cod. antimafia precedentemente data dalla medesima sezione della Suprema Corte.
[13] P. 3-4 della sentenza in commento.
[14] C. Cost, sent. n. 211/2022, punto 7.5 del Considerato in diritto.
[15] Cass. pen. sent. 47713/2022, p. 6.
[16] Decorsi tre anni dall’irrogazione della misura ai sensi dell’art. 120 comma 3 cod. strada o, prima, per effetto della riabilitazione ai sensi dell’art. 70 cod. antimafia (v. Consiglio di Stato, Sez. V, sent. 5 giugno 2023 n. 5507).
[17] V. la nota precedente.
[18] C. Cost., sent. n. 152/2021, cit., punto 5.3. del Considerato in diritto. Le decisioni richiamate in questa sede sono C. cost., sent. 9 aprile 2019 n. 80 e ord. 24 aprile 2020, n. 81.
[19] La sentenza C. Cost. n. 22/2018, cit., individua come «ulteriore profilo di irragionevolezza» della revoca automatica della patente in caso di condanna per reati in materia di stupefacenti l’argomentazione esposta nel corpo del testo (mentre il primo profilo di irragionevolezza – quantomeno in ordine topografico – è quello riportato supra par. 2). La presenza di una diversa e di per sé valida causa di irragionevolezza consente di dubitare del fatto che l’argomento in discussione abbia avuto decisivo rilievo nel ragionamento della sentenza n. 22/2018.
[20] Sui requisiti della riabilitazione dalle misure di prevenzione personali v. F. Menditto, Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, Milano, 2019, I, 431 ss.
[21] Dopo la cessazione della misura
[22] In questo senso v. E. Platania, L’art. 120 del Codice della Strada e i condannati per i reati connessi al traffico di sostanze stupefacenti “… Ciechi che, pur vedendo, non vedono”, in Dirittifondamentali.it, 2023, 2, 576 ss.
[23] Id., op. cit., 577 il quale pone in evidenza come il diverso trattamento rischia di discriminare in base all’età dell’interessato, dato che il divieto di ottenimento riguarderà – verosimilmente – soggetti che hanno da poco superato i diciotto anni richiesti per la patente.
[24] C. Cost., sent. n. 116/2024, cit., punto 6 del Considerato in diritto (grassetto aggiunto).