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20 Novembre 2024


Ancora in tema di sequestro di valore e patrimoni sanzionabili: osservazioni a margine della decisione delle Sezioni unite (informazione provvisoria)

Cass. Sez. un., u.p. 26 settembre 2024, Pres. Cassano, Est. Silvestri (informazione provvisoria)



1. La lettura dell’informazione provvisoria n. 12/2024 delle Sezioni unite penali lascia intendere, sin da ora, come le SS.UU. abbiano compiuto un ulteriore e rilevante passo verso la “personalizzazione” dei patrimoni degli imputati (ed ancor prima, degli indagati).

A passo spedito, le confische assumono la conformazione di “sanzione del patrimonio”.

Esse, per via ermeneutica, muovono verso una uniformazione nella direzione della dimensione dogmatica della sanzione avverso il patrimonio “colpevole”, abbandonando conseguentemente le vesti della misura di sicurezza patrimoniale.

Sintonicamente, il sequestro disciplinato dall’art. 321 c. 2 cpp assume le fattezze di misura cautelare tout court avverso il patrimonio illecito di cui si possa temere la fuga dal processo e dalla confisca.

 

2. Il percorso ermeneutico trova, a quanto pare, il proprio incipit nelle SS. UU. “Ellade”[1].

Il sequestro dei beni confiscabili è stato a lungo, e fino al recente passato, interpretato quale mezzo funzionale alla futura acquisizione del bene, al di fuori di una cautela tipicamente penale[2].

Si è, in particolare, sistematicamente escluso che – nell’ipotesi di cui all’art. 321 c. 2 c.p.p. – fosse richiesta una valutazione (ed una motivazione) concernente la sussistenza del periculum in mora, ritenendosi tale valutazione del tutto ultronea a fronte di beni di cui il legislatore stesso aveva sancito la confiscabilità, intesa quale sorta di presunzione iuris et de iure di pericolosità[3].

Tutt’al più, in alcuni arresti, si è opinato che – nelle ipotesi di confisca facoltativa – fosse onere del giudice dare corso ad una motivazione rafforzata, connotata da una sorta di prognosi di confisca, ovvero da un apparato motivazionale in grado di esplicitare le ragioni per le quali la discrezionalità riconosciuta dalla legge al giudice della cognizione avrebbe dovuto – nel caso concreto – materializzarsi, infine, in un provvedimento in malam partem[4].

 

La pronuncia resa dalle Sezioni Unite “Ellade” mette tuttavia in discussione, in radice, la stessa natura dell’istituto del sequestro preventivo nelle sue multiformi manifestazioni, proponendo una – invero, embrionale – rilettura dell’istituto della confisca[5].

 

Nello specifico:

  • in ordine al sequestro di cui all’art. 321 c. 2 c.p.p. – l’unico sequestro di cui la pronuncia “Ellade” si occupa – si esclude in premessa che il giudice debba motivare in relazione al “pericolo di reiterazione” intrinsecamente connotante il bene da acquisire; si ribadisce, quindi, la reciproca autonomia caratterizzante il rapporto tra sequestro impeditivo e sequestro a fini di confisca;
  • la predetta autonomia determina la sussistenza di oneri motivazionali distinti da porre alla base dei provvedimenti cautelari, e non la “vaporizzazione” di qualsivoglia aspetto motivazionale concernente il periculum nell’ipotesi di sequestro preordinato alla confisca;
  • in particolare, la mera confiscabilità non può legittimare ipso iure il sequestro, poiché ciò finirebbe con l’annullare “ogni divaricazione tra il piano cautelare ed il piano del giudizio”, dando sede alla elusione del rispetto dei criteri di proporzionalità richiamati anche dalla giurisprudenza sovranazionale (come chiarito successivamente da un’ulteriore pronuncia, il test di proporzionalità assume una valenza "di sistema", valenza riconosciuta anche dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che, infatti, sottopone a detto scrutinio anche i provvedimenti applicativi di un sequestro, non solo quando lo stesso riveste natura di misura cautelare[6]);
  • a nulla vale, in senso contrario, invocare la (presunta) pericolosità intrinsecamente connotante il bene confiscabile: infatti, la confisca ha assunto oramai natura proteiforme, e l’istituto – abbandonata la sua originaria veste – si traduce, oggi, nello strumento con cui un patrimonio viene qualificato come “sanzionabile” secondo la scelta discrezionale del legislatore;
  • il contenuto motivazionale del provvedimento di sequestro, pertanto, si concretizza nella esigenza di spiegare “per quali ragioni si ritenga di anticipare gli effetti della confisca … dando cioè atto degli elementi indicativi del fatto che la definizione del giudizio non possa essere attesa, posto che, diversamente, la confisca rischierebbe di divenire, successivamente, impraticabile”; il provvedimento dovrà soffermarsi “sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato”, e pertanto, in buona sostanza, sulla eventuale sussistenza di una esigenza anticipatoria della ablazione[7];
  • tale principio non patisce eccezioni: non rileva pertanto, sotto tale aspetto, la distinzione tra confisca obbligatoria e facoltativa;
  • solo con riferimento ai beni contemplati dall’art. 240 c. 2 nr. 2) c.p. (ossia, alle cose la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato), risulterà sufficiente – per converso – dare conto, ai fini del sequestro, della confiscabilità del bene, atteso che in relazione a tale categoria di beni, connotati da “intrinseca pericolosità”, difetta “per legge … il presupposto della confisca rappresentato dalla sentenza di condanna o di applicazione della pena” e pertanto “l’esigenza anticipatoria verrà a ridursi alla sola attestazione della ricomprensione dell’oggetto tra quelli, appunto, di natura ‘illecita’”.

 

Si abbandona, pertanto, la dicotomia tra pericolosità da dimostrarsi e pericolosità presunta.

Si introduce, per converso, una più marcata distinzione incentrata sull’esigenza cautelare sottesa alle due disposizioni della medesima norma: da un lato (comma I), si vuole impedire che un bene pericoloso spieghi ulteriori effetti; dall’altro (comma 2), si vuole impedire che un bene confiscabile sfugga alla eventuale acquisizione (che solo il giudice, all’esito del processo, potrà disporre).

Pertanto, il sequestro di cui all’art. 321 c. 2 cpp è connotato da una funzione servente rispetto alla – eventuale – confisca, della quale si vuole salvaguardare e preservare l’efficacia, anticipando il vincolo di indisponibilità sul bene ad una fase antecedente alla condanna[8] in ragione della pericolosità presunta che caratterizza il bene confiscabile.

Tale distinzione generale pare, all’evidenza, riecheggiare quella – concernente le misure cautelari personali e le correlate esigenze cautelari – tra il pericolo di reiterazione criminosa (che informa il primo comma dell’art. 321 c.p.p.) ed il pericolo di fuga.

Se pertanto la confisca è una sanzione, essa può applicarsi solo nei confronti del patrimonio “punibile”, ossia di quello che ha trovato nel reato una occasione di arricchimento.

 

3. Le recentissime SS.UU. di cui all’informazione provvisoria in argomento assumono a ben vedere, per quanto allo stato prospettabile, la medesima ottica sin qui riassunta.

Si risponde d’altronde, così come in occasione della Sentenza “Ellade”, all’esigenza di informare l’interpretazione dell’istituto al principio di proporzionalità[9] (ovvero del minimo sacrificio necessario), il cui statuto – anche per la diretta influenza delle fonti normative comunitarie – è oramai quello proprio di una sorta di meta-principio informatore dell’intero diritto pubblico[10].

Tale principio si radica sulla constatazione per cui ogni condotta umana è in grado di produrre, sul piano fenomenico, una serie infinita di conseguenze[11]. Nel novero di tali conseguenze, è pertanto indispensabile individuare dei criteri di selezione per definire ciò che possa costituire oggetto di ablazione.

Tra i predetti criteri, il principio di proporzionalità assume valenza centrale (quando non, oramai, esclusiva)[12]. Esso deve intendersi quale divieto di sancire la legalità di un intervento sanzionatorio (rectius, punitivo) atto a incidere su un bene della vita con modalità – per sovrabbondanza – del tutto incongrue rispetto alla natura della violazione penale sottostante.

Con ottime ragioni, pertanto, può affermarsi la conferenza del principio di proporzionalità in ordine a qualsiasi tipo di ablazione reale, anche a quella “per equivalente”.

La proporzionalità e l’adeguatezza dell’ablazione si traducono in un indispensabile giudizio di stima del valore dei beni posti in sequestro[13].

La affermazione del principio di proporzionalità determina, in parte qua, l’inevitabile accantonamento del – più volte richiamato, in giurisprudenza – principio solidaristico informante la disciplina del concorso di persone nel reato, quantomeno nella parte in cui esso si riverbera (o si riverbererebbe) sul trattamento sanzionatorio divenendo principio di solidarietà nella pena[14].

 

4. Come evidenziato nell’ordinanza di rimessione delle Sesta sezione della Corte di Cassazione del 5 marzo 2024 [15], la questione relativa alle modalità di prelievo delle somme da sottoporre a confisca per equivalente nelle ipotesi di pluralità di concorrenti nel reato era già stata affrontata dalle Sezioni Unite, nella sentenza n. 26654/2008, “Fisia Italimpianti”. In tale pronuncia, le Sezioni Unite sanciscono che la confisca di valore, avente natura ripristinatoria afflittiva, ricollegandosi alla corresponsabilità di tutti i concorrenti nella commissione dell’illecito, può riguardare ciascun concorrente, anche per l’intero ammontare; ciò, in quanto, il principio solidaristico sotteso al concorso nel reato comporta l’attribuzione dell’intera azione delittuosa a tutti i concorrenti. Con riferimento, poi, al sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, la pronuncia prosegue statuendo che, “ove la natura della fattispecie concreta e dei rapporti economici ad essa sottostanti non consenta di individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, il sequestro preventivo deve essere disposto per l’intero importo del profitto nei confronti di ciascuno, logicamente senza alcuna duplicazione e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti”.

Orbene, l’ordinanza di rimessione evidenzia che sarebbe stato quest’ultimo enunciato a creare la discrasia ermeneutica nei successivi arresti della Suprema Corte: un primo orientamento avrebbe valorizzato la prima parte, concernente l’ individuazione pro quota del profitto illecito, per giungere al precipitato della sua necessità, un secondo orientamento, invece, ne avrebbe valorizzato la seconda parte, traendo l’assunto generale della possibilità di effettuare il prelievo, anche integrale, del profitto illecito a ciascuno dei compartecipi, con il solo limite delle duplicazioni e del superamento del quantum complessivo.

5. Segnatamente, successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite “Fisia Italimipianti”, muovendo dall’assunto secondo cui il prelievo può essere realizzato indifferentemente a ciascuno dei partecipi al reato solo quando è possibile individuare la quota di profitto concretamente attribuibile a ciascun concorrente o la sua esatta quantificazione, alcune pronunce – rimaste, invero, minoritarie – hanno statuito che l’ablazione per equivalente possa avvenire integralmente nei confronti del singolo compartecipe solo in via residuale, quando, cioè, “la natura della fattispecie concreta o dei rapporti economici ad essa sottostanti lo consentano”[16].

Accanto a tale indirizzo giurisprudenziale se n’è poi formato un ulteriore, con pronunce in cui si statuisce che debba procedersi alla ripartizione pro quota del profitto da confiscare anche quando non sia possibile operare la suddivisione tra i compartecipi del profitto singolarmente realizzato, con divergenze, tuttavia, sui criteri da applicare. Invero, in talune pronunce si statuisce che, per la ripartizione del quantum da confiscare occorre procedere ad una suddivisione tra i concorrenti nel reato in parti uguali, secondo i canoni dettati, in ambito civilistico, dagli artt. 1298 e 2055 c.c.[17]; in altre pronunce, invece, si sancisce che ai fini della suddivisione tra i concorrenti occorre avere riguardo al “grado di responsabilità” o al “grado di partecipazione al profitto” del singolo, applicando il criterio della suddivisione in parti uguali solo in via residuale[18] (criterio che sembra poi stato adottato dalla Sezioni Unite in commento).

Secondo altro orientamento, invece, che può definirsi maggioritario[19], il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente[20] e la confisca per equivalente[21] possono interessare ciascuno dei concorrenti nel reato, anche per l’intero ammontare e ciò a prescindere dall’an e dal quantum ottenuto dal singolo concorrente, con il solo limite della duplicazione di espropriazioni o di superamento dell’ammontare complessivo. In tali pronunce, in applicazione della teoria monistica, che ispira il concorso di persone nel reato e per la quale ciascun concorrente risponde del reato nella sua unitarietà, si legge che la confisca per equivalente si impone a tutti i compartecipi nel reato, avendo tutti prodotto profitto illecito ed essendo dunque tutti parimenti da assoggettare alla misura ripristinatoria. In altri termini, poiché tutti i concorrenti nel reato realizzano profitto illecito, la confisca per equivalente, che ha carattere sanzionatorio e mira a ripristinare la situazione economica trasformata per effetto della commissione del reato, può riguardare ciascuno dei concorrenti nel reato. Poiché, in tale prospettiva, il prelievo da parte dello Stato è parametrato sulla produzione del profitto illecito e non alla sua effettiva disponibilità, ciò comporterebbe anche il rispetto del principio di proporzionalità di cui all'art. 1, prot.1, CEDU, posto a presidio del diritto di proprietà, persino nelle ipotesi in cui questa ricada su concorrenti che abbiano ricavato minore utilità dal reato o non ne abbiano ricavato alcuna[22].

6. Nell’ordinanza di rimessione sopra citata si legge che le divergenze interpretative sul principio che sottende le modalità di prelievo delle somme per il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e per la confisca per equivalente hanno generato un “contrasto ampio ed annoso, su un tema complesso e su un istituto dalle ricadute incisive su diritti del cittadino”. Viene dunque, rimessa la seguente questione di diritto alle Sezioni Unite: “se, in caso di pluralità di concorrenti nel reato, la confisca per equivalente del relativo profitto possa essere disposta per l’intero nei confronti di ciascuno di essi, indipendentemente da quanto da ognuno eventualmente percepito, oppure se ciò possa disporsi soltanto quando non sia possibile stabilire con certezza la porzione di profitto incamerata da ognuno; od ancora se, in quest’ultimo caso, la confisca debba comunque essere ripartita tra i concorrenti, in base al grado di responsabilità di ognuno oppure in parti eguali, secondo la disciplina civilistica delle obbligazioni solidali”.

 

Va sottolineato conclusivamente, in attesa della lettura delle motivazioni della sentenza, un dato che appare sin da ora centrale.

Il principio di diritto reso noto dalla Suprema Corte non sembra suscettibile di essere posto in correlazione con l’istituto del sequestro cd. per equivalente. E – ancor più chiaramente – non è del sequestro per equivalente che la pronuncia pare principalmente occuparsi. In ciò, peraltro, assumendo ancora una volta un’ottica pienamente sintonica rispetto alle SS.UU. “Ellade”, che espressamente e doverosamente – come chiarito nell’esordio della motivazione – limitano la propria analisi al devoluto, escludendo pertanto dall’oggetto dell’approccio ermeneutico il sequestro di valore.

Va infatti rammentato che, dopo un lungo e complesso percorso ermeneutico[23], si è affermata la pacifica configurabilità delle ablazioni inferenti sui patrimoni correlabili al reato quali sequestri diretti.

Cosicchè, il sequestro di somme di danaro nei confronti di taluno dei coindagati - e per un ammontare correlabile all’illecito arricchimento di costui - configura senz’altro un sequestro diretto. A ben vedere, sul punto, la portata della pronuncia si prospetta priva di elementi realmente innovativi.

Il tema piuttosto è il seguente: può essere disposto il sequestro di somme di danaro nei confronti di un “patrimonio incolpevole”? Ossia, di un patrimonio che non abbia beneficiato della creazione del profitto illecito, essendo quest’ultimo confluito esclusivamente sul conto di un altro coindagato?

A dirla in altro modo: il patrimonio che non abbia goduto di alcun accrescimento a seguito della commissione del reato patisce le conseguenze della illiceità della condotta del suo titolare?

 

La risposta delle Sezioni unite – che, alla luce di quanto sin qui sintetizzato, non sorprende – è negativa.

Non si rinviene, allo stato, quanto paventato da alcuni commenti di primo approccio in ordine ad un potenziale revirement sulla natura del sequestro e della confisca delle somme di danaro. Piuttosto, si esclude che il sequestro per equivalente possa estendersi a patrimoni diversi da quelli referenti di illecito arricchimento.

Tale principio non può, pertanto, considerarsi espressione di una limitazione ex novo dei confini del sequestro di valore.

Quest’ultimo continua a connotarsi per un margine di applicabilità esteso, nei limiti del quantum del profitto illecito, a tutti i beni (ulteriori) dell’autore del reato originariamente arricchitosi grazie alla commissione del reato.

Per converso, a dirla in altro modo, non è concepibile un sequestro per equivalente che si estenda sino al patrimonio di soggetti i quali non abbiano goduto – benché concorrenti nel reato – di alcun illecito arricchimento.

Si intravede, conclusivamente, l’affermazione di una distinzione dogmatica tra misura sanzionatoria, misura ripristinatoria e misura punitiva.

La confisca diretta – quale vera e propria “pena del patrimonio” – diviene ed è misura sanzionatoria, così determinando la traslazione del sequestro verso la dimensione della misura cautelare “personale” fondata sul pericolo di fuga del patrimonio illecito dal processo.

La natura ripristinatoria (a ben vedere, essa stessa sanzionatoria) è propria del sequestro e della confisca di valore, e trova legittimazione e fondamento nell’esigenza di garantire che i patrimoni (non di rado, pubblici) illecitamente vulnerati vengano nuovamente ricostituiti. La confisca per equivalente, in altri termini, colpendo beni anche di origine lecita, assume un contenuto ripristinatorio orientato nongià verso un “patrimonio pericoloso” o - men che meno - verso un presunto “patrimonio punibile” (che oramai è andato disperso), bensì verso la persona fisica del reo che ha conseguito i beni derivanti da reato per poi occultarli o distrarli[24].  La confisca per equivalente, pertanto, pur assumendo una inevitabile portata afflittiva (o, se si preferisce, sanzionatoria[25]), non ha natura punitiva.

La terza tipologia di misura – quella punitiva – viene infatti esclusa una volta di più dal novero delle ipotesi compatibili con il nostro ordinamento, proprio perché destinata a valicare i limiti del quantum illecito conseguito. Punitivo sarebbe un sequestro operante oltre l’ammontare del profitto illecito. Ma punitivo sarebbe anche un sequestro operante su di un patrimonio non arricchitosi in conseguenza dell’illecito stesso.

Solo a fronte della formazione certa di un patrimonio illecito e di una ripartizione incerta degli utili tra i coindagati/correi, potrà accedersi ad un principio presuntivo (quello della ripartizione dell’arricchimento in parti eguali) che – esso pure – esclude una eventuale responsabilità per l’intero di tutti i concorrenti, potenzialmente foriera, ancora una volta, di una “pena” per il singolo patrimonio (o, se si preferisce, per il patrimonio del singolo).

 

 

 

[1] Cass. Pen., sez. U, 24 giugno 2021 – dep. 11 ottobre 2021 – n. 36959, Rv. 281848; “Ellade”

[2] L. GRILLI, Le indagini preliminari della polizia giudiziaria e del pubblico ministero, Padova, 2012, p. 580.

[3] Ex multis: Cass. Pen., Sez. VI, 25 settembre 1992 – dep. 3 novembre 1992 – n. 3343, Rv. 192862 – 01; Cass. Pen., Sez. VI, 21 ottobre 1994 – dep. 25 gennaio 1995 – n. 4114, Rv. 200854 – 01; Cass. Pen., Sez. U., 25 marzo 1993 – dep. 23.4.1993 – n. 4, Rv. 193115; Cass. Pen., Sez. U., 23 febbraio 2000 – dep. 4 maggio 2000 – n. 7, Rv. 215840 – 1; Cass. Pen., Sez. U., 31 marzo 2016 – dep 6 maggio 2016 - n. 18954, Rv. 266790 – 01; Cass. Pen., Sez. V, 26 maggio 2017 – dep. 6 luglio 2017 – n. 33027, Rv. 270337 – 01; Cass. Pen., Sez. II, 24 ottobre 2019 – dep. 16 dicembre 2019 – n. 50744, Rv. 277719 – 01; Cass. Pen. Sez. VI, 23 febbraio 2022 – dep. 4 aprile 2022 – n. 12513, Rv. 283054 – 01

[4] Cass. Pen., Sez. VI, 17 marzo 1995 – dep. 7 giugno 1995 – n. 1022, Rv. 201943 – 01; Cass. Pen., Sez. V, 10 novembre 2017 – dep. 19 gennaio 2018 – n. 2308, Rv. 271999 – 01

[5] Ci si permette un richiamo ad A. CARCHIETTI, Sequestro preventivo di somme di danaro e periculum in mora: tra ossequio ai principi, salvaguardia dell’istituto e definizione degli oneri dimostrativi, in questa Rivista, 10 maggio 2023, fasc. 5/2023, pp. 125 e ss.

[6] Cass. Pen., Sez. IV, 23 novembre 2022 – dep. 20 dicembre 2022 – n. 48264

[7] A. PANETTA, Sequestro preventivo: è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale, in Diritto & Giustizia, 173/2022, pag. 8

[9] Principio analizzato, a partire dalla giurisprudenza della Corte EDU, da F. D’ARCANGELO, La ragionevole durata del sequestro penale, in Cassazione Penale, 9/2022, p. 3235

[10] M. ARBOTTI, Proporzionalità e logiche intrinseche della cautela: l’immanenza del periculum nel sequestro preventivo finalizzato alla confisca, in Cassazione Penale, 9/2022, p. 3305

[11] D. POTETTI, Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cassazione Penale, fasc. 5, 1995, p. 1413

[12] Sulla centralità del principio di proporzionalità si veda anche M. BIANCHI, Confisca e correità. Responsabilità in solido o per quote individuali?, in questa Rivista, 25 settembre 2024, fasc. 9/2024, p. 59 ss.

[13] E. FONTANA, Confisca per equivalente: tra presunzione del periculum in mora ed onere di stimare il reale valore dei beni ablati, nota a Cass. Pen., Sez. III, 30 ottobre 2013 – dep. 19 novembre 2013 – n. 46251, in Diritto e Giustizia, 2013, p. 1468.

[14] Il tema è analizzato da G. CIVELLO, Confisca per equivalente e concorso di persone: tra responsabilità individuale e “principio solidaristico”, in Archivio Penale, 2024, 1

[15] Cass., Sez. VI, 5 marzo 2024 (dep. 6 giugno 2024), n. 22935, Pres. G. Fidelbo, est. M. Rosati

[16] In questo senso: Cass. Sez. VI, 21 ottobre 2020, sent. N. 6607, Venuti, Rv. 281046; Cass., sez. VI, 10 giugno 2022, sent. N. 33757, Primitivo, Rv. 283828; Cass. Sez. III, 6 marzo 2024, sent. N. 11617, Ventrone, Rv. 286073.

[17] Cass., sez. I, 16 novembre 2016, sent. N. 4902, Giallongo, Rv. 269387.

[18] Cass. Sez. VI, 20 gennaio 2021, sent. N. 4727, Russo, Rv. 280596.

[19] Così espressamente definito in Cass. Sez. IV, 20 ottobre 2020 (dep. 16 dicembre 2020) sent. N. 36069, Pres. De Gregorio, est. E.M. Morosini

[20] Così Cass. Sez. II, 17 marzo 2023, sent. N. 22073 Fiordigigli Rv. 284740; Cass. Sez. I, 9 luglio 2021, sent. N. 38034 De Gennaro Rv. 282012; Cass. Sez. V 26 febbraio 2020 sent. N. 19091 Buonpensiere Rv. 279494; Cass. Sez. II 26 aprile 2018 sent. N. 29395 Paser, Rv. 272968; Cass. Sez. III 5 dicembre 2017 sent. N. 56451 Maiorana Rv. 273604; Cass. Sez. III, 14 novembre 2017, sent. N. 1999 Addonizio, Rv. 272714; Cass. Sez. V, 20 maggio 2015, sent. N. 25560, Gilardi, Rv. 265292; Cass. Sez. II, 27 novembre 2014, sent. N. 2488, Giacchetto, Rv. 261852).

[21] In questi termini: Cass. Sez. II 24 novembre 2020, sent. N. 9102 Mottola, Rv. 280886; Cass. Sez. V, 20 ottobre 2020, sent. N. 36069 Carbone, Rv. 280322; Cass. Sez. VI 10 aprile 018, sent. N. 26621 Ahmed, Rv. 273256; Cass., sez. III, 12 maggio 2015, sent. N. 27072, Bertelli, Rv. 264343; Cass., sez. F, 28 luglio 2009, sent. N. 33409, Alloum, Rv. 244839.

[22] Cass. Sez. V, 20 ottobre 2020, sent. N. 36069 Carbone, Rv. 280322.

[23] Illustrato con estrema chiarezza espositiva, per quanto rilevabile sino all’epoca di redazione dello scritto, da P. SILVESTRI, La confisca diretta del profitto, relazione svolta presso la sede di Scandicci della SSM in data 11.12.14, nell’ambito del corso di formazione per magistrati ordinari dal titolo La giustizia patrimoniale e i nuovi strumenti di contrasto della criminalità d’impresa (Scandicci, 10/12.12.2014); sul punto, ci si limita a richiamare Cass. Pen. Sez. U, 25 ottobre 2007 – dep. 6 marzo 2008 – n. 10280, Rv. 238700 – “Miragliotta”; Cass. Pen., Sez. U., 27 marzo 2008 n. 26654 – “Fisia Impianti”; Cass. Pen., Sez. U., 30 gennaio 2014 – dep. 5 marzo 2014 – n. 10561, Rv. 258648 – 01 – “Gubert”; Cass. Pen., Sez. U., 26 giugno 2015 – dep. 21 luglio 2015 – n. 31617, Rv. 264437 – “Lucci”.

[25] R. PELLICANO, I reati societari. Il profitto e la confisca nei reati societari, in Diritto penale dell’impresa, Vol. II, Milano 2017, p. 244 ss.