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25 Settembre 2023


Il rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis c.p.p. per la decisione in ordine alla competenza territoriale introdotto dalla riforma Cartabia: note minime sui primi orientamenti della Corte di cassazione

Cass. sez. I, 3 maggio 2023 (dep. 23 maggio 2023), n. 22326 Pres. Casa, rel. Aprile; Cass., sez. I, 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023), n. 20612, Pres. Siani, rel. Aprile



1. La Corte di cassazione ha avviato la sua opera ermeneutica al fine di tracciare il perimetro applicativo del nuovo art. 24 bis c.p.p. che – come è noto – disciplina l’istituto del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza territoriale del giudice[1]. Nella presente nota si analizzeranno in via principale (ma non solo) due sentenze della Suprema corte[2], ritenute di particolare interesse, sia perché risultano essere tra le prime pronunciate in subiecta materia, sia per la tipologia di decisione adottata.

Prima di passare all’analisi dei principi di diritto enucleati nei due arresti segnalati, giova ripercorrere brevemente le vicende processuali che hanno originato gli interventi regolatori della Corte di legittimità, oggetto di vaglio.

Nel caso esaminato dalla sentenza n. 22326/2023 le difese di alcuni imputati avevano eccepito, nel corso della udienza preliminare, l’incompetenza territoriale del giudice in base al rilievo che la più grave delle contestazioni formulate dal PM (relativa ad una imputazione di associazione a delinquere, finalizzata allo spaccio di stupefacenti ex art. 74 dpr 309/1990), astrattamente idonea a giustificare la competenza ratione loci del giudice procedente, fosse infondata nel merito, essendo al più configurabile il reato di associazione ex art. 416 c.p., commesso in altro luogo per il quale sarebbe stato competente un differente circondario di Tribunale. A loro volta, le difese di altri imputati contestavano la competenza per territorio dell’autorità giudiziaria procedente, sul presupposto che i reati imputati a questi ultimi non sarebbero stati in alcun modo collegati alla fattispecie associativa, risultando consumati in altri luoghi.

Dopo avere stralciato la posizione di un imputato per omesso avviso della udienza al difensore, il GIP si era dichiarato competente in ordine alla posizione di tutti gli altri prevenuti – pare di capire[3] – per l’intervenuta richiesta di rito abbreviato[4]. Nondimeno, ritenendo successivamente che la prospettata questione di incompetenza territoriale non fosse da ritenersi infondata in relazione alla posizione dell’imputato separato, il giudice aveva rimesso gli atti alla Corte di cassazione, illustrando specificamente le ragioni addotte dalle parti, perché decidesse in maniera definitiva sulla competenza territoriale rispetto al procedimento a carico di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 24 bis c.p.p.

Ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale, i giudici di legittimità hanno considerata fondata l’eccezione di incompetenza avanzata dalla difesa dell’imputato, identificando in altra Autorità giurisdizionale, rispetto a quella che stava procedendo, quella competente a conoscere il procedimento ratione loci, conseguentemente ordinando la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il giudice competente.

Diversamente, nella fattispecie scrutinata dalla sentenza n. 20612/2023, il Tribunale in sede distrettuale aveva rilevato la propria incompetenza territoriale a celebrare il dibattimento a norma dell’art. 51 c.p.p., disponendo la trasmissione degli atti al diverso giudice ritenuto competente a conoscere il procedimento per questa fase. Quest’ultimo, trovatosi a fronteggiare svariate questioni di competenza territoriale a favore di altri Tribunali, eccepite dalle difese dei diversi imputati, aveva ritenuto di investire la Corte di cassazione in via pregiudiziale ai sensi dell’art. 24 bis. I giudici di legittimità hanno, però, dichiarato inammissibile la questione, sia in quanto il giudice a quo non aveva compiuto alcuna delibazione preliminare sulla fondatezza delle istanze avanzate dalle parti, sia perché le prospettazioni di queste ultime erano comunque generiche e non contenevano l’espressa richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 24 bis c.p.p.[5], condicio sine qua non per attivare la disciplina prevista da tale norma, qualora il meccanismo incidentale sia innescato dalla richiesta di parte e non già ex officio dal giudice.

 

2. Al di là del differente background fattuale che fa da sfondo alle stesse, le pronunce in questione sono saldamente intrecciate tra loro quanto alla condivisione di alcuni interessanti principi di diritto sull’ambito applicativo dell’art. 24 bis c.p.p., replicati nell’ordito motivazionale di entrambe, nonché richiamati da altre sentenze della Suprema corte, nel frattempo intervenute[6].

Dopo aver premesso che la natura del rinvio pregiudiziale di cui all’art. 24 bis c.p.p. è quella di un “meccanismo risolutivo di tipo preventivo  che si aggiunge, agli ordinari strumenti di impugnazione, nel sistema della definizione della questione sulla competenza territoriale”, il cui scopo sarebbe quello di evitare che l’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dalla parte, pur respinta, resti come un “vizio occulto” del processo, potenzialmente in grado di caducare e, dunque, rendere inutile l’attività processuale svolta medio tempore, se riconosciuto nei gradi successivi, la Corte di cassazione ha osservato che il giudice procedente, a fronte della eccezione di incompetenza territoriale, ha le seguenti opzioni.

Anzitutto, nel caso in cui si ritenga incompetente, egli ha il dovere di pronunciare sentenza di incompetenza e trasmettere gli atti alla Procura presso il giudice ritenuto competente, salvo che questi sia proprio colui il quale aveva già trasmesso gli atti per competenza, nel qual caso deve sollevare conflitto ai sensi dell’art. 30 c.p.p. Se, al contrario, ritiene di essere competente, l’organo giurisdizionale deve procedere ma può, nel contempo, rimettere la questione all’esame della Corte di cassazione soltanto, però, qualora ritenga che la prospettazione del foro alternativo ratione loci prospettato dalla parte sia, quantunque non condivisa, fondata su “questioni di una certa serietà, al fine di evitare “potenziali usi strumentali dell’istituto”. In quest’ottica, lungi dal costituire un automatismo collegato alla semplice proposizione della questione di incompetenza, è necessario che la decisione di rinvio del giudice sia “affidata ad un canone di ragionevole presunzione di fondatezza della questione”, con la conseguenza che il giudice, “se sceglie di utilizzare il rinvio pregiudiziale, deve motivare e spiegare le ragioni di questa sua scelta e, quindi, prendere esplicita posizione sull’eccezione sollevata dalla parte[7].

Dunque, l’unico giudice che ha titolo ad utilizzare lo strumento dell’art. 24 bis c.p.p. è quello che, pur non ritenendosi incompetente, si rende conto che la diversa prospettazione operata dalle parti in punto di competenza territoriale non è manifestamente infondata, al punto che potrebbe successivamente originare una pronuncia attributiva di competenza territoriale ad un giudice diverso[8].

In questa prospettiva, la necessità che l’atto di rimessione (obbligatoriamente preceduto dalla apposita richiesta delle parti, salvo che intervenga ex officio) sia puntualmente motivato, a pena di nullità ex art. 125 c.p.p., risponde alla necessità pratica che il meccanismo dell’art. 24 bis non venga piegato a istanze generiche dilatorie, costringendo la Corte di cassazione a valutare al buio la questione di competenza[9].

 

3. I principi di diritto declinati nelle sentenze oggetto di commento sono, in linea di principio, condivisibili, quantunque, per un verso, non chiariscano del tutto alcuni profili nella disciplina dell’art. 24 bis, che pure appaiono rilevanti per una corretta applicazione dell’istituto e, per l’altro, risultino essere frutto di una analisi non del tutto immune da alcuni rilievi. Prima di passare all’esame degli stessi, appare opportuno soffermarsi brevemente su alcune premesse definitorie dell’istituto oggetto di vaglio.

Anzitutto, si deve convenire con i giudici di legittimità che la norma de qua è funzionale ad introdurre un istituto inedito, facoltativo e di natura preventiva, nell’ambito del micro-sistema dedicato dal codice di rito penale alla definizione della competenza territoriale del giudice: ciò, al fine di razionalizzare ed eventualmente anticipare la decisione definitiva da parte della Corte di cassazione in merito alla individuazione del giudice ratione loci competente in casi dubbi. In questa prospettiva, il dichiarato fine dell’art. 24 bis è quello di evitare, per quanto possibile, che una questione di incompetenza fondata, erroneamente rigettata dal giudice procedente, possa essere riconosciuta meritevole di accoglimento solo tardivamente, a processo avanzato, magari addirittura in sede di impugnazione della sentenza, con le intuibili conseguenze negative quanto a efficienza e celerità del processo[10].

Opinabile appare, invece, l’inquadramento istituzionale del meccanismo strutturato nell’art. 24 bis, sia in riferimento alla nomenclatura di “rinvio pregiudiziale”, sia con riguardo alla sua classificazione tra gli strumenti di impugnazione[11].

Sotto il primo profilo, si osserva che – come è noto – la risoluzione della questione pregiudiziale si concreta tipicamente nella necessità di coordinare la decisione della causa penale con quella di una questione giuridica di natura sostanziale e processuale diversa e, comunque, appartenente ad altro ramo dell’ordinamento giuridico, che sia un presupposto logico-giuridico della decisione penale[12]. Dunque, la pregiudiziale ha ad oggetto una questione di natura extrapenale indispensabile ai fini della decisione penale sul fatto storico oggetto dell’imputazione, perché in grado di incidere sulla stessa[13], evenienza la cui ricorrenza sembrerebbe da escludersi nel caso di specie, tanto più se si considera che il giudice, secondo quanto ritenuto dalle sentenze in commento, non ha mai l’obbligo di investire il giudice di legittimità della questione attinente la competenza territoriale, ma solo la facoltà discrezionale di farlo[14].

Ciò premesso, appare chiaro, comunque, che il senso da attribuire alla “pregiudizialità del rinvio” di cui si discute è quello, atecnico, di natura più propriamente processuale, inteso quale procedimento incidentale di possibile risoluzione preventiva della eventuale questione di incompetenza sollevata dalle parti (ovvero motu proprio dal giudice), che interviene “prima” del giudizio di merito, grazie alla eventuale rimessione degli atti alla Corte di cassazione.

Per quanto riguarda il secondo aspetto rilevato, non sembra invece corretto l’inquadramento dell’art. 24 bis tra i mezzi di impugnazione, atteso che la “rimessione” degli atti alla Corte è soltanto eventuale; non avviene mai ad opera delle parti, ma solo  del giudice procedente – peraltro in via facoltativa[15] – e certamente soltanto prima che il giudice si pronunci sul merito della causa, atteso il perimetro temporale di attivazione dell’istituto, ben delineato dal legislatore all’interno delle seguenti cadenze: prima della conclusione dell’udienza preliminare (24 bis comma 1 c.p.p.); se questa manchi, subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento sulla costituzione delle parti nel dibattimento (491 comma 1 c.p.p.) ovvero nella udienza di comparizione predibattimentale nel caso di citazione diretta a giudizio (art. 554 bis comma 3 c.p.p.)[16]. L’operatività della norma oltre questi limiti appare esclusa oltre che dalla lettera dalla legge anche da ragioni logiche avuto riguardo alla ratio dell’istituto. Nelle indagini il rinvio pregiudiziale anticiperebbe troppo il tema della competenza territoriale rispetto ad una imputazione ancora provvisoria[17]; in sede di impugnazione risulterebbe superfluo, posto che lo stato del processo non consentirebbe di disinnescare con il dovuto anticipo il rischio della celebrazione di un processo davanti ad un giudice successivamente riconosciuto come incompetente[18].

Oltre a ciò, si consideri, infine, che il rinvio pregiudiziale, secondo quanto rilevato dalle medesime sentenze in commento, può essere attivato solo dal “giudice che non si ritiene incompetente”, per cui sarebbe singolare inquadrare tra i mezzi di impugnazione quello attraverso cui si ricorre all’intervento regolatore della Corte di legittimità per mezzo della determinazione del medesimo giudice che ha pronunciato l’ordinanza sulla correttezza della quale viene chiamata a decidere la Cassazione.

 

4. Venendo ora alla analisi svolta dalle sentenze in commento con riguardo ai presupposti e limiti applicativi del nuovo istituto tratteggiato dall’art. 24 bis, si osserva che gli arresti si occupano, anzitutto, della questione relativa alla sussistenza o meno di un obbligo da parte del giudice di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di legittimità.

Procedendo attraverso un parallelismo tra l’art. 24 bis e l’art. 30 c.p.p, si sostiene che, avuto riguardo ai canoni interpretativi elaborati dalla giurisprudenza con riguardo alle norme sui conflitti di competenza, sembrerebbe esservi a carico del giudice un obbligo della immediata trasmissione degli atti alla Corte di cassazione, ex art. 24 bis comma 2 c.p.p., “esclusivamente ove sia astrattamente configurabile una situazione in cui vi siano due o più giudici che contemporaneamente prendono o rifiutano di prendere cognizione del medesimo fatti attribuito alla stessa persona[19]. In tale ipotesi, infatti, il giudice non avrebbe alcuno spazio discrezionale di scelta, essendo a lui attribuita solo una “peculiare valutazione filtro sull’esistenza dei presupposti del conflitto stesso”[20].

La conclusione sembra presupporre una sovrapposizione tra rinvio pregiudiziale e conflitto di competenza che, per la verità, non appare del tutto conforme rispetto alla disciplina di tali istituti[21]. Si consideri, al riguardo, che per aversi conflitto di competenza è necessario, ex art. 28 c.p.p., che uno o più giudici prendano o ricusino di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona, situazione comunque diversa rispetto a quella in cui l’autorità giurisdizionale è chiamata a pronunciarsi sulla eccezione di incompetenza territoriale. Come rilevato dalla Corte di cassazione in svariate pronunce, sussiste un conflitto di competenza solo quando le situazioni previste dall’art. 28 c.p.p. siano sussistenti nell’attualità e non solo potenziali: occorre cioè una effettiva valutazione da parte dei giudici che il fatto contestato davanti a ciascuno di loro sia il medesimo e che vi sia una difforme valutazione sull’individuazione del giudice competente[22]. Presupposto necessario affinché possa parlarsi di conflitto è, infatti, la presenza di una stasi processuale determinata dalla contemporanea cognizione o dal contestuale rifiuto di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona da parte di due o più giudici[23]. In questo senso, non è sufficiente per far luogo alla applicazione della disciplina di cui all’art. 28 ss. c.p.p. che la parte si limiti a sollecitare il giudice a sollevare il conflitto, contestando la competenza di altro organo giudicante, non sussistendo in tal caso alcun obbligo per il giudice di trasmettere gli atti alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 30 comma 2 c.p.p.[24], ma soltanto la necessità di considerare l’atto alla stregua di una comune eccezione di incompetenza, ovvero di una generica richiesta ex art. 121 c.p.p. su cui provvedere[25].

Dunque: se la questione proposta dalle parti manifesta l’esistenza di un conflitto (positivo o negativo) la cui esistenza è riconosciuta dal giudice, questi avrà l’obbligo di trasmettere gli atti alla Corte di cassazione, in base alle norme sui conflitti. Viceversa, qualora il conflitto non sia attuale, ma solo potenziale, sulla base del diritto positivo non può ritenersi esistente l’obbligo del rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis, che non fa riferimento espresso alcuno alla disciplina dei conflitti di competenza e, diversamente da questa, non impone in alcun caso expressis verbis di innescare l’intervento regolatore preventivo del giudice di legittimità[26].

In altri termini, appare discutibile sostenere – come sembrano fare le sentenze in commento – che l’obbligo di rimessione degli atti ai sensi dell’art. 24 bis c,p.p. risulti perimetrato dal caso in cui sia astrattamente configurabile una situazione di conflitto[27]: o la situazione di conflitto è riconosciuta dal giudice come tale, e in questo caso siamo nell’ambito dei conflitti, con obbligo di trasmissione degli atti alla Cassazione; oppure non si versa in tale situazione, ed allora il giudice non può ritenersi in alcun modo obbligato ad attivare il rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis solo per evitare che, in futuro, possa prendere corpo un conflitto della cui sussistenza non vi può essere certezza, tanto più se consideriamo che, secondo il disposto di quest’ultima norma, il giudice “può” e non già “deve” rimettere gli atti alla Corte.

D’altro canto, a livello sistematico-ordinamentale, va comunque rilevato che – come è noto – nel processo civile il regolamento preventivo di competenza di cui agli artt. 42 (regolamento necessario) e 43 c.p.c. (regolamento facoltativo) ha indubbiamente la funzione di prevenire l’insorgenza di conflitti reali di competenza e, quindi, risulta attivabile anche in presenza di un conflitto meramente virtuale[28], essendo sufficiente che un solo giudice si sia pronunciato sul tema della competenza: in quest’ottica, il regolamento preventivo mira proprio ad evitare che possa successivamente palesarsi il conflitto reale.

Ora, quantunque il regolamento di competenza sia istituto del tutto diverso per presupposti e ambito applicativo dal rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis c.p.p.[29], si potrebbe anche pensare che l’istituto del rinvio pregiudiziale abbia, in ultima analisi, il medesimo scopo di disinnescare anticipatamente l’insorgenza di possibili conflitti di competenza, così rimediando alla carenza nel processo penale di uno strumento analogo al regolamento di competenza[30]. In questo senso, potrebbe allora ritenersi giustificata la già ricordata conclusione giurisprudenziale per cui vi sarebbe l’obbligo per il giudice di trasmettere gli atti qualora ritenga che dalla sua decisione sulla competenza possa originarsi astrattamente un conflitto[31].

Questa opzione ermeneutica non convince sino in fondo. Se si parte dalla premessa, fatta propria dalle sentenze in commento[32], secondo cui il giudice che può utilizzare l’art. 24 bis è solo quello che non si ritiene incompetente, ne deriva che un eventuale “obbligo” di rimettere gli atti alla Corte per evitare l’insorgenza di possibili conflitti non potrebbe che riguardare esclusivamente conflitti positivi di competenza, conclusione affatto singolare sul piano sistematico, tanto più se si considera che gli arresti di cui si discute, nella prima parte della loro analisi, pongono specificamente l’accento sulla circostanza che il meccanismo del rinvio pregiudiziale sarebbe da ritenersi obbligatorio ove sia astrattamente configurabile una situazione di conflitto sia positivo, sia negativo di competenza fra giudici.

Sulla base di queste considerazioni, si deve concludere, conformemente alla lettera della norma (e come sembra, peraltro, darsi espressamente atto in altra parte delle sentenze in commento) che non esiste mai un obbligo per il giudice di applicare il meccanismo del rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 24 bis c.p.p., essendo lasciato al suo motivato libero convincimento ogni decisione al riguardo[33], tenendo sempre in conto che la scelta di investire la Corte dovrebbe essere fatta “solo al cospetto di questioni di una certa serietà”[34], essendo necessario che “la decisione del giudice sia affidata ad un canone di ragionevole presunzione di fondatezza della questione”[35].

 

5. Date queste premesse, ad avviso delle sentenze oggetto di annotazione, in concreto il giudice si trova a rimettere la questione quando la parte eccepisca la sua competenza ed egli si ritenga, al contrario, competente, dovendo pronunciare sentenza di incompetenza in caso contrario. In quest’ottica, il giudice ha le seguenti opzioni: «se si ritiene competente, deve procedere; se si ritiene incompetente, trasmette gli atti al giudice ritenuto competente, salvo che questi fosse il giudice che gli aveva trasmesso gli atti per competenza, nel qual caso deve sollevare il conflitto»[36]. Dunque, il giudice che ha titolo ad utilizzare il rinvio incidentale dell’art. 24 bis c.p.p. è solo quello “che non si ritiene incompetente”, dovendo in tal caso spiegare «le ragioni della propria decisione, illustrando specificamente le questioni sollevate dalle parti, sempre che non ritenga infondate le eccezioni difensive»[37].

Le conclusioni appaiono in linea di massima condivisibili, anche se necessitano di alcune precisazioni.

Iniziando dalla declinatoria di competenza, appare ovvio che, laddove si ritenga incompetente, il giudice debba dichiararlo con sentenza, trasmettendo gli atti all’autorità giudiziaria ritenuta, invece, competente (a meno che sia quella che gli ha trasmesso gli atti, nel qual caso deve sollevare un conflitto di competenza negativo), senza alcuna possibilità di rimettere gli atti alla Cassazione. La riconosciuta incompetenza, infatti, priva il giudice di qualsiasi potere di cognizione in ordine al procedimento, compreso quello di sollecitare eventualmente il giudice di legittimità ad esprimersi in merito alla correttezza della sua decisione, ai sensi dell’art. 24 bis.

Ulteriormente, non avrebbe alcun senso logico-giuridico la rimessione degli atti nel caso in cui la dichiarazione di incompetenza territoriale accedesse alla relativa eccezione di parte, dal momento che la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Cassazione è chiaramente destinata ad avere uno scopo concreto solo qualora l’eccezione di incompetenza venga rigettata e non già accolta[38].

Nel caso, invece, in cui il giudice non si ritenga incompetente, si deve distinguere.

Può accadere, anzitutto, che egli ritenga accertata la propria competenza territoriale. In questo caso deve procedere senza ulteriore indugio e non dare corso ad alcuna rimessione degli atti alla Corte. Non è chiaro se nell’ordinanza con cui dichiari la propria competenza egli sia obbligato a spiegare le ragioni del diniego circa la richiesta di rinvio pregiudiziale. Nel silenzio della norma (e delle sentenze in commento) sul punto[39], pare logico ritenere che il giudice non sia tenuto a illustrare i motivi del mancato accoglimento della richiesta. Va da sé, infatti, che nella motivazione dell’ordinanza con la quale accerti la sua competenza territoriale, vi è necessariamente l’implicita spiegazione del perché non appare necessario attivare il meccanismo incidentale dell’art. 24 bis. Del resto, il codice di rito non prevede alcuna possibilità di impugnare la declinatoria di rinvio pregiudiziale, né risulta possibile reiterare la relativa domanda in una fase processuale differente, come invece previsto per l’eccezione di incompetenza.

Altro possibile scenario è quello in cui il giudice che non si è ritenuto incompetente si trovi di fronte ad una situazione di oggettiva incertezza in ordine alla sussistenza della propria competenza territoriale: pur ritenendosi competente, egli valuta sussistente un dubbio concreto riguardo alla correttezza giuridica di tale conclusione, che non appare l’unica praticabile avuto riguardo al panorama interpretativo. Questo è precisamente il caso in cui dovrebbe trovare applicazione l’art. 24 bis c.p.p., secondo le sentenze in commento: il giudice introduce la fase incidentale per la definizione della questione sulla competenza se, pur accertata esistente, allo stato, la possibilità di respingere la questione di incompetenza, ritenga non di meno che l’eccezione sollevata in tal senso dalle parti non sia del tutto infondata e, qualora reiterata, potrebbe condurre altro giudice, nel corso del giudizio, a ritenere competente un diverso organo giurisdizionale. Discorso analogo vale nel caso in cui sia il giudice, ex officio, a rilevare l’esistenza di una situazione di dubbio circa la sua competenza territoriale, comunque non esclusa a priori.

Seguendo questa linea interpretativa, in concreto la situazione in cui dovrebbe essere innescato il meccanismo del rinvio pregiudiziale sembra essere quella in cui la ricostruzione del fatto può condurre ad accertare, in astratto, la competenza di fori alternativi, in ragione della complessità della vicenda e delle questioni di diritto concernenti la ricostruzione del momento consumativo del reato: in tal senso, si pensi, ad esempio, alle contestazioni afferenti la fattispecie di associazione a delinquere, caratterizzate da una ermeneusi variegata in ordine alla individuazione del luogo che declina il venire in essere del sodalizio criminoso e, dunque, del giudice competente ratione loci[40]; o, ancora, alle ipotesi in cui la determinazione della competenza territoriale necessiti di analisi articolate in ragione dell’incrocio con profili di competenza per connessione che, come è noto, possono determinare lo spostamento della competenza, ai sensi dell’art. 16 c.p.p.[41]; ovvero alle imputazioni relative a reati in cui, secondo la stessa giurisprudenza della Corte regolatrice, non è definito univocamente il giudice territorialmente competente[42].

Secondo le sentenze in commento, nel rimettere gli atti alla Corte di cassazione, il giudice «ha l’obbligo di spiegare le ragioni della propria decisione, illustrando specificamente le questioni sollevate dalle parti”, attività insita nella “rimessione “degli atti necessari” e nell’indicazione delle “parti e dei difensori”»[43], previste dall’art. 24 bis.

Detta conclusione appare condivisibile, atteso che proprio perché il rinvio pregiudiziale non è obbligatorio, ma lasciato alla discrezionalità del giudice, è necessario che quest’ultimo illustri motivatamente le ragioni della sua scelta, tanto più se si considera che la Cassazione non è organo di merito e potrebbe avere difficoltà nella ricostruzione del fatto necessario a dirimere la questione di competenza. Al di là di quanto previsto dalla norma dell’art. 24 bis, che non contempla l’invio di “osservazioni” alla Cassazione da parte del giudice rimettente (diversamente da quanto previsto dall’art. 30 comma 2 c.p.p. in tema di conflitti), non appare dubbio che in capo a quest’ultimo vi sia l’onere di chiarire le ragioni del rinvio pregiudiziale, nello specifico spiegando quali siano le diverse prospettive delle parti e quale il punto di vista del giudicante che ha determinato l’attivazione della via incidentale per accertare il giudice territorialmente competente a decidere la causa[44].

Il punto appare fondamentale nell’analisi dell’ambito applicativo dell’art. 24 bis compiuto dagli arresti esaminati in questa sede. Dall’assetto complessivo del sistema, appare chiaro che il rinvio pregiudiziale non può essere utilizzato come uno strumento per delegare obliquamente alla Corte di legittimità la soluzione sulla questione di competenza[45]. In questo senso, è fatto obbligo al giudice procedente di riflettere seriamente e decidere sulla questione, al limite anche per giungere alla conclusione di non essere in grado di decidere. Tale ultima determinazione, che conduce al rinvio pregiudiziale, appare la strada da imboccare esclusivamente come extrema ratio, in via sussidiaria ove, a seguito della delibazione compiuta sulla eccezione proposta dalle parti, il giudice non si ritenga in grado di risolverla definitivamente con gli ordinari strumenti previsti dalla disciplina in subiecta materia[46].

Secondo l’orientamento interpretativo in commento, qualora il giudice scelga di investire la Corte ai sensi dell’art. 24 bis senza prima avere: analizzato le questioni prospettate dalle parti; tentato di comporle per raggiungere una decisione; illustrato compiutamente il percorso interpretativo compiuto sulla questione di competenza, chiarendo le ragioni che non hanno permesso di raggiungere una decisione corretta, il rinvio pregiudiziale è da considerarsi, a tutti gli effetti, inammissibile[47]. È stato al riguardo affermato che il provvedimento di rimessione degli atti deve essere dotato della “necessaria autosufficienza”, non potendo esigersi che una eventuale lacuna in tal senso sia emendata dalla Cassazione mediante la lettura degli atti del processo, compito demandato esclusivamente alla preventiva valutazione del giudice di merito[48].

La conclusione risulta senz’altro condivisibile, nella misura in cui tende ad evitare non solo che il rinvio pregiudiziale venga utilizzato in modo distorto rispetto alla ratio che lo caratterizza, ma anche che l’accertamento del merito sottostante la questione di competenza venga indebitamente ribaltato sulla Corte di legittimità, istituzionalmente inidonea a svolgere tale funzione[49]. In sostanza, secondo questa linea di pensiero, non è consentito al giudice investito della questione di incompetenza territoriale pronunciare di fatto un non liquet, semplicemente giustificandolo con la rimessione degli atti alla cassazione ex art. 24 bis[50].

 

6. Un altro aspetto affrontato dalle sentenze esaminate è quello relativo alla previsione di cui al comma 6 dell’art. 24 bis, secondo cui la parte che ha eccepito l’incompetenza territoriale senza richiedere contestualmente la rimessione degli atti alla Cassazione, non può più riproporre l’eccezione nel corso del procedimento.

Si tratta, secondo la Cassazione, di un rigido meccanismo preclusivo previsto dalla legge delega, che non consente alla parte che ha formulato la questione di competenza territoriale senza richiedere la rimessione degli atti di poter riproporre la questione rigettata nel prosieguo del processo, dunque nell’ambito degli atti preliminari al dibattimento nonché in sede di impugnazione della sentenza.

Ora, non vi è dubbio che la previsione di questa causa di decadenza vada ricondotta, in una con la disposizione sui termini contemplati dall’art. 21 comma 2 ai fini di eccepire l’incompetenza territoriale, alla esigenza di restringere al massimo la possibilità di rimettere in discussione la competenza ratione loci del giudice che procede, nella prospettiva di rendere effettivo il principio di ragionevole durata del processo[51].

L’art. 24 bis non chiarisce se la richiesta di rinvio pregiudiziale debba essere avanzata in modo formale dalla parte[52], ovvero se possa ritenersi implicitamente contenuta nella eccezione di incompetenza che, ad esempio, la parte enuclei prospettando fori alternativi e, magari, rappresentando genericamente l’esigenza che la questione possa eventualmente essere risolta previamente in sede di legittimità. La Cassazione sembra propendere per la prima soluzione, chiarendo che per essere qualificata come richiesta di rinvio pregiudiziale, l’istanza delle parti deve contenere in modo esplicito la richiesta di rimessione degli atti alla Corte[53]. Alla luce della lettera ma, soprattutto, dello scopo della norma, tale soluzione sembra corretta. Il comma 6 preclude espressamente la possibilità di riproporre la questione di competenza rigettata senza che sia stata contestualmente chiesto il rinvio pregiudiziale. Posto che la giurisprudenza richiede che la eccezione di incompetenza sia comunque motivata con riguardo alle ragioni che la sorreggono e al giudice da ritenersi competente, appare coerente col sistema che la richiesta di rimessione degli atti ai sensi dell’art. 24 bis sia palesata in modo inequivoco, con l’indicazione delle considerazioni che la dovrebbero far ritenere questione assistita da quella “certa serietà”, cui fa riferimento la Relazione ministeriale della Commissione Lattanzi quale requisito minimo per attivare il rinvio pregiudiziale.

La norma riguarda espressamente solo il caso della eccezione sollevata dalla parte, distinta ed autonoma rispetto alla rimessione degli atti alla Corte di cassazione ex officio da parte del giudice[54]. Da ciò deriva che, in quest’ultima ipotesi, la parte non può considerarsi onerata dall’obbligo di richiedere, a sua volta, il rinvio pregiudiziale per non incorrere nella decadenza prevista dall’art. 24 bis comma 6 c.p.p.. Dunque, si deve ritenere che nel caso in cui dopo la decisione della Corte di cassazione sulla competenza emergano nuovi fatti che comportino una diversa qualificazione giuridica da cui derivi la competenza di un giudice superiore, la decisione della Cassazione può essere rimessa in discussione anche dalla parte che non abbia, a suo tempo, richiesto il rinvio pregiudiziale, nel caso in cui detto meccanismo incidentale sia stato attivato direttamente dal giudice.

 

7. Tra le questioni non espressamente trattate dalle sentenze in commento, che pure rivestono una certa importanza, vi è sicuramente quella afferente la eventuale sospensione del procedimento in pendenza del rinvio pregiudiziale[55].

La norma dell’art. 24 bis c.p.p. non dispone alcunché al riguardo, limitandosi a prevedere che il giudice rimette alla Corte di cassazione gli atti necessari alla risoluzione della questione (comma 2). È così stato osservato che, in assenza di una precisa indicazione circa l’eventuale effetto sospensivo sul procedimento dell’ordinanza di rimessione, dovrebbe applicarsi la disciplina prevista in tema di conflitti (art. 30 comma 3), secondo cui la decisione di trasmettere gli atti alla Corte di legittimità non produce alcun effetto sospensivo[56]. Ciò, tanto più se si considera il principio di tassatività delle cause di sospensione del processo, ai sensi dell’art. 50 comma 3 c.p.p.[57].

La questione appare di un certo rilievo, posto che, secondo quanto affermato nelle sentenze in commento, «il giudice si trova a rimettere la questione quando la parte prospetti la sua incompetenza ed egli, invece, si ritenga competente»[58]. Il giudice che rimette gli atti, nelle more della decisione, potrebbe dunque proseguire e il procedimento, addirittura, giungere ad una conclusione nel merito, posto che non vi è nessuna norma che lo impedisce, come accade, invece, nel caso di rimessione del processo, a norma dell’art. 47 c.p.p., e che il giudice rimettente trasmette alla Corte di cassazione solo ed esclusivamente gli atti necessari alla risoluzione della questione, segno che il legislatore ha inteso evitare la sospensione di ogni attività processuale sino alla decisione del procedimento incidentale[59].

Al di là delle regole positive di cui agli artt. 26 e 27 c.p.p., che disciplinano il regime delle prove acquisite e delle misure cautelari disposte dal giudice incompetente, e dell’esistenza di prassi forensi tese a conseguire, de facto, il medesimo risultato raggiungibile attraverso la sospensione[60], resta il fatto innegabile che la mancata previsione di una “pausa” del procedimento in attesa dell’intervento risolutore della questione di competenza da parte del giudice di legittimità appare contrastare con la ratio del rinvio pregiudiziale, volta ad anticipare la decisione sulla competenza territoriale da parte della Cassazione che, ai sensi dell’art. 25 c.p.p., tendenzialmente ha un carattere definitivo.

Se così è, pur in difetto di una previsione specifica, per evitare di privare di ogni significato concreto la norma dell’art. 24 bis nel caso di rimessione degli atti, si potrebbe pensare all’applicazione estensiva dell’art. 477 comma 2 c.p.p., che consente al giudice di sospendere il dibattimento per ragioni di assoluta necessità[61], modulabile in relazione alle singole evenienze processuali ed alle esigenze di ruolo[62].

 

 

[1] La norma è stata inserita nel codice di rito dall’art. 4 comma 1 del d. lgs. 150/2022, a decorrere dalla data del 30 dicembre 2022 e la sua applicazione segue il principio tempus regit actum, posto che non vi è alcuna norma transitoria al riguardo.

[2] Si tratta delle seguenti sentenze: Cass. I, n. 22326 del 3 maggio 2023 (dep. 23 maggio 2023); Cass., I, n. 20612 del 12 aprile 2023 (dep. 15 maggio 2023).

[3] Nel riassumere lo svolgimento delle cadenze processuali la sentenza non è chiara sul punto.

[4] Richiesta che – come è noto – implica la rinuncia a far valere questioni sulla competenza territoriale del giudice, ex art. 438 comma 6 bis c.p.p.

[5] Va rilevato che nel caso di specie la richiesta di incompetenza era stata formulata prima dell’entrata in vigore della riforma Cartabia e, dunque, non avrebbe neppure potuto contenere la richiesta di rimettere gli atti alla Corte di cassazione ai sensi dell’art. 24 bis, all’epoca inesistente.

[6] Vedi Cass., I, sent. 26553 del 2 maggio 2023; Cass., II, sent. n. 28561 del 3 luglio 2023; Cass., II, sent. n. 28560 del 20 giugno 2023; Cass., II, sent. n. 36768 del 18 luglio 2023; Cass., I, sent. n. 31919 del 3 maggio 2023; Cass., I, sent. n. 29891 del 13 aprile 2023; Cass., II, 30721 del 13 luglio 2023; Cass., II, sent. n. 27136 del 22 giugno 2023; Cass., I, sent. n. 22319 del 23 maggio 2023.

[7] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023; Cass., I, sent. n. 20612 del 2023.

[8] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023; Cass., I, sent. n. 20612 del 2023.

[9] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023; Cass., I, sent. n. 20612 del 2023.

[10] Sul punto vedi M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia, in questa Rivista, 2 novembre 2022, p. 82, il quale osserva che l’art. 4 d.lgs. n. 150 “mediante l’inserimento di un inedito art. 24-bis c.p.p., ha inteso dare attuazione all’art. 1, comma 13, lett. n) della legge delega, in tema di rinvio pregiudiziale alla Cassazione per la decisione sulla competenza per territorio. Si tratta di un istituto fortemente innovativo, frutto dei suggerimenti della Commissione Lattanzi: è stato, invero, tale consesso a proporre di dar vita a un meccanismo, ispirato a obiettivi di efficienza e di ragionevole durata, volto a porre il processo “in sicurezza” da questioni relative alla competenza. Mediante tale strumento si è voluto, invero, «evitare casi, che si sono verificati, in cui l’incompetenza, tempestivamente eccepita, è stata riconosciuta fondata solo in Cassazione, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo» (cfr. Commissione Lattanzi, Relazione finale e proposte di emendamenti al d.d.l. A.C. 2435, p. 40)”. Sulla ratio dell’art. 24 bis c.p.p. vedi anche M. PITTIRUTI, Un “rinvio pregiudiziale” per un processo penale efficiente. Luci ed ombre dell’art. 24 bis c.p.p., in questa Rivista, fasc. 5/2023, p. 5 ss., nonché la Relazione sulla riforma Cartabia dell’Ufficio del Massimario della Cassazione, n. 2/2023, p. 187.

[11] Tale classificazione sembrerebbe desumersi da un passaggio delle sentenze commentate, in cui si osserva che “il rinvio pregiudiziale ex art. 24 bis c.p.p. alla Corte di cassazione si presenta come un meccanismo risolutivo di tipo preventivo che si aggiunge, agli ordinari strumenti di impugnazione, nel sistema di definizione della questione sulla competenza territoriale”.

[12] Per uno studio completo sull’origine, ratio e struttura delle questioni pregiudiziali vedi MANZINI, Le questioni pregiudiziali di diritto civile, commerciale ed amministrativo nel processo penale, 1899.

[13] In quest’ottica, si parla stricto sensu di questioni pregiudiziali in riferimento alle situazioni previste dagli artt. 3 e 479 c.p.p.; alle questioni di legittimità costituzionale rinviate al giudizio della Corte costituzionale  ex art. 23 l. 87/1953; ed, ancora, al caso di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Comunità Europea sulla conformità delle norme applicate nel processo penale (ex art. 234 Trattato UE). CORDERO, Procedura penale, III ed., p. 838, annovera tra le questioni pregiudiziali anche quelle penali, definite come quelle concernenti “ogni questione relativa al reato x, da cui dipenda l’accertamento del reato y”, osservando che sono questioni come le altre, che vengono risolte dal giudice ex art. 2 c.p.p..

[14] Condivide questo rilievo PITTIRUTI, Un rinvio “pregiudiziale”, cit., p. 8, nonché RICOTTA, I nuovi controlli sulla competenza per territorio, in SPANGHER (a cura di), La riforma Cartabia, Pisa, 2022, p. 644.

[15] Diverso sarebbe stato se il legislatore avesse recepito la soluzione proposta nel disegno di legge C-1225 del 5 luglio 2001 in cui era prevista l’introduzione nell’art. 491 cpp di una norna che contemplava l’immediata ricorribilità per cassazione delle ordinanze pronunciate dal giudice di primo grado sulla competenza territoriale, in sede di questioni preliminari. La qualificazione spuria di impugnazione del rimedio ex art. 24 bis c.p.p. appare comunque affermata a chiare lettere anche dalla citata Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione sulla riforma Cartabia, p. 187, in cui si parla di “nuovo mezzo impugnatorio del rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione”.

[16] È stato osservato che il tenore dell’art. 24 bis va raccordato anche alla previsione dell’art. 423 comma 1 bis c.p.p. in tema di corretta formulazione dell’imputazione, con la conseguenza che l’incompetenza territoriale potrebbe emergere a seguito del sollecitato aggiornamento della imputazione da parte del PM. In tal caso, a seguito dell’emendatio dell’accusa, sarebbe possibile non solo eccepire la questione di incompetenza territoriale, ma anche sollevare la questione del rinvio pregiudiziale in precedenza non formulato: così CASSIBBA, Commento all’art. 24 bis c.p.p., in Codice di procedura penale commentato, a cura di Giarda-Spangher, 2023.

[17] Osserva PITTIRUTI, Un “rinvio pregiudiziale”, cit., p. 12, nota 33, che l’art. 24 bis c.p.p. non sembra attivabile al di là del perimetro delineato dal combinato disposto degli artt. 24 bis, 491 e 554 comma 3 bis c.p.p., in particolare nel corso delle indagini preliminari, in quanto, a ragionare diversamente, il rischio sarebbe quello di “assegnare al PM piena libertà nella determinazione della competenza territoriale per l’intero corso del procedimento: e ciò in una materia presidiato dall’art. 25 Cost., va recisamente escluso”.

[18] Nello stesso senso PITTIRUTI, Un “rinvio pregiudiziale”, cit., p. 10; ma in senso opposto vedi RICOTTA, I nuovi controlli, cit., p. 651.

[19] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; Cass., I, sent. n. 20612 del 2023, cit, vale a dire i casi in cui la norma dell’art. 28 c.p.p. prevede l’esistenza di un conflitto tra giudici. Si tratterebbe, pare di capire, di una sorta di limite perimetrale non oltrepassabile dal giudice nell’ambito della facoltà discrezionale che caratterizzerebbe, invece, la decisione di rimettere gli atti alla Corte ai sensi dell’art. 24 bis c.p.p..

[20] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; Cass., I, sent. n. 20612 del 2023, cit.

[21] Si osservi che in altra successiva pronuncia (Cass., II, sent. n. 36768 del 18 luglio 2023) la Corte di cassazione ha ripreso il tema di questo parallelismo, rilevando come “la disciplina processuale del rinvio pregiudiziale sulla competenza territoriale di nuovo conio, è stata delineata sul modello di quella, già vigente, per la proposizione e risoluzione dei conflitti di giurisdizione e di competenza contemplata agli artt. 30 e 32 c.p.p.” .

[22] Cass., I, sent. n. 4092 del 2013, Rv. 254189; Cass., I, 15 ottobre 1996, Priebke.

[23] Cass., I, 16 aprile 1997, p.m. in c. Vanoni, Ced 207656.

[24] Cass., I, sent. n. 14006 del 2007, Rv. 236368.

[25] Cass., I, sent. n. 31660 del 2021; Cass., VI, ord. n. 2630 del 1996, Rv. 205860.

[26] È appena il caso di ricordare come mentre l’art. 30 c.p.p. prevede l’obbligo di rimettere gli atti alla Corte di cassazione da parte del giudice che rileva un conflitto, l’art. 24 bis dispone semplicemente che la questione di competenza territoriale può essere rimessa alla Corte di cassazione.

[27] In realtà questa conclusione è ripresa alla lettera da quanto riportato dalla Relazione dell’Ufficio del massimario, cit., p. 190, nella parte in cui si affronta il caso in cui il giudice, investito della eccezione e della richiesta di rimessione ex art. 24 bis c.p.p., non provveda alla rimessione degli atti.

[28] Come è noto, il conflitto di competenza reale si manifesta quando esistono due pronunce affermative o negative di competenza da parte di due giudici sulla medesima res iudicanda, laddove il conflitto virtuale si materializza quando un solo organo giurisdizionale, nell’affermare la propria competenza, nega che “abbia una qualunque competenza una autorità diversa, che dell’affare è investita, ma che ancora non ha provveduto”, così ZANOBINI, Corso di diritto amministrativo, II, 1948, p. 305.

[29] A tacere d’altro, si osservi che il regolamento di competenza è un vero e proprio mezzo di impugnazione ai sensi di quanto previsto dall’art.323 c.p.c., diversamente dall’art. 24 bis c.p.p. (vedi supra, par. 2).

[30] Significativo, al riguardo, quanto osservato dalla Cassazione (Sez. I, sent. n. 26829 del 15 aprile 2011) circa il fatto che “il codice di rito non ammette l’immediata ricorribilità per Cassazione delle ordinanze che decidono in via incidentale sulla competenza del giudice adito, affidando il controllo di dette decisioni, unitamente alla sentenza che definisce il grado nel quale sono pronunciate, esclusivamente al regime delle impugnazioni ordinarie. E siffatto sistema, quali che siano le critiche che ad esso possono muoversi, non è surrogabile mediante lo strumento della denunzia di conflitto, al fine di investire anticipatamente la Corte di cassazione di deduzioni concernenti la violazione delle regole di individuazione del giudice, neppure ove la parte avesse in teoria ragione e le sue eccezioni fossero state erroneamente respinte”.

[31] Si vedano le sentenze nn. 22326 e 20612 del 2023, nonché quanto già rilevato alla nota precedente.

[32] Sul punto vedi il paragrafo successivo.

[33] Nella relazione finale della Commissione Lattanzi al d.d.l. AC 2435, cit., p. 40 si è osservato che questa discrezionalità del giudice nel decidere il rinvio pregiudiziale avrebbe il duplice scopo di responsabilizzare l’organo giurisdizionale e, nel contempo, di evitare un uso strumentale a fini dilatori dell’istituto da parte delle difese.

[34] Così la Relazione della Commissione Lattanzi, cit. p.40, ripresa anche nella Relazione dell’Ufficio del Massimario, p. 191.

[35] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; Cass., I, sent n. 20612 del 2023, cit. In questa prospettiva è indubbio che tra le ragioni dettate dal “buon senso processuale” che possono indurre il giudice ad applicare la norma dell’art. 24 bis vi sia anche quella basata sulla prognosi della produzione di possibili conflitti di competenza qualora non si acceda a tale soluzione.

[36] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; Cass., I, sent n. 20612 del 2023, cit.

[37] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; Cass., I, sent n. 20612 del 2023, cit. Un caso apparentemente distonico rispetto a tali conclusioni tra quelli sinora esaminati dalla giurisprudenza è quello deciso da Cass., I, sent. n. 31919 del 2023, cit., nel quale i giudici del Tribunale di Roma, pur essendosi dichiarati incompetenti territorialmente rispetto ad una imputazione ex art. 2638 c.c., hanno nondimeno attivato il rimedio previsto dall’art. 24 bis c.p.p., rimettendo gli atti alla Corte di cassazione. I giudici di legittimità hanno ritenuto ammissibile il rinvio pregiudiziale, decidendo per la competenza del Tribunale capitolino, in base al rilevo che nel complesso la parte motiva dell’ordinanza di incompetenza, che esprimeva la necessità di una decisione pregiudiziale della Cassazione sulla competenza ratione loci, dovesse avere la prevalenza sul dispositivo con cui erroneamente e contraddittoriamente il Tribunale si era dichiarato incompetente territorialmente.

[38] In astratto, potrebbe essere diverso il caso in cui l’incompetenza territoriale fosse rilevata autonomamente dal giudice. In tale ipotesi, infatti, una ipotetica contestuale decisione di sollecitare ex officio il controllo della Cassazione sulla sua decisione ai sensi dell’art. 24 bis non sarebbe di per sé in contraddizione logica con la sentenza di incompetenza. Resta tuttavia il fatto che il giudice, anche in tal caso, una volta dichiaratosi incompetente, sarebbe privo di qualsiasi potere giurisdizionale in ordine al procedimento di cui si è spogliato.

[39] L’art. 24 bis c.p.p. specifica unicamente che, nel caso di rinvio alla Corte, il giudice pronuncia ordinanza con la quale rimette gli atti necessari alla risoluzione della questione, con l’indicazione delle parti e dei difensori. Le sentenze commentate, a loro volta, chiariscono che il dovere di motivazione sulla richiesta di rinvio pregiudiziale accede al caso in cui il giudice accolga la richiesta, “spiegando le ragioni della propria decisione”.

[40] L’ipotesi è quella considerata, ad esempio, dal GUP del Tribunale di Pavia, ordinanza 3 aprile 2023, C.F e altri, inedita, nel quale la contestazione a carico degli imputati, a vario titolo, era quella di avere partecipato ad una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate, in connessione ai sensi dell’art. 12 lett. b) e c) con reati di truffa e falso, con un complesso articolato di capi di imputazione che rendeva difficoltosa l’individuazione del giudice territorialmente competente, considerato che ad alcuni imputati era contestata l’associazione (vuoi quali promotori o semplici partecipi) e la commissione dei reati fine, mentre ad altri solo la realizzazione di questi ultimi. In ragione della complessità del caso, derivante dall’intreccio di più norme e dall’esistenza di tesi giurisprudenziali differenziate sulla competenza territoriale per la fattispecie di cui all’art. 416 c.p., il giudice ha rimesso gli atti alla Corte di cassazione ex art. 24 bis c.p.p., spiegando in modo articolato nel corpo dell’ordinanza di rinvio le ragioni della sua scelta.

[41] È questo il caso, esaminato dalla sentenza n. 22326 del 2023, cit.

[42] Vedi, ad esempio, GUP Torino, ordinanza 10 maggio 2023, in Giur. Pen., nel procedimento c.d. “Prisma”, a carico di alcuni dirigenti di una nota società calcistica, tra l’altro per fatti di aggiotaggio informativo ex art. 185 d. lgs. n. 58/1998, in cui il giudice, dopo avere rilevato l’esistenza di un serio contrasto giurisprudenziale in ordine al locus commissi delicti relativo alla suddetta fattispecie, ha rimesso gli atti alla Corte di legittimità ex art. 24 bis c.p.p. ritenendo che la questione fosse “di una certa serietà”, al fine di evitare “il rischio di una inutile celebrazione di processi, anche in più gradi di giudizio, per l’erronea dichiarazione o attribuzione di competenza”. In data 6 settembre 2023 la IV sezione della Corte di cassazione ha, quindi, deciso lo spostamento del procedimento a Roma.

[43] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; n. 20612 del 2023, cit.

[44] Osserva PITTIRUTI, Un “rinvio pregiudiziale”, cit., p. 14, che dal momento che la rimessione avviene con ordinanza, è ovvio che questa debba sempre essere motivata, ai sensi dell’art. 125 c.p.p. Nello stesso senso, Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; n. 20612 del 2023, cit.; Cass., II, n. 28561 del 2023.

[45] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; n. 20612 del 2023, cit.; Cass., II, n. 28561 del 2023.

[46] Secondo la sent. n. 20612 del 2023, prima di procedere al rinvio pregiudiziale il giudice dovrebbe vagliare la possibilità di adottare, in via principale, uno dei seguenti provvedimenti: “ordinanza motivata di rigetto dell’eccezione; proposizione del conflitto, qualora ravvisi la competenza del giudice che ha trasmesso il procedimento; declinatoria, anche parziale, della competenza in favore di un terzo giudice”.

[47] In questo senso, e per le suddette ragioni, diverse pronunce della Cassazione hanno già dichiarato inammissibile la richiesta di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 24 bis, ritenendola proposta surrettiziamente dal giudice del merito che si era, di fatto, spogliato della questione. Oltre alla sentenza in commento Cass., II, n. 20612 del 2023, vedi anche Cass., II, sent. n. 28560 del 2023, nonché Cass., II, sent. n. 28561 del 2023, che ha osservato come, a ragionare diversamente, si finirebbe per utilizzare il rinvio pregiudiziale alla stregua di uno “strumento indeterminato e dispersivo, che rischia di risultare inidoneo a raggiungere l'obiettivo che la norma ha inteso perseguire, poiché si costringerebbe la Corte di cassazione a valutare "al buio" la questione di competenza, senza la mediazione provvedimentale dell'atto di rimessione”.

[48] Così Cass., II, sent. n. 28561 del 3 luglio 2023, cit. Questa conclusione conferma la profonda differenza del rinvio pregiudiziale rispetto al conflitto di interessi. L’art. 32 comma 1 c.p.p., infatti, consente al giudice di assumere informazione e acquisire atti e documenti necessari per la soluzione del conflitto, eventualità invece non contemplata dall’art. 24 bis c.p.p.

[49] In quest’ottica è stato osservato che “non può prospettarsi la questione di competenza in via dubitativa ovvero a carattere esplorativo, altrimenti abdicando il giudice del merito alla funzione di verifica che pure gli compete in ordine alla propria competenza, sia pure involgente l'individuazione del loci commissi delicti”: Cass., II, sent. n. 28561 del 2023, cit.

[50] Le sentenze oggetto di commento non chiariscono se il giudice che rimette gli atti alla Corte di cassazione debba comunque emettere previamente un provvedimento formale in cui accerta la sua competenza. Dall’esame degli arresti e in oggetto e di quelli editi che, sinora, risultano essersi occupati della questione (vedi nota 6) non risulta che tale requisito sia richiesto per l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale. Come si è già precisato (vedi supra, note 45-47), ciò che rileva a tal fine, secondo gli intrepreti, è che il giudice non si sia dichiarato territorialmente incompetente e che non si limiti semplicemente a devolvere apoditticamente la quaestio iuris sulla competenza al giudice di legittimità senza chiarire puntualmente i termini fattuali e giuridici della stessa.

[51] È ben noto il dibattito sul regime di rilevabilità della incompetenza territoriale, diverso e meno rigoroso di quello della incompetenza per materia. Sul punto è sufficiente ricordare come la Corte costituzionale abbia ritenuto non contrastante con il principio del giudice naturale precostituito per legge e con il diritto di difesa la previsione di stringenti termini di eccepibilità della incompetenza territoriale (Corte cost., sentenze nn. 130/1995 e 349/2000), conclusione che appare in linea con la avvenuta costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo (Cass., I, sent. 3 giugno 2010, Melli ed altro). In questo senso, la previsione dell’art. 24 bis c.p.p. confermerebbe l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, secondo cui decorsi i termini previsti dalla legge, né le parti né il giudice possono rilevare il vizio di incompetenza territoriale, essendo irrilevanti le vicende processuali successive ai limiti temporali di rilevazione della questione (Cass., VI, 5 ottobre 2006, Battistella). Occorre peraltro ricordare che, secondo un orientamento minoritario, i limiti temporali di cui si discute riguarderebbero solo le parti e non anche il giudice, il quale rimarrebbe sempre libero di rilevare la propria incompetenza territoriale anche oltre i termini dell’art. 491 c.p.p. (Cass., V, 4 luglio 2019, XY, Ced 276899; Cass., VI, 7 gennaio 1999, De Mita; Cass., I, 27 luglio 1992, Ced 191471).

[52] Quanto alle forme della richiesta, è stato osservato che nulla osta alla sua proposizione orale, atteso che a differenza di quanto previsto dall’art. 30 comma 2 c.p.p. in tema di conflitti, la lettera della legge non prevede espressamente la necessità della forma scritta: così PITTIRUTI, Un “rinvio pregiudiziale”, cit., p. 13.

[53] Così Cass., I, sent. n. 20612 del 2023, cit. Nel caso di specie, la richiesta di rinvio pregiudiziale è stata ritenuta inammissibile in quanto le parti, nell’eccepire l’incompetenza del Tribunale ancor prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, avevano individuato con argomentazioni generiche vari fori alternativi, senza chiedere espressamente la rimessione alla Corte regolatrice. Non contraddice questo principio il caso esaminato da Cass., I, sent. n. 31919 del 2023, cit. (vedi nota 37), dal momento che a fronte del dispositivo dell’ordinanza del giudice di merito che accertava la propria incompetenza territoriale, la parte motiva del provvedimento illustrava motivatamente le svariate ragioni per le quali si riteneva necessario procedere ai sensi dell’art. 24 bis c.p.p.

[54] È stato correttamente rilevato che, quantunque la richiesta di rinvio pregiudiziale della parte e quella operata ex officio dal giudice siano autonome, in ambedue i casi occorre comunque il previo esercizio del contraddittorio, essendo in gioco il rispetto della parità delle parti e il principio di terzietà del giudice: così CASSIBBA, Commento all’art. 24 bis c.p.p., cit., 2023.

[55] La sentenza n. 20612 del 2023, cit., contiene invero un riferimento alla insussistenza dell’obbligo di sospendere il processo nel caso dell’art. 24 bis, tratto, però, dal verbale di rimessione degli atti alla Corte da parte del giudice del merito e non già dalla motivazione della Cassazione.

[56] Così Cass., II, sent. n. 36768 del 2023, cit.; nello stesso senso vedi anche Relazione dell’Ufficio del Massimario, cit., p. 192; CASSIBBA, Commento all’art. 24 bis c.p.p., cit., 2023; in chiave fortemente critica sulla mancata previsione della sospensione del procedimento vedi PITTIRUTI, op cit., p. 19 ss., il quale rileva come appaia francamente difficile giustificare sotto il profilo della ragionevolezza la mancata previsione della sospensione del procedimento, tanto più considerato che, non essendo il giudice obbligato a rimettere gli atti alla Corte, appare difficile ipotizzare un uso distorto dell’art. 24 bis a fini dilatori o, comunque, strumentali.

[57] Secondo cui, come è noto, l’esercizio dell’azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge.

[58] Cass., I, sent. n. 22326 del 2023, cit.; n. 20612 del 2023, cit.

[59] Sul punto, vedi i rilievi in materia di conflitto di competenza, che appaiono estensibili all’art. 24 bis, elaborati da MACCHIA, Commento all’art. 30 c.p.p., in Commentario del nuovo c.p.p., a cura di Amodio-Dominioni, 1989, p. 202. Ad ogni buon conto, giova osservare che in nessuno dei provvedimenti di rimessione degli atti ex art. 24 bis richiamati nella presente nota risulterebbe essere stata disposta la sospensione del procedimento in attesa della decisione della Cassazione.

[60] Come, ad esempio, il rinvio a data fissa dell’udienza da parte del giudice rimettente, all’esclusivo fine di verificare l’evoluzione dell’iter decisionale da parte della Cassazione.

[61] Propende per questa soluzione CASSIBBA, Commento all’art. 24 bis c.p.p., cit., 2023. In tale prospettiva non sembra essere un problema il fatto che la norma dell’art. 477 comma 2 preveda che il termine massimo di sospensione sia quello di dieci gironi, computate tutte le dilazioni ed esclusi i festivi. La giurisprudenza ha, infatti, da tempo chiarito che si tratta di termini ordinatori, il cui mancato rispetto non determina alcuna nullità o decadenza: Cass., I, sent. n. 888 del 1994; Cass., I, sent. n. 866 del 1994.

[62] Sulla possibilità da parte del giudice di modulare il rinvio in base a tali parametri vedi Cass., II, sent. n. 39784 del 2007; conforme, Cass., I, sent. n. 47789 del 2008.