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17 Maggio 2024


Detenzione domiciliare sostitutiva: per la Corte costituzionale la disciplina contenuta nel d.lgs. 150/2022 è rispettosa dei criteri dettatati dalla legge delega

Corte cost. sent. 11 aprile 2024 (dep. 10 maggio 2024), n. 84, pres. Barbera, rel. Viganò



Segnaliamo ai lettori la sentenza n. 84/2024, depositata il 10 maggio, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’appello di Bologna in relazione alla nuova disciplina delle pene sostitutive introdotta dalla d.lgs. n. 150 del 2022 (riforma Cartabia). In particolare, la Corte, con riferimento alla detenzione domiciliare sostitutiva e a un lamentato vizio di eccesso di delega in ragione della disciplina più favorevole rispetto a quella dell'omonima misura alternativa alla detenzione, ha affermato che le modalità esecutive della detenzione domiciliare sostitutiva sono rispettose dei criteri di delega indicati nella legge 27 settembre 2021, n. 134, recante "delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari"

Riportiamo di seguito il testo del comunicato stampa, consultabile anche in allegato.

 

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«Il decreto legislativo n. 150 del 2022 non ha violato la legge delega nel disciplinare le modalità esecutive della nuova pena sostitutiva della detenzione domiciliare.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 84, depositata oggi, con la quale ha dichiarato in parte inammissibili e in parte infondate una serie di questioni sollevate dalla Corte d’appello di Bologna.

Rispetto all’unica questione valutata nel merito, la Consulta ha sottolineato che la riforma del 2022 mira a rivitalizzare le pene sostitutive delle detenzioni di breve durata, i cui effetti desocializzanti sono da tempo noti, specie nel contesto di significativo sovraffollamento in cui, nuovamente, versano le carceri italiane.

La Corte ha evidenziato che le pene sostitutive sono ispirate al principio secondo cui il sacrificio della libertà personale va contenuto entro il minimo necessario, oltre che alla necessaria finalità rieducativa della pena sancita dall’art. 27 della Costituzione.

Inoltre, la loro previsione incentiva l’imputato a definire il processo con un rito semplificato, e in particolare con il patteggiamento: il che contribuisce ad alleggerire i carichi del sistema penale, in funzione dell’obiettivo di assicurare a tutti tempi più contenuti di definizione dei processi.

Infine, le pene sostitutive garantiscono risposte certe, rapide ed effettive al reato, ancorché alternative al carcere, dal momento che sono immediatamente esecutive non appena la sentenza di condanna passa in giudicato. E ciò a differenza di quanto accade rispetto alle pene detentive di durata non superiore a quattro anni, che restano di regola sospese anche per vari anni, sino a che il tribunale di sorveglianza non decida sulla richiesta del condannato di essere ammesso a una misura alternativa alla detenzione. Con la conseguenza che circa novantamila persone in Italia sono oggi “liberi sospesi”: e cioè condannati in via definitiva, che però non sono sottoposti allo stato ad alcuna misura restrittiva, in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza.

Secondo la Corte, la disciplina della pena sostitutiva della detenzione domiciliare risponde a questi obiettivi generali della legge delega, che prescriveva al Governo di mutuare la disciplina prevista, in fase esecutiva, per l’omonima misura alternativa della detenzione domiciliare, ma soltanto “in quanto compatibile” con tali obiettivi.

In particolare, la previsione, da parte del legislatore della riforma, di un più favorevole regime del limite minimo di permanenza nel domicilio (almeno dodici al giorno), così come di un’ampia possibilità di uscire dal domicilio stesso in relazione a “comprovate esigenze familiari, di studio, di formazione professionale di lavoro o di salute”, è coerente – ha osservato la Corte – con la spiccata funzionalità rieducativa di questa pena sostitutiva, che prevede uno specifico programma di trattamento elaborato dall’Ufficio di esecuzione penale esterna, che prende in carico il condannato. Ciò appare conforme all’idea – che è alla base della riforma – di una “pena-programma” caratterizzata da elasticità nei contenuti, perché funzionale alla individualizzazione del trattamento sanzionatorio, in modo da garantire la risocializzazione del condannato e, assieme, una più efficace tutela della collettività.

Roma, 10 maggio 2024».