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09 Gennaio 2023


La riforma della giustizia penale in Francia dopo gli États généraux: le linee tracciate dal Ministro Dupond-Moretti


*Contributo destinato alla pubblicazione sulò fascicolo 1/2023.

 

In un momento cruciale per l’avvenire della giustizia penale italiana, a cavallo tra le prime applicazioni della riforma Cartabia e l’alba delle proposte normative del nuovo esecutivo, può certamente risultare utile volgere lo sguardo verso altre esperienze europee.

Lo facciamo oggi segnalando l’importante discorso tenuto il 5 gennaio 2023 dal garde des sceaux francese, Éric Dupond-Moretti, volto a tratteggiare le linee di intervento governative a valle dell’inedita iniziativa denominata États généraux de la Justice.

Avviati dal Presidente Macron a Poitiers il 18 ottobre 2021, gli Stati generali hanno costituito un esperimento assai interessante, diretto a ricucire il rapporto di fiducia tra cittadini e amministrazione della macchina giudiziale. Attraverso un percorso di consultazione di esperti, di celebrazione di incontri pubblici tra operatori e popolazione, di elaborazione di dati statistici, di raccolta d’opinioni di imputati, vittime e detenuti, di confronti ad ampia copertura mediatica connotati da registri comunicativi privi di tecnicismi, si è giunti alla redazione di un rapporto finale che reca questo significativo incipit: “l’institution judiciaire se porte mal. Tous les professionnels qui concourent à son fonctionnement quotidien font part de leur profond malaise. De leur côté, les justiciables ne lui accordent qu’un crédit limité. L’institution paraît grippée. Pour beaucoup, elle serait en lambeaux”.

Facendo tesoro del documento di sintesi in merito alle conclusioni raggiunte dai vari gruppi di lavoro, redatto da Jean-Marc Sauvé e consegnata nel luglio 2022 al Presidente della Repubblica , il ministro della Giustizia francese ha dunque disegnato il proprio orizzonte di riforme che tento qui brevemente di riassumere, delimitando ovviamente il perimetro al solo settore penalistico.

Un primo obiettivo riveste carattere economico-organizzativo e mira a un aumento esponenziale delle risorse a disposizione del comparto Giustizia. È prevista l’assegnazione a budget di circa sette miliardi di euro nel corso del quinquennio (a fronte dei due miliardi attributi nel quadro delle presidenze Sarkozy e Hollande), da destinare prioritariamente al reclutamento massiccio di magistrati, cancellieri e addetti, all’ammodernamento degli uffici, alla informatizzazione del processo e all’ampliamento degli istituti penitenziari. Una rilevante parte del bilancio sarà impiegata per il miglioramento delle condizioni e dei carichi di lavoro di chi opera nel settore, un aspetto spesso trascurato nel nostro Paese (in Francia è invece vivo il ricordo della giovane magistrata, Charlotte G., suicidatasi nel 2021). In particolare, l’idea è quella di ridare « sens au métier de juge », consentendo al giudicante di concentrarsi sul nocciolo nobile della sua attività, grazie a un allargamento della équipe di supporto e un alleggerimento dei vari compiti burocratici e amministrativi. Anche la professione di avvocato potrà forse essere oggetto di riflessioni lungo tale linea di pensiero, non foss’altro per i trascorsi dell’attuale guardasigilli che per decenni ha esercitato il mestiere di penalista ai massimi livelli.

Una seconda prospettiva appare di natura più propriamente culturale: far comprendere ai più giovani il funzionamento e i principi del diritto penale sostanziale e processuale, illustrando fin dalla prima scolarizzazione i valori sottesi alle istituzioni e agli istituti giudiziari. Per gli studenti delle scuole medie e superiori verrà ad esempio pianificato un applicativo, denominato passeport Educdroit, che accompagnerà il ragazzo lungo i suoi studi e gli permetterà, ad esempio, di seguire moduli formativi ad hoc, di ascoltare dal vivo avvocati e magistrati, di effettuare visite guidate nei luoghi ove la giustizia viene resa ogni giorno.

Il terzo piano di azione, di caratura maggiormente tecnica, concerne direttamente la procedura penale, ritenuta eccessivamente complicata e farraginosa. Il codice di rito del 1959, secondo le parole del Ministro, sarebbe frutto di troppi rimaneggiamenti succedutisi nel corso degli anni che lo hanno reso incoerente e ricolmo di rinvii incrociati di non facile interpretazione, addirittura per gli stessi addetti ai lavori. Il proposito è allora quello di riscrivere il tessuto codicistico par voie d’ordonnance, vale a dire procedere ad una semplificazione del testo che non squaderni i pilastri fondamentali del modello transalpino, ma che consenta di ottenere un articolato più fruibile, un accorpamento delle norme, un allineamento dei termini processuali.

Certo, potrebbero non mancare cambiamenti più sostanziali, come sembra preconizzare Dupond-Moretti quando accenna: i) alla tendenziale unificazione delle tipologie d’enquête (si legge in filigrana la  trasformazione del ruolo del giudice istruttore); ii) alla rivisitazione dello statuto del témoin assisté;  iii) alla introduzione di forme di perquisizione notturna per reati comuni (su autorizzazione del juge des libertés et de la détention); iv) alla semplificazione della procédure de comparution immédiate. Un discorso a parte attiene alla protezione delle vittime, più volte richiamata nel discorso del Ministro: in un ordinamento, come quello francese, già all’avanguardia nella tutela della persona offesa, ci si prefigge di allargare il novero dei soggetti che possano essere indennizzati dai Fondi di garanzia, di migliorare le informative lungo gli snodi procedimentali, di creare nuovi sportelli unici che costituiscano un “portale” di accesso a tutti i servizi, ai centri di sostegno e alle informazioni sui diritti esercitabili fuori e dentro il giudizio. L’attenzione al soggetto passivo del reato emerge anche da alcune proposte in materia di vittime minori di età. Infine, una specifica attenzione verrà spesa – e non potrebbe essere altrimenti, trattandosi di uno dei temi chiave degli Stati generali – per la drastica riduzione dei tempi del rito criminale, giudicati irragionevoli anche alla luce della presunzione di innocenza.

Un quarto punto riguarda infine il diritto penitenziario. Si tratta in questo caso di un mosaico di possibili interventi che vanno dalla formazione continua del personale di surveillance pénitentiaire alla riduzione della popolazione carceraria, sino ad arrivare, grazie a un piano edilizio straordinario, alla creazione di nuovi istituti di pena che consentano di innalzare la capienza sistemica complessiva di 15.000 unità ma soprattutto di diversificare gli établissements per meglio adattarli ai vari regimi detentivi. Un cenno può essere riservato anche alle c.d. Strutture di accompagnamento verso l’uscita dal circuito carcerario, al lavoro penitenziario (si punta a innalzare l’attuale percentuale del 31% di popolazione intramuraria impegnata nel travail en détention) e, infine, all’irrobustimento della pena alternativa del travail d’intérêt général.

A breve queste linee programmatiche, già al centro di un aspro dibattito politico, si tramuteranno in atti normativi concreti e in proposte mirate da parte delle commissioni ministeriali nominate. La nostra Rivista seguirà il progredire del moto di riforma, nella consapevolezza che quello che accade nell’esperienza francese, così lontana ma al contempo così vicina a noi, può costituire linfa vitale per la nostra, non meno accesa, discussione sui futuri assetti della giustizia penale italiana.