Trib. Catania, Sez. II, ord. 26.11.2024, Pres. De Pasquale
Pubblichiamo in allegato – per l’interesse e per completezza di informazione rispetto a quanto già segnalato su questa Rivista – l’ordinanza con la quale il Tribunale di Catania, nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di oltre cinquanta persone tra rettori, professori e funzionari amministrativi, relativo alla gestione di concorsi universitari, accogliendo un’eccezione della Procura ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge abolitrice del reato di abuso d’ufficio (art. 1, co. 1, lett. b l. 9 agosto 2024, n. 114).
Sulla scia di precedenti ordinanze, il Tribunale di Catania ritiene non manifestamente infondata la questione, per il contrasto con gli artt. 11 e 117, co. 1 Cost., in relazione a diverse disposizioni della Convenzione ONU contro la corruzione (Merida).
In punto di rilevanza, il Tribunale sottolinea come, essendo per giurisprudenza di legittimità inapplicabile l'art. 353 bis c.p. nei concorsi per il reclutamento del personale, l'unica disposizione applicabile nel procedimento de quo sarebbe l'art. 323 c.p.
Sul piano dell’ammissibilità, poi, si ribadisce come il contrasto con obblighi internazionali di incriminazione rappresenta, per la giurisprudenza costituzionale, una eccezione al divieto di sindacare le norme penali con effetto in malam partem, determinandone la reviviscenza.
Sotto il profilo della non manifesta infondatezza della questione, infine, si prospetta anche in questa occasione l’esistenza di un vincolo per il legislatore italiano a conservare l’incriminazione dell’abuso d’ufficio, esistente nell’ordinamento italiano nel momento dell’assunzione dell’obbligo convenzionale di considerarne l’introduzione. Il Tribunale sottolinea, d’altra parte, come “l’abrogazione interviene in un contesto nazionale che lascia del tutto privi di tutela gli interessi perseguiti attraverso l’art. 323 c.p. e le finalità cogenti della convenzione di Merida, non apprestando l’ordinamento italiano alcuna sanzione alla lesione degli obblighi di trasparenza, imparzialità e buona fede nell’agire del pubblico amministratore”.
Si tratta, in ordine di tempo, dell’ottava ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, dopo le tre del Tribunale di Firenze (clicca qui, qui e qui), quella del Tribunale di Locri (clicca qui) e quelle dei Tribunali di Busto Arsizio (clicca qui), di Bolzano e di Teramo.