ISSN 2704-8098
logo università degli studi di Milano logo università Bocconi
Con la collaborazione scientifica di

  Scheda  
04 Febbraio 2025


Traffico di influenze illecite e riforma Nordio: il g.u.p. di Roma solleva questione di legittimità costituzionale nel processo per la fornitura delle mascherine cinesi (Covid)

G.u.p. Roma, ord. 31.1.2025, Giud. Tarantino



1. Con l’ordinanza che può leggersi in allegato, il g.u.p. del Tribunale di Roma ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della c.d. legge Nordio (l. n. 114/2024), nella parte in cui ha riformulato la fattispecie di traffico di influenze illecite, di cui all’art. 346 bis c.p. Il g.u.p. ha così fatto propria la tesi sostenuta dalla Procura di Roma con una memoria depositata nello scorso mese di dicembre e pubblicata sulla nostra Rivista.

La questione è stata sollevata per il ritenuto contrasto con gli artt. 11 e 117 Cost., in riferimento all’art. 12 della Convenzione del Consiglio d’Europa contro la corruzione (Convenzione di Strasburgo). In particolare, secondo il giudice a quo, la riformulazione in senso restrittivo del traffico di influenze illecite, che ha comportato una parziale abolitio criminis, contrasta con un obbligo espresso di incriminazione previsto dalla citata fonte sovranazionale.

In particolare, la questione è rilevante, nel giudizio a quo, in rapporto alla nuova definizione legale di “mediazione illecita”, che è stata limitata dalla l. n. 114/2024 a quella realizzata per indurre il pubblico agente “a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato dal quale possa derivare un vantaggio indebito”. Nel caso di specie, l’imputazione per traffico di influenze illecite si riferisce a una mediazione c.d. onerosa volta a indurre un pubblico ufficiale (l’allora Commissario del Governo per la pandemia) a commettere un abuso d’ufficio. L’abolizione di questo reato, da parte della stessa legge Nordio, in combinato disposto con la nuova definizione legale di mediazione illecita, ha comportato nel caso di specie una parziale abolitio criminis dell’art. 346 bis c.p. Di più: ha reso “di fatto inapplicabile” la norma incriminatrice del traffico di influenze illecite, un delitto che nella prassi è il più delle volte finalizzato a commettere abusi d’ufficio. Di qui la rilevanza della questione, relativa a una disposizione che, se applicata dal giudice a quo, porterebbe al proscioglimento perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato (non essendo riconducibile ad altra norma incriminatrice). Non solo, nota incidentalmente l’ordinanza: porterebbe al dissequestro di ingenti proventi del reato in una vicenda (caso Arcuri, compravendita di mascherine cinesi durante la pandemia) nella quale sono in gioco somme stratosferiche (affari di oltre un miliardo di euro e una mediazione onerosa, illecita al momento del fatto, realizzata al prezzo di quasi dodici milioni di euro).

In punto di ammissibilità, il g.u.p. ricorda infine come una eccezione al sindacato di legittimità costituzionale con effetti in malam partem (tali sarebbero quelli determinati dalla reviviscenza della fattispecie precedente alla legge Nordio) è individuata dalla giurisprudenza costituzionale proprio nel contrasto della disposizione impugnata con obblighi sovranazionali rilevanti ai sensi degli artt. 11 e 117 Cost. (cfr., tra le altre, Corte cost. n. 37/2019).

 

2. Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il g.u.p. sottolinea il carattere cogente di obbligo di incriminazione (“shall adopt”), e non già di mera raccomandazione (“shall consider adopting”), proprio dell’art. 12 della Convenzione di Strasburgo, che qui riportiamo: “Ciascuna Parte adotta le necessarie misure legislative e di altra natura affinché i seguenti fatti, quando sono commessi intenzionalmente, siano definiti reati secondo il proprio diritto interno: il fatto di promettere, offrire o procurare, direttamente o indirettamente, qualsiasi vantaggio indebito, per sé o per terzi, a titolo di rimunerazione a chiunque afferma o conferma di essere in grado di esercitare un’influenza sulla decisione di una persona di cui agli articoli 2, 4–6 e 9–11, così come il fatto di sollecitare, ricevere o accettarne l’offerta o la promessa a titolo di rimunerazione per siffatta influenza, indipendentemente dal fatto che l’influenza sia o meno effettivamente esercitata oppure che la supposta influenza sortisca l’esito ricercato”.  

Tale obbligo, osserva il giudice a quo, implica non solo di mantenere l’incriminazione ma anche di conferirle dei contorni applicativi che non siano ridotti rispetto alla definizione convenzionale; definizione che il giudice, replicando a una obiezione difensiva, non ritiene imprecisa sì da contrastare con l’art. 25, co. 2 Cost. e da non poter essere assunta quale parametro interposto nel giudizio di legittimità costituzionale. Né possono essere fatte valere le riserve del Governo italiano poste alla Convenzione di Strasburgo con riguardo al traffico di influenze illecite - osserva sempre l’ordinanza annotata - poiché sono state fatte cadere dopo la riforma del 2019, che, come abbiamo ricordato in altra sede, ricevette il plauso del GRECO per l’avvenuta integrale attuazione degli obblighi internazionali.  

***

3. Con una motivazione essenziale, che di fatto si richiama agli argomenti di un’articolata memoria della Procura, il g.u.p. di Roma solleva per la prima volta la questione di legittimità costituzionale della riformulata fattispecie di traffico di influenze illecite. Dopo una decina di ordinanze di rimessione relative all’abolizione dell’abuso d’ufficio, ecco una prima ordinanza sul riformulato traffico di influenze illecite. Le questioni sollevate in rapporto alle due fattispecie sulle quali ha inciso la legge Nordio sono ben diverse.

Nel caso dell’abuso d’ufficio manca nelle fonti sovranazionali un espresso obbligo di incriminazione: i giudici a quibus, percorrendo una strada stretta e in salita, sollevano il dubbio che un analogo obbligo possa essere individuato nella Convenzione di Merida sub specie di obbligo di stand still, cioè di mantenere l’incriminazione dell’abuso d’ufficio, presente nell’ordinamento italiano all’atto della sottoscrizione della Convenzione.

Come ha sottolineato a ragione la Procura di Roma, del tutto diverso rispetto all’abuso d’ufficio è il quadro che si presenta in rapporto al traffico di influenze illecite, rispetto al quale si è al cospetto di un espresso obbligo convenzionale di incriminazione di condotte dal perimetro più esteso di quelle descritte nel riformulato art. 346 bis c.p.

Questa duplicità e diversità dei quadri normativi di riferimento, verosimilmente, avrà notevole rilievo rispetto alle valutazioni della Consulta, che nel corso dell’anno sarà chiamata a esprimersi su entrambe le questioni. Strada stretta e in salita per l’abuso d’ufficio, si diceva: strada assai meno impervia per il traffico di influenze, almeno a nostro sommesso avviso. La Consulta avrà l’occasione di consolidare e sviluppare la propria giurisprudenza in tema di obblighi internazionali di incriminazione: una giurisprudenza oggi chiamata ad essere declinata rispetto al traffico di influenze illecite e che, in ipotesi, un domani potrebbe esserlo rispetto a disegni di riforma del delitto di tortura, in chiave di restrizione dell’ambito applicativo dell’incriminazione.

Ricordiamo che la Corte costituzionale ha in più occasioni e anche di recente dichiarato inammissibili referendum sulla disciplina penale degli stupefacenti proprio perché avrebbero comportato la violazione di obblighi internazionali di incriminazione (v., da ultimo, con richiami a precedenti pronunce, Corte cost. n. 51 del 2022). Non solo, quando nel 2014 con la sentenza n. 32 la Consulta dichiarò illegittima per violazione dell’art. 77 Cost. la legge Fini-Giovanardi del 2006, inserita nella legge di conversione di un decreto-legge sulle olimpiadi invernali a Torino, precisò in un obiter dictum quanto segue a proposito della reviviscenza della previgente disciplina penale in tema di stupefacenti: “è appena il caso di aggiungere che la materia del traffico illecito degli stupefacenti è oggetto di obblighi di penalizzazione, in virtù di normative dell’Unione europea. Più precisamente la decisione quadro n. 2004/757/GAI del 2004 fissa norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti, richiedendo che in tutti gli Stati membri siano punite alcune condotte intenzionali, allorché non autorizzate, fatto salvo il consumo personale, quale definito dalle rispettive legislazioni nazionali. Pertanto, se non si determinasse la ripresa dell’applicazione delle norme sanzionatorie contenute nel d.P.R. n. 309 del 1990, resterebbero non punite alcune tipologie di condotte per le quali sussiste un obbligo sovranazionale di penalizzazione. Il che determinerebbe una violazione del diritto dell’Unione europea, che l’Italia è tenuta a rispettare in virtù degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.” 

Una decisione di accoglimento della questione sollevata dal g.i.p. di Roma sarebbe nondimeno innovativa: si tratterebbe, forse, della prima pronuncia con la quale la Corte potrebbe essere chiamata a dichiarare costituzionalmente illegittima una legge che viene meno a un obbligo di incriminazione, dopo la sua attuazione ad opera di una precedente legge. Proprio quel che si potrebbe profilare in ipotesi di riformulazione in chiave restrittiva della fattispecie di tortura, a dimostrazione della portata generale della questione.