Trib. Locri, ord. 30 settembre 2024, g.u.p. Bonato
1. Con l’ordinanza che può leggersi in allegato, il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Locri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della l. n. 114/2024, nella parte in cui abrogando l’art. 323 c.p. ha abolito il delitto di abuso d’ufficio. Si tratta della terza ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale, dopo le due del Tribunale di Firenze (clicca qui - e qui), già pubblicate su questa Rivista (che ha pure pubblicato l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia che, invece, ha rigettato l’eccezione di illegittimità costituzionale proposta dalla locale Procura della Repubblica).
Questa volta la questione è stata sollevata solo in rapporto all’art. 117, co. 1 Cost., per contrasto con gli arttt. 7, co. 4 e 19 della Convenzione ONU contro la corruzione (Merida, 2003); non anche, pertanto, in rapporto agli artt. 3 e 97 Cost., come nelle due precedenti ordinanze fiorentine.
2. La tesi centrale è, anche in questa occasione, quella della violazione di un ritenuto obbligo convenzionale a mantenere la norma incriminatrice dell’abuso d’ufficio, in quanto vigente al tempo dell’assunzione degli impegni internazionali a contrastare la corruzione e al malaffare nella p.a. attraverso il diritto penale. E’ vero che, quanto all’abuso d’ufficio, l’obbligo convenzionale è solo di considerarne la configurazione come reato, e non di introdurre il reato, ma è anche vero che, secondo la tesi che si è fatta strada fino ad oggi nelle tre ordinanze di rimessione, l’interpretazione sistematica e teleologica della Convenzione di Merida impedirebbe l’abrogazione dell’incriminazione, cioè la rinuncia al presidio penale previsto dall’ordinamento al momento dell’assunzione degli impegni nell’ordinamento internazionale. Dalla fondatezza o meno di questa tesi, che sconta l’assenza di un obbligo espresso di incriminazione, dipendono le chances di fondatezza delle questioni sollevate.
3. Da segnalare infine, per l’interesse, il mancato accoglimento della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, formulata dal p.m. in alternativa alla questione di legittimità costituzionale. La richiesta muoveva dal lamentato contrasto dell’abrogazione dell’art. 323 c.p. con gli obblighi di incriminazione derivanti dalla Direttiva n. 2017/1371/UE relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale. Nel procedimento pendente davanti al g.u.p. di Locri l’imputazione per abuso d’ufficio riguarda la vendita illegittima di un immobile pubblico con ingiusto vantaggio per l’acquirente. A seguito dell’abrogazione dell’art. 323 c.p., che era richiamato dall’art. 322 bis c.p. in attuazione della predetta Direttiva, la condotta contestata ha perso di rilevanza penale, né è riconducibile al nuovo art. 314 bis c.p., richiamato dall’art. 322 bis c.p., che (come ha riconosciuto il Tribunale di Reggio Emilia nell’ordinanza di rigetto della questione di legittimità costituzionale) conserva la rilevanza penale delle condotte distrattive a danni degli interessi dell’Unione, solo se riferite a denaro o beni mobili (non anche a beni immobili, dunque). Senonché, la riscontrata insussistenza nel caso di specie di profili di lesione di interessi finanziari dell’Unione Europea ha determinato l’irrilevanza della domanda di rinvio pregiudiziale. Analoga sorte, nella prospettiva però della questione di legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117, co. 1 Cost., in rapporto alla citata Direttiva, aveva avuto la richiesta sollevata dalla Procura di Reggio Emilia nella vicenda di Bibbiano, dove tra le contestazioni veniva in rilievo la distrazione di un immobile pubblico priva di profili di lesione di interessi finanziari dell’Unione (v. l’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia pubblicata nella nostra Rivista).
(Gian Luigi Gatta)