Cass. Sez. I, 10.1.2025 (dep. 7.2.2025), n. 5041, Alemanno, Pres. De Marzo, Rel. Fiordalisi
1. Con la sentenza che può leggersi in allegato, la Prima Sezione della Corte di cassazione ha espressamente confermato la soluzione accolta dalla Sesta Sezione con una pronuncia (n. 4520/2025) depositata pochi giorni prima, da noi pubblicata e alla cui scheda di commento si rinvia: l’abolizione dell’abuso d’ufficio non si estende ai fatti di c.d. peculato per distrazione (o abuso d’ufficio distrattivo), che conservano rilevanza penale, senza soluzione di continuità, in quanto riconducibili alla nuova fattispecie di cui all’art. 314 bis c.p. (Indebita destinazione di denaro o beni mobili).
L’interesse particolare della pronuncia è dato dal fatto che ha fatto discendere dall’affermazione di detta continuità normativa un rilevante effetto indiretto, che si ripercuote sulla riformulata fattispecie di traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p., nella versione della l. n. 114/2024). La recente riforma del traffico di influenze, realizzata contestualmente all’abolizione dell’abuso d’ufficio, ha introdotto una nozione restrittiva di mediazione illecita, richiedendo che sia realizzata a indurre il pubblico agente a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio, costituente reato. Il più delle volte, il reato che ha di mira il trafficante di influenze è l’abuso d’ufficio. Qui casca l’asino: abolito l’abuso d’ufficio, il traffico di influenze è diventato difficilmente applicabile (in questo senso cfr., ad esempio, l’ordinanza del Tribunale di Roma che ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge di riforma). In altri termini, l’abolizione del traffico di influenze ha di riflesso comportato una estesa parziale abolizione del traffico di influenze illecite.
2. Senonché, l’esclusione dell’abolitio criminis in rapporto alle condotte di peculato (rectius, abuso) per distrazione determina la perdurante rilevanza penale del traffico di influenze illecite volto a fare commettere quelle condotte. Ciò ha portato la S.C. a rigettare il ricorso avverso l’ordinanza con la quale la Corte d’Appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, aveva negato la revoca per abolizione del reato, ex art. 673 c.p.p., della condanna inflitta all’ex Sindaco di Roma, Giovanni Alemanno, per traffico di influenze.
La difesa di Alemanno aveva presentato l’istanza, dopo la legge Nordio, sostenendo che, abolito l’abuso d’ufficio, fosse venuta meno anche la rilevanza penale del traffico di influenze commesso per far commettere un abuso d’ufficio ai funzionari del Comune di Roma. In particolare, l’ex Sindaco è stato condannato per avere sfruttato la sua influenza “per far ottenere alle cooperative di Buzzi”, nell’ambito dell’inchiesta Mafia capitale o Mondo di mezzo, “un trattamento di favore per i pagamenti dei crediti pregressi, in violazione della normativa che disciplina la materia del pagamento dei debiti della p.a.”. Tale condotta è stata qualificata con sentenza definita dalla Cassazione (Sez. VI, n. 40518/2021, in questa Rivista con nota di M.C. Ubiali) come traffico di influenze (mediazione onerosa), aggravato perché commesso da un pubblico ufficiale. La sentenza qui annotata ritiene che il reato-fine del traffico di influenze fosse un abuso distrattivo: un ‘peculato per distrazione’ inquadrabile nell’art. 323 c.p., prima della sua abolizione, perché accanto a un interesse privato è stato perseguito anche un interesse pubblico. Tale fatto, avuto di mira dal mediatore, è rimasto penalmente rilevante perché riconducibile alla nuova figura delittuosa dell’art. 314 bis c.p., sicché resta fermo, anche dopo la legge Nordio, che la condotta è diretta alla commissione di un reato. Nessuna abolitio criminis, dunque, con conseguente rigetto dell’istanza di revoca della condanna alla reclusione passata in giudicato e che l’ex Sindaco di Roma, dopo la violazione delle prescrizioni di una misura alternativa, sta attualmente scontando in carcere.
(Gian Luigi Gatta)