A proposito del nuovo art. 583-quater, co. 1 c.p., introdotto dall'art. 20 del d.l. n. 48/2025
*Il contributo pubblicato nel fascicolo n. 4/2025.
1. L’art. 20 del decreto-sicurezza (d.l. 11 aprile 2025, n. 48), attualmente all’esame della Camera per la conversione in legge (AC 2355), interviene sull’art. 583-quater c.p., che punisce più severamente le lesioni personali dolose commesse ai danni di due categorie di soggetti che svolgono funzioni di interesse pubblico: semplificando, si tratta di esponenti delle forze dell’ordine (c. 1) e di medici (c. 2).
Il decreto-sicurezza interviene in particolare solo sul primo comma dell’art. 583-quater c.p. (forze dell’ordine), estendendone la portata in due diverse direzioni.
a) Quanto ai soggetti passivi, la disposizione, prima riferibile ai soli pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, viene ora per la prima volta estesa alla ben più ampia categoria degli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza. Analogamente a quanto prevede l’aggravante comune di cui all’art. 61, n. 10 c.p. (applicabile in rapporto a pubblici ufficiali diversi, o a incaricati di un pubblico servizio), è richiesto che il soggetto pubblico passivo subisca le lesioni “nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni”.
b) Quanto alle lesioni personali, la disposizione di cui al primo comma dell’art. 583-quater c.p. (allineandosi così a quella di cui al secondo comma, relativa ai ‘medici’)) dà ora rilievo non più solo alle lesioni gravi o gravissime, ma anche alle lesioni semplici (lievi o lievissime). Le comminatorie di pena sono le stesse contemplate dal secondo comma della disposizione per le lesioni ai danni del personale sanitario o sociosanitario: da 2 a 5 anni di reclusione per le lesioni semplici; da 4 a 10 anni di reclusione per le lesioni gravi; da 8 a 16 anni di reclusione per le lesioni gravissime.
Per completezza di informazione, va poi segnalato che il d.l. n. 48/2025 (art. 13, co. 1, lett. c) interviene anche sull’art. 10, co. 6-quater del d.l. 20.2.2017, n. 14, prevedendo la possibilità dell’arresto in flagranza differita quando il fatto di cui all’art. 583-quater c.p. è commesso in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico. A proposito dell’arresto in flagranza, va peraltro precisato che esso è obbligatorio solo nell’ipotesi del co. 2 dell’art. 583-quater (medici). Così dispone, infatti, l’art. 380, lett a-ter c.p.p., introdotto dal d.l. 1.10.2024, n. 137, che ha pure previsto in relazione alle aggressioni ai ‘medici’, nell’art. 382-bis, co. 1 bis c.p.p., la possibilità dell’arresto in flagranza differita.
2. L’estensione dell’ambito di applicazione della disposizione di cui al primo comma dell’art. 583-quater c.p. – prima del decreto-sicurezza riferibile a una limitata cerchia di pubblici ufficiali (quelli in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive) – pone un problema di coordinamento con la circostanza aggravante prevista dall’art. 576, n. 5-bis) c.p., introdotto sedici anni fa da un precedente decreto-sicurezza. Un problema che, come vedremo, coinvolge anche, specie in relazione alle lesioni semplici, quelli del regime di procedibilità e della competenza del giudice di pace o del tribunale.
La circostanza di cui all'art. 576, n. 5-bis c.p. c.p. è elencata tra quelle che comportano la pena dell’ergastolo per l’omicidio ed è applicabile anche alle lesioni personali in virtù del richiamo operato dall’art. 585 c.p.; è in particolare applicabile, per espressa previsione normativa, sia alle lesioni semplici (lievi e lievissime) di cui all’art. 582, sia alle lesioni gravi e gravissime di cui all’art. 583 c.p.
La circostanza di cui all’art. 576, n. 5-bis) c.p. è relativa all’ipotesi in cui il fatto sia commesso “contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni o del servizio”. L’ipotesi considerata è pressoché sovrapponibile a quella ora disciplinata dal primo comma dell’art. 583-quater, come sostituito dal d.l. n. 48/2025, che si riferisce a “lesioni personali cagionate a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni”. Prima del d.l. n. 48/2025, l’ipotesi di cui all’art. 583-quater, co. 1 c.p. aveva un proprio ambito di applicazione in quanto speciale rispetto a quella dell’art. 576, n. 5-bis c.p.: riguardava infatti, come si è detto, i soli fatti commessi contro pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive. L’estensione del novero dei soggetti passivi a tutti gli ufficiali o agenti di p.g. o di p.s., ad opera del recente decreto-sicurezza, fa venire meno ora il rapporto di specialità e determina una sostanziale sovrapponibilità tra le due diverse ipotesi contemplate nel codice penale. L’unico elemento differenziale, del tutto marginale, è rappresentato dal riferimento non solo all’esercizio delle “funzioni”, ma anche, alternativamente, all’esercizio del servizio “servizio”, presente nel testo dell’art. 576, n. 5-bis c.p. Quest’ultima disposizione sarebbe pertanto l’unica applicabile nel caso, non facilmente individuabile, di lesioni commesse nell’atto o a causa dell’esercizio del servizio, ma non anche delle funzioni.
Si pone pertanto, sin d’ora, un problema interpretativo che è ragionevole ritenere possa presentarsi con una certa frequenza, in particolare in rapporto a non rari episodi di resistenza a pubblico ufficiale con annesse lesioni personali, ai danni di ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. La giurisprudenza, infatti, ritiene configurabile il concorso tra i delitti di resistenza a un pubblico ufficiale ex art. 337 c.p. e lesioni personali, aggravate ex art. 576, n. 5-bis c.p. (cfr., ad es., Cass. Sez. VI 20.4.2022, n. 19262, CED 283159; Cass. Sez. VI, 17.12.2021, n. 2608, CED 282423). Il che – notiamo incidentalmente – amplifica gli effetti sanzionatori prodotti dal decreto-sicurezza che, con l’art. 19, co. 1, lett. b), ha introdotto una nuova aggravante del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, configurabile «se la violenza o minaccia è posta in essere per opporsi a un ufficiale o agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza mentre compie un atto di ufficio». La pena (reclusione da sei mesi a cinque anni), in questo caso, è ora aumentata fino alla metà. Ed è un'aggravante che ricorrerà molto spesso, atteso che, normalmente, la resistenza viene opposta proprio ad agenti o ufficiali di p.g. o di p.s.
3. Forse per effetto di una svista, sembrano dunque oggi in vigore due diverse disposizioni che comminano pene diverse per le lesioni personali cagionate a ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni. E, ironia della sorte (anzi, della probabile svista, che sarebbe clamorosa), la disposizione già vigente, dal 2008, punisce (puniva?) più severamente le lesioni gravi e gravissime nei confronti di ufficiali o agenti di p.g. o di p.s.; il che – ad ulteriore complicazione del sudoku normativo nel quale si sta impegnando il paziente lettore di queste brevi note – preannuncia questioni di diritto intertemporale da risolvere al metro dell’art. 2 c.p., con applicazione della disciplina in concreto più favorevole. Vediamo, infatti, cosa emerge da un confronto tra le disposizioni:
a) le lesioni semplici sono punite più severamente dall’art. 583 quater, co. 1 c.p. con la reclusione da 2 a 5 anni, mentre sono/erano punite, dal combinato disposto degli artt. 582, 585 e 576, n. 5-bis c.p., con la reclusione da sei mesi a tre anni, aumentabile da un terzo alla metà: da 8 mesi a 4 anni e 6 mesi.
b) le lesioni gravi sono punite meno severamente dall’art. 583 quater, co. 1 c.p. con la reclusione da 4 a 10 anni, mentre sono/erano punite, dal combinato disposto degli artt. 583, 585 e 576, n. 5-bis c.p., con la reclusione da 3 a 7 anni, aumentabile da un terzo alla metà: da 4 anni a 10 anni e mezzo.
c) le lesioni gravissime sono infine punite meno severamente dall’art. 583 quater, co. 1 c.p. con la reclusione da 8 a 16 anni, mentre sono/erano dal combinato disposto degli artt. 583, 585 e 576, n. 5-bis c.p., con la reclusione da 6 a 12 anni, aumentabile da un terzo alla metà: da 8 a 18 anni.
4. Torniamo al busillis, originato dall’apparente compresenza, nel codice penale, di due strade diverse per aggravare, con pene diverse, le lesioni nei confronti di ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. E proviamo a ipotizzare qualche soluzione, anticipando sin d’ora che, come diremo, è a nostro parere opportuno che del problema si faccia carico il Parlamento, in sede di conversione del decreto-legge.
Si potrebbe sostenere che, dopo il d.l. n. 48/2025, l’art. 576 n. 5-bis c.p. non è più applicabile in caso di lesioni a ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. Ciò in quanto l’art. 585 c.p. (che richiama l’art. 576 n. 5-bis c.p.) non fa riferimento all’art. 583-quater c.p. ma solo agli artt. 582 e 583 c.p. In sostanza, la riformulazione dell’art. 583-quater c.p., esteso alle stesse categorie di soggetti pubblici considerati dall’art. 576 n. 5-bis c.p., avrebbe di fatto sterilizzato questa disposizione, che resterebbe applicabile solo all’omicidio e (per via dei rinvii contenuti nell’art. 585 c.p.) ai delitti di deformazione o sfregio permanente del viso (art. 583 quinquies c.p.) e di omicidio preterintenzionale. Con molta fatica, insomma, l’interprete può forse arrivare a una conclusione che non è peraltro coerente con la volontà del legislatore, perché si punirebbero meno severamente, rispetto al passato, le lesioni più gravi nei confronti di ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. Non solo: per quanto diremo, tagliare fuori gioco l'art. 585 c.p. - alla luce di quanto dispone l'art. 582, co. 2 c.p. - significa anche, per le lesioni semplici a danno di agenti o ufficiali di p.g. o di p.s., aprire le porte alla procedibilità a querela e, di conseguenza, alla competenza del giudice di pace.
Con un diverso percorso argomentativo, si potrebbe invece pensare di risolvere l’impasse qualificando l’ipotesi di cui all’art. 583-quater c.p. come figura autonoma di reato complesso, al quale non sarebbe applicabile la circostanza aggravante di cui all’art. 576, n. 5-bis c.p., perché rappresenta un elemento costitutivo di quel reato. Senonché contro questa tesi, che comporta notevoli effetti in malam partem (impedendo l’elisione degli aumenti di pena per le lesioni attraverso il giudizio di bilanciamento delle circostanze), parla un argomento testuale, che sembra assorbente. L’art. 582, co. 2 c.p., come modificato dal d.lgs. n. 31/2024 (c.d. correttivo Nordio alla riforma Cartabia), qualifica espressamente la speculare ipotesi di lesioni semplici di cui all’art. 583-quater, co. 2 c.p. (lesioni cagionate al personale sanitario) come circostanza aggravante. Lo fa per sottrarre tale ipotesi al generale regime di procedibilità a querela previsto per le lesioni personali, escludendo indirettamente l’ipotesi medesima dalla competenza del giudice di pace (cfr. art. 4 d.lgs. n. 274/2000). Nella Relazione governativa al d.lgs. n. 31/2024 si legge, a pagina 5, a proposito dell'art. 582, co. 2 c.p., che il “richiamo all’articolo 583-quater, secondo comma, primo periodo (concernente l’ipotesi di lesioni né gravi né gravissime)…vale…a chiarire definitivamente la natura di circostanza – e non, dunque, di autonomo reato – dell’ipotesi di cui all’articolo 583-quater c.p.”. A fortiori, allora, a noi pare che tale natura debba essere riconosciuta anche rispetto all’ipotesi di cui al primo comma, primo periodo, dello stesso articolo, che ora pure concerne l’ipotesi di lesioni, né gravi né gravissime, nei confronti di ufficiali e agenti di p.g. o di p.s.
Come in un giro dell’oca, torniamo allora al via: il decreto-sicurezza ha introdotto un’ipotesi circostanziale delle lesioni personali, nei confronti dei predetti soggetti pubblici, senza rendersi conto di creare un doppione rispetto all’art. 576 n. 5-bis c.p. E i problemi aumentano, se si allarga lo sguardo, perché il legislatore, nonostante il recente intervento sull’art. 582, co. 2 c.p., non si è posto il problema del regime di procedibilità, che si porta dietro quello della competenza.
Quid iuris quanto al regime di procedibilità e alla competenza del giudice di pace o del tribunale? Ricordiamo che il giudice di pace è competente a giudicare le lesioni personali procedibili a querela e che la procedibilità a querela è esclusa, dall’art. 582, co. 2 c.p. – non modificato dal d.l. n. 48/2025 – in presenza delle aggravanti di cui agli articoli 583, 585 e 584-quater, co. 2, primo periodo (lesioni semplici contro ‘medici’). A questo punto ci si incarta ancora: se, per escludere la sovrapposizione tra art. 583-quater, co. 1 c.p. e art. 576, n. 5-bis c.p., si sostiene che l’art. 585 non è applicabile nei casi dell’art. 583-quater, co. 1 c.p., non può invocarsi l’art. 585 c.p. per fondare la procedibilità d’ufficio e la competenza del tribunale. Ed essendo nell’art. 582, co. 2 c.p. il riferimento all’art. 583-quater c.p. espressamente limitato al co. 2, primo periodo, le lesioni semplici di cui al co. 1, primo periodo, sembrano procedibili a querela e quindi di competenza del giudice di pace (salva la competenza del tribunale in caso di concorso con delitti di sua competenza, come nel caso della resistenza a p.u.: cfr. art. 6 d.lgs. n. n. 274/2000). Quanto alle lesioni gravi e gravissime ex art. 583-quater, co. 1 c.p., la procedibilità d’ufficio potrebbe essere argomentata (come per le corrispondenti lesioni gravi e gravissime nei confronti dei ‘medici’) sulla base del carattere speciale della circostanza rispetto a quelle di cui all’art. 583. Una soluzione che può essere fondata, con argomento a fortiori, sulla base della previsione della procedibilità d’ufficio per le lesioni lievi nei confronti dei medici.
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5. Se quanto abbiamo rilevato è corretto, si prospetta in sede di conversione del d.l. n. 48/2025 l’opportunità di un emendamento, volto, quanto meno, a intervenire sull’art. 582, co. 2 c.p. ivi richiamando anche il primo periodo del primo comma dell’art. 583-quater c.p., per rendere procedibili d’ufficio e di competenza del tribunale le lesioni semplici ai danni di ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. Sarebbe altresì opportuno coordinare i rapporti tra l’art. 583-quater, co. 1 c.p. e gli artt. 585, 576, n. 5-bis c.p. per fugare possibili dubbi sulla sovrapposizione delle due aggravanti, diversamente disciplinate.
Formulo una proposta: inserire nell’art. 582, co. 2 c.p. il richiamo tout court all’art. 583-quater c.p. (a tutti i commi e a tutte le ipotesi ivi considerate). Si chiarirebbe così che si tratta di ipotesi circostanziale speciale rispetto (anche) a quella di cui agli artt. 585, 576, n. 5-bis c.p., che sarebbe messa in fuori gioco rispetto alle lesioni. Certo, resta, nella prospettiva securitaria del d.l. n. 48/2025, il paradosso di un intervento normativo che finisce per punire meno severamente le lesioni gravi e gravissime contro ufficiali o agenti di p.g. o di p.s. E non è facile trovare nel decreto-sicurezza una norma più favorevole, adottata per di più con decreto-legge, sulla base di presupposti di necessità e urgenza di introdurre misure in materia di tutela del personale addetto alla pubblica sicurezza.
Sviste a parte (possono capitare a tutti, per primo a chi scrive queste note), la morale che se ne può trarre (sia concesso un pizzico di sale polemico) è che il furore repressivo può fare i gattini ciechi, come la gatta frettolosa del famoso detto popolare.