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17 Febbraio 2025


La Cassazione sulla configurabilità del reato di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa quando è la vittima ad avvicinarsi volontariamente all’autore di fatti violenti

Cass., Sez. VI, sent. 15 gennaio 2025 (dep. 6 febbraio 2025 ), n. 4936, Pres. De Amicis, Rel. Ianniciello



Diamo notizia ai lettori di una rilevante sentenza della Sesta sezione penale della Corte di Cassazione in materia di violazione del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art. 387-bis c.p.), che si è pronunciata sulla configurabilità del reato in parola nell’ipotesi in cui l'indagato sottoposto a tale misura cautelare consenta che la persona offesa volontariamente gli si avvicini.

Più in particolare, la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla Pubblica accusa, ha annullato l’ordinanza con cui il Tribunale di  Firenze – adito in sede di riesame ex art. 309 c.p.p. – aveva revocato la misura degli arresti domiciliari disposta dal Gip in relazione al reato di cui all’art. 387bis c.p.,  a seguito di un episodio in cui era stata la stessa vittima spontaneamente a recarsi a casa dell’imputato; questi, accusato di diversi fatti violenti nei confronti della donna e sottoposto alla misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla predetta, con prescrizione di mantenere una distanza di almeno 500 metri dalla vittima e divieto di intrattenere qualsivoglia comunicazione con la stessa, le aveva permesso di accedere presso la sua abitazione e di intrattenersi ivi per alcuni giorni.

La Corte ha precisato che “l'obbligo di evitare ogni possibile contatto con la persona offesa e la prescrizione di mantenere una distanza minima trovano applicazione anche nel caso in cui non sia l’indagato a cercare volontariamente l’incontro con la vittima: ciò perché la misura cautelare in questione – per quanto incida sensibilmente sulla libertà di movimento dell’indagato – presenta pur sempre un indubbio profilo di favore per l’indagato, che vedrà una limitazione minore dei propri diritti e delle proprie libertà, essendo l’alternativa rappresentata dalle misure custodiali ex artt. 284 e ss cod. pen.”

A detta della Suprema Corte, la posizione del Tribunale di Firenze, che aveva tracciato la linea di confine del penalmente rilevante nella decisione spontanea della vittima di ritornare dal suo aggressore, non essendo esigibili comportamenti onerosi per l’indagato, si pone in contrasto con il criterio di priorità alla sicurezza delle vittime e delle persone in pericolo, contenuto nell’art. 52 della Convenzione di Istanbul e con i criteri enunciati nella direttiva (UE)2024/1385, che sollecita una particolare attenzione alle ipotesi in cui il legame di dipendenza vittima/autore del reato comporti il rischio di un ritorno di quest’ultima dall’aggressore.

Secondo la Cassazione, in un contesto caratterizzato da una relazione squilibrata, “la volontà della vittima non può, dunque, avere efficacia “scriminante” e/o “esimente” né portata “liberatoria” dagli obblighi”, poiché il divieto di avvicinamento alla vittima implica la necessità che il soggetto sottoposto a misura cautelare eserciti lo ius excludendi o altre misure che impediscano in concreto l'incontro con la stessa (per esempio la richiesta di intervento delle Forze dell’Ordine), pur in presenza di una volontà contraria di quest’ultima.

In allegato può leggersi il testo della sentenza.

 

(Patrizia Brambilla)